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Sabato 02 APRILE 2016
C’era una volta il National Health Service. La sanità britannica nell’occhio del ciclone. Parliamone, prima che accada anche da noi

Anni di tagli hanno messo in ginocchio la sanità del Regno Unito. Ora arriveranno 10 miliardi sterline per ammodernare il sistema e il parco tecnologico. Ma i conti della spesa corrente non tornano e il rischio è quello di ticket per tutti i servizi: dal medico di famiglia all’ospedale. E in Italia? Vorrei una discussione limpida scevra da pregiudizi perché il tema non è vogliamo o no un SSN, ma come lo vogliamo e se le risorse sono scarse

Il Chartered Institute of Public Finance, (CIPFA) l’istituto di finanza pubblica britannico, mette in guardia i ministri del Governo britannico sulla valutazione del NHS: le risorse sanitarie devono aumentare, bisogna colmare le lacune di alcuni servizi in sofferenza, e questo anche per evitare che la compartecipazione dei pazienti alla spesa aumenti ulteriormente fino al punto di far pagare il cittadino per l’accesso agli ambulatori dei medici di medicina generale e per lo stesso pronto soccorso o addirittura per i pasti e il consumi di elettricità relativo al loro ricovero in ospedale.
 
Tutto questo potrebbe infatti accadere a meno che si trovino soluzioni migliori a medio e lungo termine per il finanziamento del NHS. Contributi per il costo dei trattamenti  da parte dei pazienti, stipulazione di un'assicurazione sanitaria integrativa, sono tra le opzioni che devono essere valutate, se la spending review completata nel mese di novembre 2015 non è riuscita ad affrontare il problema.
 
Il documento dice che la speranza del NHS di risparmiare 22 miliardi di sterline in cinque anni per 2020-21 è ottimista e non tiene conto dell’impegno contestuale di David Cameron di attivare l’H24 per sette giorni a settimana per i servizi di base e dell'introduzione del nuovo salario di sussistenza nazionale.
 
Senza contare poi le aspirazioni strategiche del Governo di rendere il Regno Unito un "leader mondiale" nella lotta contro il cancro e la demenza e di aumentare la spesa per la salute mentale, i cui costi, dice il CIPFA non sono stati esplicitamente calcolati. 
 
Il capo dell’esecutivo del CIPFA, Rob Whiteman, ha chiesto un "pensiero coraggioso e veritiero" su come i servizi sanitari sono forniti e pagati. Dato il contesto finanziario attuale, che comprende il  6,2% di tagli alle sovvenzioni degli enti locali per la salute pubblica di quest'anno, il CIPFA dice, che ci deve essere un incremento di fondi per evitare effetti a catena sul NHS, per evitare fallimenti anche sul versante dell’assistenza sociale. "Sarà necessario, per sostenere la domanda di salute, aggiungere ulteriori risorse al bilancio NHS, far pagare agli utenti più ticket, o ridurre i servizi.  Non  scegliere alcuna di queste opzioni non è  realistico. E’ come attraversare una tempesta restando nell’occhio del ciclone”.
 
L'ultima di una serie di valutazioni desolanti sulle finanze  del NHS arriva anche dal regolatore Monitor deputato dal ministero della Salute britannico al monitoraggio della spesa sanitaria, che ha sottolienato che nei NHS trust  per riempire solo i posti vacanti essenziali del personale, i piani finanziari erano assolutamente deficitari.
 
A questi rilievi tuttavia Cameron ha ribadito che il NHS rimarrà "gratuito presso il punto di utilizzo", ricordando che in ogni caso i cittadini già pagano comunque le prescrizioni oculistiche, i trattamenti odontoiatrici e i ticket sui farmaci. Qualsiasi prospettiva di ricarico ulteriore della compartecipazione al costo dei ricoveri, viene anch’essa escluda dal premier che ha ricordato che come i recenti interventi per far pagare Tv e parcheggio abbiamo suscitato da soli forti lamentele nella popolazione.
 
Il documento CIPFA sottolinea inoltre che il governo non può però non considerare l’impatto dell’invecchiamento, dei costi legati a condizioni come il diabete e altre malattie croniche, il costo delle nuove terapie, e anche quelli derivanti dall’inflazione e dall’ammodernamento informatico e telematico del sistema sanitario pubblico.
 
Il ministero della Salute ha previsto per quest’anno una spesa di 116,6 miliardi di sterline e sta cercando comunque di innovare le modalità di fornitura dei servizi, ad esempio valorizzando il ruolo dei farmacisti e di altri operatori sanitari negli ambulatori di medicina generale e lo sviluppo della rete di emergenza territoriale.
Ma Whiteman sottolinea che: "Senza trasformazioni radicali, non potremo più offrire un servizio sanitario pubblico di alta qualità per le generazioni future. Forse sarebbe stato meglio fare meno promesse a breve termine e porre più attenzione alla pianificazione finanziaria di lungo periodo. Illudere i cittadini sul fatto che la sanità potrà contare su ulteriori finanziamenti dello Stato a tempo indeterminato è semplicemente insostenibile. Abbiamo urgente bisogno di farla finita con questo approccio, perché  un piano a lungo termine che garantisca una maggiore integrazione dei servizi sanitari e sociali, per ridurre le pressioni di spesa a lungo termine e gestire meglio la domanda futura, ha bisogno di maggiore sussidiarietà e coinvolgimento dei cittadini nelle scelte per il loro futuro in salute".
Ma non solo, Whiteman ha detto anche che il paese ha bisogno "di un dibattito aperto e onesto tra i politici e l'opinione pubblica su che tipo di servizio sanitario nazionale vogliamo nei prossimi 10 o 20 anni". Gli ospedali hanno enormi deficit e la loro situazione finanziaria si sta deteriorando rapidamente. La  carenza di medici ha costretto più di un centinaio di ambulatori a non accettare più i pazienti. Il morale tra i medici è così basso che non solo sono scesi in sciopero, ma molti ora sentono di dover emigrare.  Inoltre il NHS avrà bisogno di una grande iniezione di nuova liquidità per compensare l'abbandono dei servizi di salute mentale.
 
Insomma la mancanza di risorse è al centro della crisi del NHS e la ragione fondamentale è che i suoi costi aumentano molto più velocemente rispetto alla crescita del PIL. Viviamo più a lungo e la vecchiaia reca con se più cure mediche di cui abbiamo bisogno. Nuovi farmaci più costosi e le procedure chirurgiche per curare malattie fino a poco tempo fa incurabili chiedono più risorse. Nessuno può sfuggire a questa realtà. Il deficit del NHS sale quest’anno a  2,3 miliardi di sterline. E le cifre dei primi tre mesi dell'esercizio, confermano il trend, nonostante gli sforzi per controllare l'aumento dei costi.
 
Il ministero della Salute ha fatto buon viso a cattivo gioco sulle cifre. Ha  riconosciuto che le finanze sono state "impegnative", ma ha insistito che il governo sta cercando di investire 10 miliardi di sterline per finanziare il proprio piano per rimodellare i servizi in futuro.
 
Ma Heidi Alexander, segretario salute ombra del Labour party, ha detto che il NHS è "ormai in caduta libera finanziaria". E ha aggiunto che i ministri devono essere onesti sulle cifre, sui  tagli del personale, sulle attese sempre più lunghe per il trattamento e sui servizi a rischio di chiusura.
 
Secondo l’esponente del Labour i dati ufficiali evidenziano che:
• il deficit complessivo per i fornitori di servizi è ormai di 622 milioni di sterline, peggio del previsto.
• tre quarti dei fornitori  lavorano in deficit.
• i 2,72 miliardi di sterline spesi per contratti di fornitura, sono ben più del miliardo previsto.
• i risparmi ottenuti sul piano dell’efficienza pari  a 1,94 miliardi sono inferiori di 257 milioni a quanto previsto.
• gli stessi fornitori sperano addirittura di fatturare di meno per non far lievitare il loro credito verso il NHS
• più di tre milioni di persone sono in lista d'attesa per le operazioni di routine.
 
