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Richiamo anche l’articolo 18 del Codice Deontologico dell'infermiere “in situazioni di emergenza-urgenza, presta soccorso e si attiva per garantire l'assistenza necessaria. In caso di calamità si mette a disposizione dell'autorità competente”.
Sulla legalità di eventuali registrazioni delle conversazioni telefoniche tra azienda e dipendente al proprio domicilio o al cellulare, la tesi prevalente è che quando a registrare sia uno dei colloquianti non vi sia il reato penale di indebita intercettazione ma, casomai e in astratto, la sola indebita violazione della privacy.
In ogni caso, tale registrazione costituisce un elemento assai debole sul piano probatorio in quanto non dà certezza delle condizioni di tempo e di luogo in cui è avvenuto il colloquio.
E’ sempre possibile dimostrare, sulla base di testimonianze e di prove documentali (timbrature, sottoscrizioni, modificazioni dei turni di lavoro, consegne,ecc.) un eventuale abuso. E’da dire che un dipendente che riceve ordini e disposizioni di servizio mentre pari funzioni restano esenti da tale procedimento, può richiamare il rispetto delle pari opportunità di cui al già citato art. 7 comma 1 lettera c) ccnl comparto sanità 1999. Rilevante è anche il Codice di Comportamento dei Dipendenti Pubblici, insieme di regole che disciplinano il comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni per quanto concerne agli obblighi di diligenza, lealtà e imparzialità che qualificano il corretto adempimento della loro prestazione lavorativa. Un superiore gerarchico deve essere, per sua natura, imparziale e corretto.
Graziano Lebiu
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Lunedì 28 MARZO 2016
Demansionamento/dequalificazione. Il diritto-dovere dei professionisti (parte seconda)
Come deve essere impartito un ordine di servizio? E in ogni caso si può dissattendere? Come è possibile dimostrare, in caso di contenzioso, di aver agito in seguito ad un ordine di servizio non dotato in forma scritta? Quale è il limite massimo dell’allungamento dell’orario di servizio? Ecco le risposte a questi ed altri quesiti, sapendo che a migliore tutela-autotutela dell'infermiere sta nelle sue esperienze, conoscenze e competenze
Su QS Lavoro e Professioni del 16 Marzo us, ho accennato ai limiti al corretto esercizio professionale infermieristico, soprattutto in relazione alle evidenze che prendere atto, considerare e valutare le conseguenze di una organizzazione del lavoro “patologica” quando e se sconfina nel demansionamento e nella dequalificazione, sono in prima istanza un diritto-dovere del professionista, che deve dimostrare di essere capace del governo delle proprie funzioni, prima ancora di doverlo pretendere.
Come si evince anche dall'articolo su QS del 24 Marzo 2016 del giurista Luca Benci commentando la sentenza n. 6614/2015 del Tribunale di Palermo V sezione penale che condanna, tra gli altri, due infermiere anche per le nefaste conseguenze di “prescrizioni telefoniche”, non si può considerare esaustiva ed esaurita la trattazione dell’argomento solo in attenta valutazione di come, quando e a chi segnalare contesti lesivi dell’immagine e/o del decoro dell’infermieristica e/o che limitano la qualità delle cure e dell’assistenza.
Per completezza pare quindi coerente integrare in via generale altre fattispecie attinenti ad ordini e disposizioni di servizio che discendono dall’intero istituto contrattuale comparto Sanità Obblighi del Dipendente, senza pretesa di condividere verità incontrovertibili, stante le diverse letture che si possono dare, a seconda del punto di osservazione, su una medesima fattispecie.
Premessa
La tematica, mi è ben chiaro, è un terreno scivoloso dove spesso alle pratiche non corrispondono deduzioni giuridiche, ma ritenendo di non dovermi comunque sottrarre al dibattito è da anticipare che occorra “responsabilmente” sempre tenere presente, prima o contestualmente ad ogni altra valutazione, che:
· la disposizione di servizio, a cui il combinato disposto dall’istituto contrattuale di protezione e altri precetti normativi si ricollegano per determinare effetti giuridici, si sostanzia in un documento materiale capace di rappresentare in maniera duratura un fatto o un atto legittimo o illegittimo;
· per il suo recepimento e la sua esecuzione non deve essere necessariamente protocollata in quanto non assoggettata a registrazione obbligatoria (art. 53 DPR 445/2000).
· in materia di autotutela, le esperienze processuali ed extraprocessuali possono essere sostanzialmente differenti dallo sviluppo ipotizzabile dai ricorrenti come granitico e che al vaglio di un giudice potrebbe non superare la prova e sfaldarsi;
· nella pratica dei procedimenti disciplinari e nell'ipotesi in cui si debba impugnare, ad esempio, una sanzione disciplinare per non aver eseguito una disposizione di servizio, chi impartisce l'ordine verbale è anche da considerarsi un testimone in quanto la parte in causa non è l’estensore della disposizione ma l'azienda;
· l’estensore-testimonepotrà sempre essere chiamato dall’aziendaa motivare in sede disciplinare, ma non solo, la richiesta all'infermiere di allontanarsi dal repartoe/o effettuare una mansione;
· bisogna essere consapevoli del poter essere chiamati a dimostrare di non aver potuto dar corso ad una disposizione verbale perché impegnati in altreattività da cui era impossibile essere distolti;
· l'infermiere potrebbe riuscire a dimostrare che quanto asserito in fase testimoniale è falso o confutabile, ma è da tener sempre ben presente che la rete di solidarietà è “direttamente proporzionale” al potere funzionale, e spesso le testimonianze si arenano nel “non ricordo”;
· a fronte di ordini verbali non reiterati per iscritto si rischiano contestazioni-procedimenti-sanzionidisciplinari che non vengono impugnateo se impugnate corrono il rischiodi soccombere perchè non si riesce a dimostrare il motivodel non averli eseguiti;
· ci potrà sempre essere “qualcuno”che dirà che era urgente eseguire alcune disposizioni in quel dato contesto;
· se questo “qualcuno” è un dirigente o ilsuperiore gerarchico che poteva impartire una disposizione, l’indirizzo del Giudice può esseredi credergliin quanto testimone, mentre l'infermiere di parte.
· la Cassazione Penale - Sezione VI, Sent. n. 35925/2009 ritiene che reiterate pretese di ricevere dal dirigente specificazione scritta dei suoi obblighi costituisce espressione di un intenzionale e deliberato comportamento ostruzionistico, tale da integrare un rifiuto penalmente rilevante.
Razionale
Per quanto attiene alla casistica degli ordini di servizio la forma della loro stesura, spesso, anticipa la sostanza e/o addirittura assurge ad elemento cardine sul quale far ruotare il procedimenti e le interazioni che inevitabilmente si innescano se è ritenuto che debbano essere condivisi impedimenti per l’esecuzione di disposizioni impartite per via gerarchica.
Il lavoratore, e l’infermiere in particolare, è il centro gravitazionale per il raggiungimento di qualsivoglia obiettivo aziendale: è allocato, utilizza i mezzi e le risorserese disponibili dai livelli logistici dell’azienda stessa. Soprattutto, ha un mandato professionale dallo sviluppo del quale si attende un ritorno di risultati.
Per i CPSI, il mandato professionale discende dai contenuti stessi della professione (principi e valori, metodologia, modelli di riferimento, livelli di competenza, deontologia) storicamente definiti nella comunità di riferimento nelle sue diverse espressioni (scientifica, associativa, professionale ed istituzionale). Inoltre, il mandato professionale è sostanzialmente interagente con il mandato istituzionale e con il mandato sociale: ambiti differenti devono infatti essere sovrapponibili e integrabili, se non integrati, con gli altri.
Con tutte le considerazioni di carattere cautelativo da tenere in evidenza E richiamate in premessa, per ogni ordine di servizio che si riterrà di non eseguire possono essere espressi per iscritto in modo chiaro ed inequivocabile il motivo del rifiuto, le fonti a suo supporto, le circostanze annesse, le fonti testimoniali e documentali.
Un accenno è da dedicarsi alla verifica della legittimità della copertura assicurativa e della posizione INAIL: quando gli infermieri sono esposti a rischi non attinenti alle competenze specifiche corrispondenti alla Categoria D e alla relativa declaratoria contrattuale, eventuali danni subiti anche in via permanente “p o t r e b b e r o” essere considerati irrisarcibili. Vero è che quando sia stato il lavoro a determinare il rischio di cui l’infortunio e’ conseguenza, il lavoratore è garantito e scatta il meccanismo assicurativo in base al principio dell’automaticità delle prestazioni. Dobbiamo però tenere ben presente che anche il lavoratore ha stringenti obblighi in materia di sicurezza e salute sul lavoro (art. 20 d.lgs 81/98 comma 1 e smi) “Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.””
Il lavoratore diventa compartecipe nell'applicazione del dovere di fare sicurezza diventandone garante, anche di quella dei propri compagni di lavoro o di altre persone presenti, quando si trovi nella condizione, in ragione di una posizione di maggiore esperienza lavorativa, di intervenire onde rimuovere le possibili cause di infortuni sul lavoro” (Cass. Penale n. 36452/2014). Dal rispetto del comportamento da seguire, quali rischi e pericoli si debbano tenere in considerazione per rimuoverli anche quando “comandati” ad attività improprie, non è da sottovalutare l’origine di possibili contenziosi.
Rilevante anche il disposto dell’ art. 590 c.p. che prevede e punisce il reato di Lesioni personali colpose. Sono da considerarsi “”gravissime se producono una malattia certamente o probabilmente insanabile; la perdita di un senso; la perdita di un arto, una mutilazione con arto inservibile, la perdita di un organo, della capacità di procreare, una permanente e grave difficoltà della favella, la deformazione, lo sfregio permanente del viso. In tali caso di lesioni la pena è aumentata se i fatti sono commessi con violazione delle norme … per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, e si procede d’ufficio. Evidente la correlazione tra la verifica e il dare corso ad una disposizione impartita esponendo chi dovrebbe eseguirla al delitto sopra richiamato.
In ultimo, sul tema, condivido e valuterei anche richiamo di cui art. 13 - codice disciplinare ccnl comparto sanità 2004 comma 4 lettera d) “la sanzione disciplinare dal minimo del rimprovero verbale o scritto al massimo della multa di importo pari a quattro ore della retribuzione ….. si applica …. per … l’inosservanza degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni e di sicurezza sul lavoro ove non ne sia derivato danno o disservizio. (vedasi allegato segnalazione Inail)
Cerco di dare sintetiche risposte ad alcune ipotesi di quesiti parziali, pratici e diretti:
a) Come deve essere impartita una disposizione di servizio?
Può essere impartita verbalmente e tanto più l’oggetto della disposizione è urgente, tanto più è ammessa per le vie brevi. Per esempio: la disposizione verbale di trasferirsi dal proprio reparto/servizio ad un altro per uno stato di emergenza ivi registrato è più che giustificata.
Successivamente sarà possibile chiedere che l’ordine verbale venga confermato per scritto a tutela del dipendente il quale, in caso di un eventuale futuro contenzioso avrà documentazione comprovante di aver agito su disposizioni superiori. Non può, però, essere preteso il reitero dell’ordine verbale. In tal caso non è nemmeno configurabile che rifiutarsi di redigerlo possa intendersi come irregolarità amministrativa o un illecito disciplinare.
Il reitero per iscritto di una disposizione verbale impartita da un superiore gerarchico, rafforzerebbe il concetto che su di esso ricade (e/o si deve far ricadere se non se l’assume, ndr) la responsabilita’ dei fatti ad essa conseguenti. Essere “responsabili” determina infatti un rapporto causa-effetto: chiunque con le proprie azioni cagioni un danno ad altri e’ tenuto a ripararlo.
L’ordine solo verbale di cambiare il turno di servizio il giorno successivo non si giustifica invece in alcun modo, sia perchè vi è tutto il tempo per impartirlo per iscritto, sia in quanto non garantisce il dipendente di fronte ad un eventuale errore che, per esempio, lo facesse apparire come assente ingiustificato durante il turno originario.
b) Come è possibile dimostrare, in caso di contenzioso, di aver agito in seguito ad un ordine di servizio non dotato in forma scritta?
Se con un semplice ordine di servizio verbale si viene spostati, anche solo per qualche ora, dal proprio reparto ad un altro o ad altra attività, in una eventuale indagine penale e/o civile e/o disciplinare che nei mesi successivi coinvolga coloro che erano in servizio in uno dei due luoghi di lavoro, non risulterebbe da nessun documento il temporaneo trasferimento da un posto di lavoro all’altro, da una funzione ad altra mansione: dimostrare la propria estraneità o meno ai fatti indagati diventa dunque un problema di memoria o testimonianze incerte.
In tutti i casi nei quali si ricevaun ordine di servizio verbale a cui non segue la conferma scritta, auspicabile inviare al responsabile che ha emanato la disposizione una comunicazione così concepita: “Come da sua disposizione impartita verbalmente, il giorno dalle… alle… ho svolto la mia attività professionale presso…”
La comunicazione sarà trasmessa con modalità tali da essere tracciata.
c) Si può disattendere un ordine di servizio?
È sempre possibile disattendere ad un ordine di servizio che comporti, per chi lo riceve, anche solo il rischio di commettere un reato penalmente perseguibileo un illecito amministrativo.
La norma di protezione è sempre l’art. 11/2004Obblighi del Dipendente ex art. 28/1995 lettera h) Comparto Sanità.
“…Eseguire le disposizioni inerenti all’espletamento delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartiti dai superiori. Se ritiene che la disposizione sia palesemente illegittima, il dipendente è tenuto a farne immediata e motivata contestazione a chi l’ha impartita, dichiarandone le ragioni. Se la disposizione è rinnovata per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione, salvo che la disposizione stessa sia vietata dalla legge penale o costituisca illecito amministrativo…”
Qui è da ragionare, riflettere e ponderare per bene sulla sequenza di comportamenti, anche deduttivi, che devono realizzarsi prima di commettere o ritenere di commettere un reato penale, un illecito amministrativo, una violazione disciplinare.
Per i CPSI, i cd. superiori gerarchici sono il coordinatore infermieristico, il medico responsabile della complessiva UO in un turno di lavoro, il direttore della struttura o del dipartimento, il direttore sanitario, il dirigente infermieristico: costoro possono impartire una disposizione inerente all’espletamento delle connesse funzioni.
Individuato che chi impartisce la disposizione sia l’autorità deputata, è da valutare che la stessa sia palesemente illegittima.
Con quali strumenti un infermiere riterrà di individuarla come tale?
Se ritenga che una disposizione sia illegittima e ne richieda il reitero per iscritto, quando ciò non avvenga e quindi non la esegua convinto di evitare responsabilità conseguenti, cosa si prospetterebbe se risultasse invece legittima?
Per le risposte ai dubbi appena espressi, rimando alle riflessioni proposte nella parte prima del 16 Marzo us.
Condivido con i lettori, inoltre, l’art. 51 (ordine del superiore gerarchico) del Codice Penale che stabilisce: “”L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità.Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'Autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.Risponde del reato altresì chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo.Non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell'ordine””.
E’ da escludersi che l’esercente la professione intellettuale di infermiere, in regime di rapporto di lavoro subordinato, venga meno al diritto e il dovere di sindacare la legittimità della disposizione impartita quanto a forma, attinenza, competenza dell'autorità ordinante.
Nell'ipotesi, (il già citato Luca Benci su QS), di manifesta criminosità dell'ordine (il caso del medico che ordina 90 milligrammi di Vinblastina anziché 9 mg., con certezza matematica che la somministrazione comporti in pochi giorni la tragica morte del pzt per le proprietà altamente vescicanti del farmaco), chi lo riceve avrà il diritto-dovere di opporre un rifiuto, per evitare di ritrovarsi condannato per la doppia colpa di fare “affidamento sulla errata disposizione orale di un medico che non era il prescrittore!”.
L’ombrello protettivo dell’agire per compiti e non per funzioni ed obiettivi, appartiene al passato e non può più tutelare alcuno.
Nell’ipotesi in cui chi riceve l’ordine si accorga che trattasi dell’ordine di commettere un reato, anche costui è responsabile penalmente unitamente a chi ha dato l’ordine.
