quotidianosanità.it
stampa | chiudi
Martedì 24 MAGGIO 2016
Angiodema ereditario. Terminata la campagna dell'Omar sulla patologia rara
Tramite l'iniziativa sono state diffuse informazioni utili a una diagnosi tempestiva e una corretta terapia, soprattutto tramite un video. Oggi con l’angioedema si può vivere quindi una vita normale soprattutto grazie alle nuove terapie oggi disponibili, che possono essere somministrate a domicilio.
Si chiude la Campagna ‘Angioedema ereditario: conoscerlo per comprenderlo’ realizzata dall’Osservatorio Malattie Rare, iniziata con la giornata mondiale dedicata proprio alla rara malattia genetica, ricorsa lunedì 16 maggio. Il video che racconta le difficoltà e le battaglie quotidiane dei pazienti che soffrono di questa rara patologia genetica ha fatto il giro del web, ottenendo migliaia di condivisioni sui principali social network. Grazie alla campagna, realizzata con il contributo incondizionato di Shire, sono state diffuse informazioni utili a una diagnosi tempestiva e una corretta terapia, indispensabile in questi casi. Ancora troppo spesso, infatti, la patologia viene scambiata per una banale allergia e la diagnosi corretta viene ritardata, con pesanti ripercussioni nella qualità della vita di questi pazienti.
“In Italia l’associazione dei pazienti con angioedema ereditario è stata costituita nel 1980 – spiega Pietro Mantovano, presidente di AAEE Onlus – con l’obiettivo di portare la patologia a conoscenza di tutti, anche dei medici. Essendo una malattia rara è conosciuta pochissimo anche nell’ambiente medico, con grandi disagi dei pazienti. Viene confusa normalmente con delle patologie di carattere allergico, invece non lo è, perché è una carenza di una proteina del sangue che si chiama C1 inibitore. Siamo riusciti ad ottenere dalle autorità nazionali la possibilità di ottenere i farmaci presso il nostro domicilio, per poterli usare nel momento di necessità.”
“I nostri genitori hanno sofferto tantissimo, perché la malattia era poco conosciuta e non c'erano i farmaci adeguati. Oggi però - conclude Mantovano -si può vivere una vita abbastanza tranquilla e serena, usando degli accorgimenti adeguati. Come associazione abbiamo supportato la ricerca, abbiamo collaborato con i clinici e con le case farmaceutiche. Vogliamo arrivare ad avere farmaci sempre più sicuri, efficaci e di facile somministrazione.”
L’associazione AAEE Onlus, Associazione volontaria per l'angioedema ereditario ed altre forme rare di angioedema, ha contributo attivamente alla creazione dei network dei centri di riferimento per la patologia, che in Italia coprono praticamente tutte le regioni. Oggi con l’angioedema si può vivere quindi una vita normale soprattutto grazie alle nuove terapie oggi disponibili, che possono essere somministrate a domicilio. Per i pazienti affetti da questa patologia, la società Caregiving Italia, in collaborazione con Shire, offre alcuni servizi per migliorare la loro qualità della vita, come ad esempio il servizio di training al centro clinico, dove un infermiere si occupa di ‘addestrare’ e informare il paziente sulla gestione corretta dei farmaci, sulla loro preparazione e sulle tecniche di autosomministrazione.
Offre, inoltre, un servizio di addestramento a domicilio personalizzato, per i pazienti aventi esigenze particolari o per i famigliari che si prendono cura di esso, sempre nell’ambito dell’autosomministrazione dei farmaci, fino alla completa autonomia. Molto importante è anche il servizio di supporto telefonico e di follow up alla malattia: in questo caso un infermiere contatta periodicamente il paziente e si fa riferire quanti attacchi ci sono stati in quel determinato periodo, come sono stati trattati e queste informazioni vengono trasferite prontamente agli specialisti che seguono il paziente. Recentemente, è stato attivato il nuovo servizio di trattamento domiciliare, in cui un infermiere si reca a domicilio dal paziente e per tutto il periodo in cui quest’ultimo è sottoposto ad una profilassi terapeutica, si occupa di preparare e somministrare il farmaco direttamente, senza quindi il coinvolgimento del paziente stesso o di un suo familiare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA