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27 MARZO 2016
Intramoenia. Troppa demagogia tra i suoi denigratori
Non prendere atto di quanto già avviene o del fatto che i cittadini già spendono 35 miliardi per la sanità privata e che la quota per l’intramoenia è un trentesimo di tale somma (1 miliardo e spicci nel 2015) significa raccontare balle e mistificare la realtà a soli fini di propaganda personale e promozione della propria immagine di difensore dei poveri.
Demagogia non è aprire una discussione franca sulla intramoenia e sui suoi più che evidenti limiti oggettivi; demagogia è sostenere che senza intramoenia non esisterebbero più le lunghe file di attesa, o che senza di essa, l’uguaglianza dei cittadini e l’equità di accesso per tutti tornerebbero a signoreggiare sugli inariditi pascoli della sanità.
Questa è peggio della demagogia perché una mistificazione inammissibile. L’accesso ai servizi è sempre più difficile per il cittadino chiunque perché i tagli alla sanità (54 miliardi per il TDM) e la mancata sostituzione dei medici andati in quiescenza si è tradotta in una riduzione delle prestazioni non essenziali (come le visite ambulatoriali) e la contrazione dell’offerta ha determinato lo shifting verso il privato o la rinuncia alla prestazione medesima.
Esiste poi un altro strumento in grado di favorire tale scenario ed è quello fortemente implementato in diverse regioni (Toscana, Lombardia, Piemonte, Lazio) attraverso l’aumento dei tickets fino a portarli (per alcune fasce di reddito) ad un livello superiore a quello del prezzo intero praticato dal privato per la medesima prestazione
Ed infatti una città come Roma è invasa da pubblicità di strutture private che annunciano a caratteri cubitali la buona novella: non andate più nella struttura pubblica a fare la fila perché da noi al costo del ticket avrete la prestazione oggi stesso.
Non prendere atto di quanto già avviene o del fatto che i cittadini già spendono 35 miliardi per la sanità privata e che la quota per l’intramoenia è un trentesimo di tale somma (1 miliardo e spicci nel 2015) significa raccontare balle e mistificare la realtà a soli fini di propaganda personale e promozione della propria immagine di difensore dei poveri
Che poi la libera professione che si traduce nell’accesso a una prestazione altrimenti negata sia una porcata è fatto altrettanto indiscutibile. Un conto è la libera scelta del paziente che decide di rivolgersi all’intramoenia per ottenere un servizio più personalizzato in termini di orario o di location, una cosa diversa è trasformare l’istituto nell’unico modo per avere la prestazione.
La prima va mantenuta a meno che si decida per legge che in sanità il privato non deve più esistere; la seconda doveva già essere impedita a normativa vigente. E se questo non è avvenuto è perché la legge è stata disattesa e i presidenti di regione se ne sono disinteressati
Capisco che qualcuno vuole rifarsi la verginità perduta per avere emanato una legge di riforma sanitaria regionale che ha favorito lo shifting verso il privatoo che ha mortificato una tradizione solidificata nel tempo di partecipazione alle scelte pubbliche da parte di cittadini ed operatori; non capisco invece chi si spende in dotte e prolisse argomentazioni che tirano l’acqua al mulino del demagogo di turno e rendono credibile una proposta che, come ripeto, è una semplificazione inaccettabile della realtà
Questo i medici dovrebbero dire ed essere loro i primi a denunciare un uso distorto di un istituto che peraltro è gravato da una tassazione talmente insopportabile da comprometterne la reale utilità. Che poi qualche direttore di ASL o Presidente di Regione abbia potuto accettare che i cosiddetti luminari abbiano tariffe di 350 euro per singola prestazione è un fatto ancora più grave e che non dovrebbe trovare diritto di cittadinanza in nessun presidio sanitario.
Se dunque si vuole reintrodurre la possibilità per tutti i cittadini di accedere a servizi di qualità bisogna piantarla di definanziare il nostro servizio sanitario e di tagliare la componente più importante in esso presente: la risorsa umana e professionale. Questa operazione, mi dispiace se qualcuno storce il naso o fa questioni semantiche, è una implicita privatizzazione del SSN. Certo non si tratta delle vendita del Colosseo o del Santo Spirito di Roma, opera altrettanto monumentale, ma il risultato è lo stesso: si privatizza il diritto di accesso a prestazioni che spettano di diritto dopo di che la differenza tra intramoenia indecente e privato-privato diventa inesistente
Chi sostiene il contrario mente e persegue interessi che nulla hanno a che vedere con quello di cittadini. Il cui diritto all’accesso al Servizio sanitario è stato compromesso da politiche sciagurate di tagli allo stato sociale.
Questo bisogna dirgli e non altro, come bene ha fatto Massimo Cozza sulle pagine di quotidiano sanità se si ha la coscienza a posto per poterlo fare e se nella propria storia si ha sempre avuto un comportamento coerente nella difesa del servizio sanitario pubblico
Roberto Polillo
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