Sarebbe da entrare nel merito dei mezzi di cui disponga un infermiere per accorgersi, o meno, dell’eventualità di rendersi complice di un reato, imponendosi una importante assunzione di responsabilità: individuare con subitaneità quale sia il ventaglio di ipotesi in cui ad una azione, pur impartita, corrisponda la commissione di un illecito.
Abbandono di Incapace, Sequestro di Persona, Falso ideologico, Falso materiale, Omissione di Soccorso, Truffa, Peculato, Interruzione di Pubblico Servizio: di questi e altri delitti contro la persona e la pubblica amministrazione e di illeciti amministrativi tratteremo nei prossimi giorni con la terza ed ultima parte del presente contributo
In alcuni casi si potrebbe disattendere un ordine di servizio se vi siano motivazioni di ordine personale, che impediscono al dipendente di ottemperarvi e sempre che sia possibile dare puntuale dimostrazione dell’impedimento: esistono nel nostro ordinamento giuridico le così dette “scriminanti”, quali sono lo stato di necessità (art. 54 c.p.) e la forza maggiore (art. 45 c.p.) che, se provate, consentono financo di venir meno ai propri doveri.
d) È legittimo l’ordine di rientrare in servizio impartito telefonicamente ?
E’ da distinguere il richiamo “oggi per oggi” e “oggi per domani”. E’ possibile richiedere ai dipendenti non ricompresi nei turni di pronta disponibilità di rientrare in servizio. Ma anche in tal caso, sussistendo i presupposti di cui agli artt. 54 e 45 del CP, vi è possibilità di non ottemperarvi.
Particolari situazioni, infatti, possono impedire di accedere alla richiesta dell’azienda. Ad esempio l’impossibilità di trovare a chi affidare un figlio minore o una persona bisognosa di assistenza. In questi casi il rifiuto dell’ordine potrebbe avere il supporto della dimostrazione del motivo che ha impedito di ottemperarvi.
Sfumature: l’ordine impartito telefonicamente non garantisce chi lo riceve che ad impartirlo sia effettivamente l’autorità che può farlo e neppure può essere dimostrato che a riceverlo sia il dipendente stesso.
Non esiste alcun obbligo di possedere un apparecchio telefonico, ma dai previgenti precetti di cui alla reperibilità generica contenuti nel DPR 130/1969art. 19 “Il dipendente deve risiedere nel comune dove ha la sede di servizio. Il personale di assistenza sanitaria ereligiosa deve rendersi reperibile per i casi diparticolari esigenze di servizio” e nel DPR 761/79 art. 27 ultimo comma “Il personale addetto ai servizi di diagnosi e cura e quello dei servizi essenziali nonché il personale di assistenza religiosa devono rendersi reperibili per i casi di particolari esigenze di servizio”, si intuisce, e non si può che concordare, che sia non solo implicito ma doveroso che un recapito diretto debba essere condiviso con l’amministrazione.
E’ inoltre da prevedere, art. 19 CCNL 1995 comma 10, l’ipotesi ddel richiamo del dipendente dalle ferie, che possono quindi essere interrotte con obbligo di rientro in servizio nel tempo utile a darvi corso a seconda del luogo in cui si trova. Ne consegue che deve essere comunicato all’azienda il recapito temporaneo.
e) È legittimo l’ordine di rientrare in servizio impartito con lettera?
E’ da distinguere il richiamo “oggi per oggi” e “oggi per domani”. L’ordine che va recapitato direttamente deve certamente essere consegnato nelle mani del dipendente, che ne deve rilasciare ricevuta o quanto meno deve esservi testimonianza del rifiuto del dipendente a ricevere l’ordine o a tracciarne la consegna. Che valenza possa averel’ordine consegnato in reparto o acolleghi non potendosi dimostrare che il dipendente ne sia entrato in possesso in tempo utile a darvi corso, è presto detto: nulla.
Il cambio turno dall’oggi per domani, invece, dovrebbe sempre essere impartito per iscritto a garanzia del lavoratore per 2 motivi: copertura in caso di infortunio in itinere, e scusanti in caso di contestazione di assenza ingiustificata.
f) Quanti ordini di servizio possono essere impartiti?
