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Venerdì 20 MAGGIO 2016
Welfare e sanità. Per Confcooperative “non è un problema solo di risorse ma di frammentazione del sistema”

Mettere in rete medici di medicina generale, farmacie e cooperative. Questa la soluzione proposta in occasione di un incontro organizzato da FederazioneSanità e Federsolidarietà Puglia. “E’ una rivoluzione a costo zero: occorre soltanto uno sforzo organizzativo e culturale”. Gorgoni: “Valuteremo con estrema attenzione”.

Puntare sui poliambulatori e sull'assistenza domiciliare, per creare una rete che parta dal basso e attraverso la collaborazione di medici di medicina generale, farmacisti e cooperative sociosanitarie possa dare risposte efficaci ai bisogni dei cittadini pugliesi. È questa la proposta di Confcooperative presentata nel corso di un incontro organizzato nella Camera di Commercio di Bari da FederazioneSanità e Federsolidarietà Puglia.

Al dibattito hanno partecipato Giuseppe Milanese, presidente nazionale di Federazione Sanità Confcooperative, la vicepresidente di Federsolidarietà Valeria Negrini, e Daniele Ferrocino, presidente di Federsolidarietà Confcooperative Puglia. Per la Regione erano presenti il direttore del Dipartimento promozione della Salute, Giovanni Gorgoni e la dirigente programmazione sociale e integrazione sociosanitaria, Anna Maria Candela.

“Quella di FederazioneSanità – ha detto il presidente Giuseppe Milanese - è una rivoluzione a costo zero: occorre soltanto uno sforzo organizzativo e culturale. La riorganizzazione della sanità e del welfare - ha aggiunto – non è un problema solo di risorse ma di frammentazione del sistema: il 38 per cento dei pazienti ha una patologia cronica e per l'assistenza residenziale abbiamo 224mila posti letto a fronte dei 496mila necessari, per stare nella media europea. In Italia, inoltre, una legione di 830mila badanti va a compensare un'assistenza domiciliare che si attesta su una media annua di sole 22 ore a persona. In Puglia – continua - l'assistenza domiciliare è ferma al 2 per cento e nell'assistenza intermedia rispetto all'Emilia Romagna c'è un quinto dei posti letto. Questo è un gap che deve essere colmato. Un altro aspetto – ha proseguito Milanese – riguarda la libertà di scelta dei cittadini in ambito sanitario: tutto viene affidato alle decisioni dell'apparato burocratico, invece una sentenza del Tar di Lecce ha individuato nella libera scelta la stella polare del sistema”.

“Il nostro modello di welfare – ha proseguito Milanese - propone, tra l'altro, l'idea del Consorzio di assistenza primaria (Cap), per mettere in rete e coordinare le cooperative di medici e quelle di farmacisti, di operatori sociosanitari e operatori della salute mentale. Il servizio Cap è già operante nel Lazio, come capofila, con 72 farmacie che offrono servizi di assistenza primaria. Il modello è stato successivamente replicato con successo in Abruzzo, Calabria, Campania, Piemonte e Sicilia e sta per nascere in Lombardia. A Bari – ha concluso Milanese - il servizio Cap partirà a breve: un progetto pilota da estendere in seguito in tutta la regione”.

“È certo che i 7 miliardi euro destinati alla Regione Puglia – ha detto il presidente regionale di FederazioneSanità, Mauro Abate - non sono sufficienti a soddisfare tutte le esigenze sanitarie, si stima che livelli soddisfacenti si raggiungerebbero con 1,5 miliardi di euro in più. Il Servizio sanitario nazionale non ha più la forza della copertura universalistica: nel 2015 e nel 2016, le leggi di stabilità hanno ridotto di 2,35 miliardi e di 4 miliardi, il finanziamento che era stato previsto nel patto della salute stipulato tra Stato e Regioni nel 2014. Oggi più che mai, una sanità virtuosa passa attraverso la stretta collaborazione tra pubblico e privato: solo in questo modo si possono dare risposte immediate ai bisogni dei cittadini, con un incremento delle potenzialità sanitarie territoriali. Per fare questo è fondamentale conoscere i meccanismi che regolano l’utilizzo del servizio sanitario e socioassistenziale, la trasformazione della geografia dei servizi, saper utilizzare le innovazioni tecnologiche. Non solo:bisogna predisporre, in maniera equa, l’assistenza domiciliare, razionalizzare la domanda di salute e capirne la complessità e la diversificazione, migliorare le procedure di accesso e le logiche di erogazione per cluster di pazienti”.

“Dobbiamo garantire il diritto alla salute alle fasce più deboli della popolazione – ha aggiunto Abate - attraverso il sistema di assistenza primaria realizzato in maniera capillare su tutto il territorio. L'obiettivo è quello di evitare il rischio oggi e nel prossimo futuro di garantire tutto a pochi e sempre meno a molti. Una divaricazione che si basa sulle disponibilità economiche, perché sempre più spesso le famiglie pagano i servizi di tasca propria, con una spesa 'out of pocket'. Un aspetto importante, infine, è e quello della gestione delle Asl con budget superiore al miliardo di euro. Studi nazionali ed esperienze internazionali dicono che un perfetto meccanismo organizzativo è possibile soltanto attraverso sottosistemi aziendali con livelli certi di autonomia e trasparenza”.

“In una fase in cui la sanità e il welfare stanno subendo profonde trasformazioni e innovazioni – ha aggiunto il presidente di Federsolidarietà Puglia, Daniele Ferrocino - la cooperazione può rappresentare un modello vincente per affrontare il cambiamento. Ha infatti nel proprio dna la creazione di legami fiduciari e lo sviluppo di processi di coesione sociale che sono essenziali per contrastare sia le degenerazioni burocratiche che attanagliano i servizi pubblici, sia le speculazioni e gli affarismi alimentati dal mercato privato. Con la proposta 'Welfare in progress' intendiamo portare all'attenzione dei decisori politici e dell'opinione pubblica il valore aggiunto che il sistema cooperativo può apportare ai processi di riforma del sistema socioassistenziale territoriale”.

Secondo quanto riferito da una nota di fine incontro delle federazione promotrici, il direttore del Dipartimento promozione della Salute, Giovanni Gorgoni ha dichiarato che “la posizione della Regione verso la proposta di Confcooperative è di estrema attenzione e curiosità: siamo in una fase in cui è necessaria una politica regionale che vada a integrare e in alcuni casi sostituire il tradizionale sistema delle garanzie sanitarie e sociali con altre modalità di partnership con la cooperazione e il volontariato. Sappiamo bene che bisogna coinvolgere queste realtà in maniera sistemica, organica e non occasionale. Soprattutto sul lato del welfare territoriale, che sia sanità o benessere sociale in genere, questa diventa la strada obbligata. Dobbiamo – ha concluso Gorgoni - avere il coraggio di dismettere i vecchi modelli organizzativi che si sono dimostrati inefficaci. A parità di risorse si deve cambiare il mix dei servizi garantiti. Mi spiego con un esempio: la Puglia ha un tasso vicino ai 160 ricoveri l'anno per mille abitanti, in Toscana, in Veneto e in Emilia Romagna la cifra si attesta intorno ai 120-130 ricoveri. Se andiamo a vedere, invece, in queste regioni, la situazione relativa ai posti letto nelle strutture residenziali e semiresidenziali, la situazione è diametralmente opposta. Questo perché da un lato hanno utilizzato più servizi integrati tra loro e dall'altro perché, a mio parere, siamo ancora legati, in maniera ostinata al concetto dell'ospedale come ultima ed esclusiva soluzione alle problematiche di salute”.

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