quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Martedì 01 MARZO 2016
Campania. Ritardi nella riorganizzazione, ieri la prima udienza alla Corte dei Conti. E il commissario del Pascale scrive a De Luca

Ammonterebbe a 16 mln di euro il danno erariale legato ai ritardi dell’applicazione degli standard del decreto Balduzzi del 2013 e dal decreto Lorenzin n. 70. Al Pascale si parla del taglio di 17 primari su 32. Ma il commissario Sergio Lodato chiede una deroga: "Le caratteristiche del Pascale, incentrato anche sulla ricerca, sono diverse da quelle degli altri ospedali e delle Asl che effettuano solo attività clinica”.

Corte dei conti, atti aziendali e Piano ospedaliero: è sulla scia di questa triade che si sono concretizzati, in questo ultimo mese, i tagli alle unità operative complesse e alle unità semplici e semplici dipartimentali di Asl e ospedali della Campania dopo un bagnomaria durato almeno due anni. Un’accelerazione che ha preso le mosse dal decreto, con gli inviti a dedurre, della giurisdizione della Campania della Corte dei conti, dello scorso 26 gennaio con l’ipotesi d’accusa della Procura di un danno erariale per 16 mln di euro in ragione dei ritardi dell’applicazione degli standard del decreto Balduzzi del 2013 e del regolamento attuativo targato Lorenzin (decreto 70 dell’aprile del 2015) che hanno prodotto decine di posizioni di primario e dirigenziali in esubero rispetto a quanto previsto dalle linee guida nazionali.  

Un impianto accusatorio che sarà il dibattimento, iniziato ieri con la prima udienza, a sviscerare dirimendo i principali nodi opposti nelle memorie difensive depositate dai 29 imputati invitati a dedurre.  Difese da cui emergono, in sintesi, la possibilità di errori di rilevazione delle unità operative attive nel 2014 e 2015, erronei calcoli delle indennità indebitamente percepite dai facenti funzione nel rapporto dare e avere tra struttura semplice persa e struttura complessa assunta.

Sotto la lente anche la possibilità che le strutture amministrative (prive di posti letto) debbano essere espunte dal conteggio delle unità primariali rispetto allo standard da rispettare. Sullo sfondo si staglia, infine, l’intervenuta nuova disciplina basata su esiti e volumi di attività e la cornice di una programmazione di livello politico-istituzionale lacunosa o assente negli anni in cui il via libera alle proposte di riorganizzazione e programmazione dei manager non era mai giunto in porto. Un ritardo avvitato anche attorno all’eccessivo temporeggiare dei ministeri vigilanti sulle proposte di Piano ospedaliero trasmesse negli anni e attorno ai lunghi tempi della nomina, nella seconda metà del 2015, del commissario ad acta per la Sanità campana Polimeni insediatosi solo a gennaio del 2016.

Mentre, dunque, il presidente della Regione Vincenzo De Luca tenta di recuperare il tempo perso ma senza nulla concedere all’approssimazione e chiede pertanto una proroga al ministero, dei tempi di trasmissione della nuova versione di riordino ospedaliero (da cui promaneranno i nuovi e definitivi atti aziendali) tra i manager campani è tutta una corsa alla riduzione delle unità operative per ottemperare ai rilievi della Corte dei conti. Un lavoro tutt’altro che indolore e che, soprattutto in alcune aziende di alta specializzazione, chiede un approfondimento tecnico per evitare profonde ripercussioni sui livelli di assistenza.

Il caso Pascale
E’ il caso del Pascale, l’istituto oncologico campano: qui il commissario straordinario Sergio Lodato, prima di procedere al dimezzamento netto di posizioni apicali ha preso carta e penna e scritto alla Regione chiedendo una deroga pur proponendo una bozza di rinnovo protocollo d’intesa che rivoluziona l’organizzazione assistenziale dell’Irccs campano riducendo drasticamente i dipartimenti e le unità operative.