Non si possono ipotizzareun numero minimo di ordini di servizio ma, per analogia,se ne potrebbe contestare l’eventuale abuso attraverso l’art. 7 CCNL 1999 che prevede misure per favorire effettive parità nelle condizioni di lavoro e di sviluppo professionale.
g) Quando si può contestare un uso abnorme degli ordini di servizio?
Per ilfine di fare fronte a situazioni particolari che però non richiedono l’istituzione di un servizio attivo, le aziende hanno lo strumento della pronta disponibilità ancora oggi regolato dall’art. 18 D.P.R. 270/87 e dall’art. 7 punto 10 CCNL INTEGRATIVO 2001. Sempre per la gestione di situazioni contingenti, l’art. 34 del CCNL 7.4.1999 prevede che ad ogni dipendente possa essere richiesto di svolgere al massimo 180 ore di straordinario all’anno (preventivamente autorizzate dal dirigente responsabile), che possono arrivare a 250 solo per il 5% dei dipendenti, con un ulteriore limite di 80 ore in un trimestre come prescrive la legge 409 del 1998.
h) Qual è il limite massimo dell’allungamento dell’orario di servizio
L’orario massimo giornaliero è fissato in 12 ore, Art. 26 comma 3 lettera e). esempio: Se si turna su 8 ore, massimo ulteriori4 ore in servizio, fatti salvi i periodi di riposo di cui alla direttiva europea e/o comprovanti impedimenti.
Conclusioni
La migliore tutela-autotutela dell'infermiere sta nelle sue esperienze, conoscenze e competenze, sta nella sua professionalità e nel suo riconoscimento dal gruppo con il quale si rapporta. Al di là dei tecnicismi, della burocratizzazione fonte di conflitto piuttosto che di soluzioni, e di quanto sinteticamente esposto non potendosi qui affrontare tutta la casistica e il ventaglio di ipotesi in tema di ordini di servizio, è da dire che gli infermieri, i coordinatori e i dirigenti sapranno discernere:
· quando le urgenze siano o meno tali
· quando dare consequenzialità alle vie brevi
· quando richiedere o produrre la forma scritta
· quando documentare l’evolversi di una disposizione di servizio
· quando avvalersi di una fattispecie piuttosto che un’altra
· quale insidia possa scorgersi nel rifiuto e nella pretesa
· quale sia il contesto adeguato alla gestione di eventuali conflitti
· quali siano le entità e le autorità che possano coadiuvare le parti della contesa a chiarire nel modo più adeguato possibile le rispettive ragioni
Luoghi comuni, pregiudizi, pressapochismo, immaginario collettivo: gli attori della vita politica, amministrativa e professionale nelle aziende del servizio sanitario nazionale assegnano scarsa correlazione tra l’agire e il sapere, tra il fare e il conoscere, tra la competenza e l’autorevolezza necessari per svolgere al meglio e nell’interesse della collettività le funzioni e le prerogative assegnate dai rispettivi mandati professionali ed istituzionali.
Tra le voci che compongono il panorama del demansionamento e della dequalificazione, dell’organizzazione del lavoro e delle disposizioni di servizio dalla A di Agire alla V di Valorizzazione, ne ho selezionato un campione a testimonianza degli ambiti, delle responsabilità, dei contesti, delle fattispecie, delle problematiche, dei diritti e dei doveri che si devono in ogni momento saper cogliere, valutare e fare propri per la tutela del decoro, dell’immagine, della dignità dell’esercizio infermieristico. Sarà pubblicato nella terza ed ultima parte del presente contributo, unitamente ad un’analisi dei delitti contro la persona e la pubblica amministrazione e degli illeciti amministrativi aventi attinenza con l’argomento in trattazione.
Per superare la babilonia di punti di vista, interpretazioni non autentiche, mezze verità, il primato del pensiero di uno sul pensiero dell’altro, basterebbe che tutti utilizzassero termini comuni assegnando loro uno stesso significato: è sull’interazione inter pares che occorre concentrarsi.
La soluzione, più dei cavilli procedurali, è, infatti, sempre nel buon senso e da ambo le parti.
Infermiere forense, Presidente Collegio IPASVI Carbonia Iglesias
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