"Se il deficit di fine anno si avvicina a 2,3 miliardi – ha detto ancora Alexander - è difficile ipotizzare come il Dipartimento di Salute possa evitare aumenti di spesa nel suo bilancio per l'anno in corso, cosa che non è mai successa prima".
 
Il NHS è quindi nel bel mezzo di un uragano finanziario. I costi sono in aumento più velocemente del suo finanziamento. La previsione del bilancio non mostra alcun let-up nel tempo e infatti le previsioni volgono al nero per almeno tre ragioni.
La prima è che l'economia non sta crescendo velocemente come si pensava, in gran parte a causa di una diminuzione del tasso atteso di crescita della produttività e della crisi dell’export sui mercati internazionali.
Questo significa minori entrate fiscali per il governo e un fabbisogno per il 2018-19 che è quattro volte più grande di quello previsto nella Comprehensive Spending Review di novembre 2015.
 
Il cancelliere ha puntato la sua reputazione sul raggiungimento di un avanzo di bilancio nazionale dal 2019-20. Per raggiungere questo obiettivo, la spesa pubblica dovrà però calare di almeno di 3,5 miliardi di sterline nel 2019-20 e di altri 10 miliardi nel 2020-21.
 
Tutto ciò comporterà ovvie implicazioni per i servizi pubblici e il chiaro nesso tra povertà e servizi pubblici con la relativa domanda di assistenza sanitaria continua ad essere ignorato come in una lucida follia. Una caduta nella qualità dell’assistenza e nell'edilizia sociali, i maggiori costi dell’istruzione non sono certo in grado di ridurre la domanda di salute della popolazione, anzi l’aumentano.
 
E mentre si tenta di proteggere il  bilancio del NHS, lo stesso ministero della Salute è costretto a ridurre le risorse centrali per tutte le attività di salute pubblica e formazione del personale.
 
In aggiunta a questa pressione le risorse in più, annunciate nella revisione della spesa, sono solo quel tanto che basta per tenere il passo con la crescita della popolazione. Così, i finanziamenti per i costi aggiuntivi che vengono dall’ invecchiamento e dalla non autosufficienza, per i nuovi farmaci e le tecnologie devono essere trovate ancora attraverso l'efficientamento del sistema o il suo razionamento.
I più ottimisti avevano invece sperato che un'economia in crescita avrebbe potuto significare fondi supplementari per il NHS negli anni successivi, ma ormai questa previsione sembra svanita.
 
La seconda ragione è che anche le previsioni sugli attuali costi generali della sanità sembrano anch’esse destinate ad essere smentite. Ad esempio potrebbero essere stati sovrastimati anche gli effetti della riforma pensionistica per i lavoratori pubblici che prevede una riduzione complessiva di spesa nel biennio 2019/2020 di ben 2 miliardi. Per la sanità si è stimato un risparmio pari a un terzo di questa cifra. Ma in realtà non si è tenuto contro del fatto che negli ultimi anni il personale dipendente del NHS è molto calato ed è stato spesso rimpiazzato da personale esterno in out sourcing con un conseguente minor onere previdenziale per la sanità pubblica.
 
Quindi non ci saranno soldi in più per fronteggiare la crescita della spesa corrente anche se gli aumenti annunciati di 10 miliardi di sterline per gli investimenti in conto capitale potrebbero consentire di stabilizzare il NHS almeno sulle carenze strutturali. Ma la dura realtà della crescita esponenziale della spesa corrente per gli anni successivi non trova ancora una volta le necessarie coperture.
 
