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Martedì 09 FEBBRAIO 2016
Cancro alla prostata. Usa, valutare caso per caso l’opportunità di screening
Alla fine del 2011, la Preventive Services Task Force (USPSTF) degli Stati Uniti – l’associazione di medici indipendenti sostenuta dal governo – ha dato parere contrario all’impiego dei test di routine per lo screening universale del cancro alla prostata. Un’analisi retrospettiva, che si estende dal 2010 al 2012, sembra avvalorare la bontà della scelta caso per caso.
(Reuters Health) - Alla fine del 2011, la Preventive Services Task Force (USPSTF) degli Stati Uniti – l’associazione di medici indipendenti sostenuta dal governo – ha dato parere contrario all’impiego dei test di routine per lo screening universale del cancro alla prostata. Questa opposizione era motivata dal fatto che lo screening di massa ha spesso evidenziato tumori innocui che non hanno bisogno di trattamento e portato a procedure inutili, con effetti collaterali gravi come impotenza e incontinenza. Dopo questo pronunciamento della Preventive Services Task Force, nel 2012 il tasso di richieste del test per il cancro alla prostata tra gli uomini di età compresa tra 50 e 74 anni era sceso a circa il 16% tra i medici di medicina generale ( da circa il 37% nel 2010).
Ma tra gli urologi, il test del PSA (Prostate Specific Antigen) sierico risultava diminuito solo di circa 4 punti percentuali, fino a circa il 35% nello stesso periodo, come riportato da JAMA Internal Medicine. “Ci sono molte prove che gli uomini con un’aspettativa di vita limitata non beneficino del test PSA, e penso che gli esperti siano d’accordo su questo - ha detto l’autore principale dello studio, Quoc-Dien Trinh, urologo presso il Brigham and Women’s Hospital di Boston -. Il resto è una questione di opinioni e di gruppi di esperti - ha aggiunto -. Mi sento fortemente responsabile del fatto che alcuni uomini siano esposti a un maggior rischio di cancro alla prostata e sono preoccupato per ciò che accadrà a questi uomini, date le attuali raccomandazioni USPSTF e le tendenze osservabili nel declino osservato pe il PSA test”.
Sia l’American Cancer Society che l’American Urological Association raccomandano che gli uomini debbano discutere i vantaggi e i danni dello screening con i medici per prendere una decisione congiunta. Tra le altre cose, i pazienti dovrebbero prendere in considerazione che gli uomini neri e quelli con una storia familiare di carcinoma della prostata sono a maggior rischio.
L’analisi retrospettiva
Per verificare che tipo di pazienti potesse influenzare il medico, Trinh e colleghi hanno analizzato i dati rappresentativi a livello nazionale di un’indagine su 64 uomini che andavano dall’urologo per le visite e la cura preventiva e 1.100 che si recavano dai medici di base. Nessuno aveva una storia di tumori o altri problemi alla prostata. Il campione rappresenta circa 800.000 visite dagli urologi e 26 milioni di visite dai medici di base, a livello nazionale, nel 2010 e nel 2012. Il calo limitato dagli urologi nella fase del test del PSA probabilmente riflette la convinzione tra gli specialisti che stanno facendo ciò che è meglio per i pazienti.
“Gli urologi possono anche visitare un numero più elevato di pazienti con procedure aggressive, mentre i medici di base possono visitare più uomini anziani o uomini con molteplici patologie che non sono buoni candidati per lo screening - ha commentato Alexander Kutikov, uno specialista di urologia oncologica del Fox Chase Cancer Center di Philadelphia, non coinvolto nello studio -. Indipendentemente da quali possano essere gli approcci specialistici, per discutere lo screening di routine con il PSA, i pazienti devono capire che le decisioni riguardanti lo screening sono estremamente personali – ha detto Kutikov – Sebbene la maggior parte degli uomini moriranno con e non di cancro alla prostata, alcuni medici e pazienti possono ancora esitare a rinunciare allo screening perché la malattia è curabile solo quando è il cancro è diagnosticato prima che si diffonda. Una decisione che si rivela giusta per una persona non è detto che lo sia per un’altra”, ha concluso.
Fonte: JAMA Internal Medicine, online February 8, 2016
Lisa Rapaport
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
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