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Giovedì 13 MAGGIO 2010
Lotta al dolore: 8 medici su 10 usano male gli oppioidi
È il quadro che emerge da una ricerca promossa dalla Fimmg in collaborazione con il Centro Studi Mundipharma.
Dichiarano di seguire le Linee Guida ma, di fatto, è scarso e inappropriato l’uso che i camici bianchi fanno dei farmaci oppiodi per la terapia del dolore. Un medico su 2 non misura l’intensità della sintomatologia dolorosa nei propri pazienti e 3 su 4 relegano l’uso dei farmaci oppioidi al solo dolore da cancro.
Nonostante le recenti semplificazioni nella prescrizione degli oppioidi per il trattamento del dolore, dall’indagine effettuata su 752 iscritti alla Federazione dei medici di medicina generale emerge che circa l’80% utilizza nella pratica clinica ancora in misura ridotta questi farmaci - che rappresentano meno del 25% di tutte le prescrizioni a scopo antalgico - riservandone l’impiego prevalentemente nella terapia del dolore di natura neoplastica (75% dei casi).
Questo sebbene il 52,76% dei medici affermi di impostare la terapia antalgica con oppioidi più frequentemente, a seguito delle recenti semplificazioni nella prescrizione di questi farmaci, e che quasi il 49% dichiari di seguire le Linee Guida internazionali, in realtà il 52,74% degli intervistati non effettua di prassi nei pazienti una misurazione dell’intensità del dolore, né per impostare la terapia, né per verificarne l’efficacia, determinando così una mancata appropriatezza terapeutica. Per quanto riguarda, ad esempio, il trattamento del dolore cronico moderato, in circa il 64% dei casi vengono impiegati oppioidi deboli - da soli (22,7%) o in associazione (41,26%) - FANS (27,10%) e paracetamolo (7,6%), contro solo l’1,34% del campione, che ricorre agli oppioidi forti.
La situazione non migliora di molto per quanto concerne il trattamento del dolore severo: se, da un lato, il 64% dei medici afferma di impiegare oppioidi forti,- da soli (46,6%) o in associazione (17,4%) - analizzando il tipo di terapia che viene adottata per curare il dolore cronico non oncologico, si scopre che nell’80% dei casi questi farmaci sono impiegati in maniera non corretta. Il 28% dei medici, infatti, utilizza oppioidi transdermici - contravvenendo alle Linee Guida, che indicano le formulazioni orali come via di somministrazione di prima scelta - mentre più del 50% usa oppioidi forti, come l’ossicodone coniugato a paracetamolo, che ha un’indicazione per il trattamento di dolore acuto e non cronico. Questa tipologia di farmaco in associazione diminuisce significativamente la compliance del paziente, a causa delle sue molteplici somministrazioni giornaliere, e limita il dosaggio del farmaco stesso, per via del paracetamolo presente a dosi fisse.
“Dalla ricerca emergono ancora diverse resistenze all’impiego di oppioidi – spiega Fiorenzo Corti, segretariodella Fimmg Lombardia - dovute in parte a retaggi culturali, in parte a una scarsa formazione della classe medica, che ancora circoscrive l’uso di questi farmaci quasi esclusivamente al trattamento del dolore cronico di natura oncologica. Ci auguriamo che la recente approvazione di una legge in materia possa definitivamente abbattere timori ingiustificati e vecchi pregiudizi, anche attraverso opportuni percorsi formativi rivolti ai medici di famiglia, che di fatto rappresentano sul territorio il primo interlocutore del paziente con dolore”.
“I dati raccolti dimostrano come ancora oggi tanto ci sia da fare in termini di formazione”, aggiunge Marco Filippini, del Centro Studi Mundipharma. “L’eccessivo uso delle formulazioni transdermiche a scapito di quelle orali, difatti, è il più chiaro indicatore. Guardando al futuro, auspichiamo una collaborazione con Fimmg per divulgare un corretto approccio alla terapia del dolore”.
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