Il terzo motivo è che non c'è nessuna previsione di fondi supplementari per consentire al NHS di raggiungere la stabilità finanziaria nel 2016. Tre quarti dei fornitori sono in credito verso il Ssn con uno scoperto che si prevede raggiunga un totale di 2,8 miliardi di sterline entro la fine dell'anno.
 
Senza fondi supplementari quest'anno c'è il rischio che il ministero della Sanità superi il budget assegnato e una delle conseguenze principali sarà quella di gravare ulteriormente di debiti l’esercizio dei prossimi due anni.
 
Accanto a questo il prossimo anno diviene un anno determinante per il NHS che dovrà affrontare le carenze di organico che stanno portando al morale più basso il personale e che manca a tutt’oggi di obiettivi chiari e realistici.
 
Ma anche gli ospedali si trovano ad affrontare costi crescenti per l’ammodernamento e la manutenzione delle attrezzature di vecchia data ancora in dotazione perché gli attuali fondi vengono utilizzati in massima parte per far fronte alle carenze dei servizi di emergenza urgenza.
 
In proposito basti pensare che la stima dei costi per l’ammodernamento tecnologico e la manutenzione degli ospedali britannici  è di 4,3 miliardi di sterline, di cui 458 milioni per interventi urgenti di riparazione non più rinviabili che, se non affrontate potrebbe minacciare la sicurezza del paziente. E stiamo parlando di crepe nei tetti delle strutture che ospitano tecnologie sanitarie molto sensibili fino agli scanner ormai obsoleti.
 
Tutto ciò rispetto a un budget dedicato che è già stato ridotto di più di un miliardi di sterline, solo quest’anno.Problemi simili anche per le assunzioni di nuovo personale che vedono sempre più ostacoli sia finanziari che burocratici.
 
A dimostrazione di ciò l’Imperial College Healthcare NHS Trust che rappresenta tutti gli ospedali britannici e gestisce direttamente cinque grandi ospedali di Londra, ha ammesso che stava avendo problemi a soddisfare la domanda dei pazienti per  test diagnostici vitali per sospetto di cancro, a causa della “riparazione delle vecchie apparecchiature diagnostiche e della necessità di attrezzature supplementari necessarie per aumentare la capacità di risposta rispetto alla domanda".
 
Gli Ispettori della Commissione di qualità delle cure in autunno, hanno scoperto che la struttura per la salute mentale per gli adolescenti a sud di Oxford, gestita da Oxford Salute NHS Foundation trust, aveva un tetto che perdeva acqua e che aveva causato notevoli danni e disagi ai piccoli pazienti costretti a sostare in aree inquinate da odore di fogna. Un problema che ha dovuto attendere 18 mesi per essere risolto.
 
Chris Hopson, amministratore delegato del trust dei fornitori NHS, che rappresenta gli ospedali, è il primo ad aver denunciato i danni provocati dai tagli alle spese per investimenti in sanità: "E’ molto preoccupante che gli investimenti in conto capitale del NHS vengano spremuti, secondo la logica  a breve termine per eliminare i deficit NHS. Risolvere i problemi finanziari di oggi non deve essere a scapito di investimenti vitali per il futuro".
 
Quei 10 miliardi di sterline in arrivo, di cui abbiamo già parlato, sono la risposta del Governo a questa situazione che infatti ha chiarito che almeno 4 miliardi saranno destinati proprio alla manutenzione e all’ammodernamento ospedaliero.
 
Insomma in sanità i conti non tornano neanche nella patria di Lord Beveridge, di quel NHS da cui tutti, tra cui noi, abbiamo copiato il SSN a base universalistica. In un paese dove il debito pubblico è molto più basso del nostro, l’evasione fiscale non è ai nostri livelli, la crescita è superiore alla nostra, la disoccupazione più bassa che da noi e con buona pace del governatore della Toscana, Enrico Rossi la libera professione intramuraria non esiste, tantomeno quella allargata.
 