Al Pascale, allo stato, sarebbero 17 su 34 i primari da eliminare per rispettare gli standard di attività di cui solo 5 potrebbero riguardare camici bianchi alle soglie della pensione (che hanno già dato la disponibilità ad un eventuale prepensionamento) mentre 12 riguardano giovani clinici e ricercatori tutti vincitori di concorso e che dunque, fino al termine dell’incarico, andrebbero comunque remunerati senza contare il fatto che si aprirebbe senza meno una lunga scia di contenziosi che potrebbero avere ripercussioni serie sui conti dell’azienda sanitaria.  

“Le caratteristiche del Pascale, incentrato anche sulla ricerca – argomenta il manager -  sono diverse da quelle degli altri ospedali e delle Asl che effettuano solo attività clinica. C’è poi da considerare il fatto che l’originario Piano ospedaliero (decreto 49 del 2010) prevede un incremento di posti letto per l’istituto oncologico partenopeo, dagli attuali 226 a 321, che se avvenisse imporrebbe poi di ricucire alcune posizioni apicali che oggi andremmo a tagliare”.

Insomma il Pascale è a un bivio tra rilancio e limitazione delle attività cliniche. Il senso della nota trasmessa dal commissario alla Regione riguarda proprio la scelta di cosa fare dell’istituto dal punto di vista assistenziale. Scelta che ricade, evidentemente sul livello politico.

Proprio oggi, nel merito ci sarà un vertice in Regione con il commissario e i consiglieri di De Luca sulle questioni sanitarie. Quel che è certo è che proposta di protocollo d’intesa avanzata dal management del Pascale prevede il ridimensionamento dei dipartimenti, (oggi dipartimenti d’organo) che passerebbero da 9 (con tutte le specialità chirurgiche) a 3 (area Medica, area Chirurgica e Area amministrativa). Un cambio di passo dell’organizzazione che incide non solo sul livello quantitativo ma prova anche a qualificare l’offerta attraverso l’adozione del Pdta (Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali) tesi a salvaguardare le eccellenza e le specificità dell’Istituto istituendo iter assistenziali basati sulla tipologia di percorsi (torace, patologia dell’encefalo, mammella ecc). Ma ciò non toglie che occorre una scelta di programmazione regionale. Almeno per grandi linee e un crono programma per i Lea per i pazienti che sposi anche l’idea di De Luca di fare della Campania, con le sue eccellenze, un punto di attrazione assistenziale per tutto il Sud. A soffrire, ovviamente, sarebbero soprattutto le chirurgia specialistiche.

Necessaria in ogni caso – avvertono i vertici dell’istituto – la definizione di un periodo di transizione e una gradualità di passaggi che attui le novità in modo progressivo evitando pericolosi vuoti assistenziali. Sulla Balduzzi, si ragione, ogni regione ha fissato paletti stretti o molto ampi. Le Regioni in piano di rientro, come è ovvio, hanno dovuto fare i sacrifici maggiori ed è sin qui spettato alla precedente amministrazione stringere al massimo le viti laddove ora ci sono margini per garantire di più e meglio l’assistenza laddove finora si è proceduto solo attraverso i mancati rinnnovi degli incarichi e il blocco totale del turn-over.

La novità infine riguarda anche le fonti di finanziamento che, per le attività cliniche, passano al valore dei Drg prodotti  laddove oggi, il protocollo d’intesa scaduto da alcuni anni, prevede una dotazione finanziaria fissa attestata a 100 mln annui più una quota attribuita alla ricerca (10 mln) e infine una fetta della torta delle risorse assorbita dai trattamenti trattamento con farmaci innovativi per 16 mln per un totale di 126 mln annui che ora potranno salire o scendere in base al volume e qualità dell’assistenza assicurata all’utenza anche in mobilità attiva che in base all’ultima Finanziaria non ha più vincoli per l’alta specialità anche nelle regioni in Piano di rientro come la Campania.

Ettore Mautone

© RIPRODUZIONE RISERVATA