Il problema è strutturale: tutti i sistemi sanitari devono fare i conti con processi di trasformazione profondi delle  società in cui oggi viviamo e con la rapidità dei tempi di evoluzione delle tecniche mediche diagnostiche, tecnologiche e biomedicali che si incrociano con la longevità più alta che l’umanità conosce e conoscerà in questo difficile 21° secolo.
 
Ciò richiede una capacità di resettare il sistema in rapporto al quadro generale di crescita e di finanza pubblica che ogni paese ha di fronte, accogliendo le sfide per quello che sono, non per le ideologie che le hanno sottese e ancora le sottengono, perché tutto ciò finisce in un riduzionismo senza qualità o peggio in un compiacimento indulgente del tipo “ spendiamo poco e siamo i migliori”.
 
Le cose non stanno così. Abbiamo razionalizzato, efficientato al limite del razionamento, abbiamo bisogno di investire certo anche dal risparmio di efficienza ancora possibile, dalla lotta alla corruzione, reimmettendo il risparmio nel sistema, ma non basta e non basterà perché da sole le risorse pubbliche non ce la faranno di fronte alla cronicità, al costo delle nuove terapie, al bisogno di risorse umane da immettere nel sistema, sempre più formate e qualificate sulle nuove frontiere della medicina e sulle risposte da dare con la domiciliarità alle cure di territorio.
 
Ho la sensazione che la politica non voglia vedere la realtà e che di volta in volta si inventi un nemico gli sprechi, che pur esistono. La medicina difensiva, che pur esiste, l’inappropriatezza prescrittiva, che pur esiste, ora la libera professione intramuraria, che pur esiste con l’anomalia tutta italiana di quella allargata.
 
E ancora, la privatizzazione del sistema, perdendo di vista che siamo di fronte a cambiamenti epocali del nostro stato di salute, ad interazioni con l’ambiente che ci circonda, sofisticate ed in parte ancora molto sconosciute nel comportamento delle nostre cellule e del nostro sistema di difesa immunitario,  e che l’arma più potente che abbiamo nelle mani sono i nostri stili di vita ed il sistema la prevenzione alla quale non riusciamo ad attribuire neanche un misero 5% delle risorse, la cura di qualità e la riabilitazione funzionale per una migliore qualità di vita.
 
Che non si possa discutere fino in fondo in questo nostro paese che cosa si può di più e di meglio fare con il concorso di tutti: cittadini, operatori del SSN, responsabili istituzionali, pragmaticamente, con tempi, metodi, obiettivi condivisi da raggiungere, con ragionevolezza, per il bene comune, mi pare assurdo ed in un momento così delicato del rapporto di fiducia tra cittadini e politica, incrinare anche il rapporto di fiducia con la classe medica non può che far precipitare i cittadini in uno scoramento collettivo che è assai deleterio per la salute.
 
L’equità del sistema è obiettivo irrinunciabile ma si raggiunge rimuovendo le cause strutturali che sono l’elevata fiscalità, l’elevata evasione, la crescita economica l’occupazione, pensioni decenti, lotta alla povertà e nel sistema salute non basta la garanzia dell’accesso per tutti, ma occorre garantire prestazioni e servizi di qualità per tutti, non liste d’attesa interminabili o pronto soccorso al limite dell’umana sopportazione e dello stress per cittadini, medici e operatori sanitari.
 
E, se nella complessità di sistema, si hanno problemi anche dove la sanità è più efficiente e di qualità, ma con le risorse non cela si fa dopo tutto l’efficientamento possibile, non è forse il caso di ripensare il modo del finanziamento e di chiamare più forme di finanziamento a concorrere alla finalità di sistema che tutti condividiamo?
 
Vorrei una discussione limpida scevra da pregiudizi perché il tema non è vogliamo o no un SSN, ma come lo vogliamo e se le risorse sono scarse, come reperiamo più risorse per oggi e per il futuro, chiamando tutti gli attori del sistema ad una responsabilità individuale e collettiva per il bene comune la nostra salute.
 
Grazia Labate
Ricercatore in economia sanitaria

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