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Martedì 26 GENNAIO 2016
Riforma costituzionale e “sistema delle conferenze”. Cosa accadrà?
La prima a mettere in dubbio l'utilità delle Conferenze tra Stato, Regioni ed Enti locali con la nuova riforma della Costituzione è stata la stessa ministra Boschi. Oggi dubbi e perplessità sono sollevati anche da un dossier analitico dei servizi studi di Camera e Senato. “Verificare se sia funzionale all’equilibrio complessivo mantenere in capo al sistema delle conferenze le forme collaborative riguardanti attività amministrative, di programmazione e di indirizzo politico”. IL DOSSIER
Che fine farà la Conferenza Stato Regioni, e più in generale il “sistema delle conferenze”, con la nuova riforma costituzionale? Una prima risposta l’aveva fornita qualche giorno fa in audizione alla Commissione per le Questioni Regionali lo stesso Ministro per le Riforme costituzionali Maria Elena Boschi: “Dal mio punto di vista il superamento dell'assetto attuale della Conferenza Stato-Regioni è necessitato dalla funzione del nuovo Senato”.
Ora sono i Servizi studi di Camera e senato a provare a rispondere al questito con un apposito dossier su quella particolare articolazione istituzionale nata dopo la riforma del 2001 e nota per l'appunto come "sistena delle conferenze", con particolare riferimento alla composizione, alle funzioni, all'organizzazione e al loro funzionamento (Capitolo I), con il richiamo all'evoluzione del quadro normativo (Capitolo II) e un rapido excursus sui precedenti tentativi di riordino del sistema successivi alla riforma del 2001 del Titolo V della Parte II della Costituzione (Capitolo III).
Fra gli spunti più attuali forniti dal dossier senz'altro quello dedicato al nuovo disegno di legge di riforma costituzionale. “Il disegno di legge di riforma costituzionale - si legge nel dossier - prevede il superamento del bicameralismo perfetto, con la configurazione del Senato quale organo ad elezione indiretta, sede di rappresentanza delle istituzioni territoriali, e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione, con un’ampia rivisitazione del riparto di competenza legislativa tra Stato e regioni in direzione di un riaccentramento delle competenze”.
“Ma lo stesso disegno di legge – si legge ancora nel dossier - non dispone nulla in ordine al cosiddetto 'sistema delle conferenze', peraltro attualmente non costituzionalizzato".
Secondo i servizi studi di Camera e Senato “nel caso di entrata in vigore della riforma, il nuovo bicameralismo differenziato è comunque destinato a determinare quantomeno un riassetto di tale sistema, che ha finora svolto un ruolo significativo, sulla base dei criteri di riparto della legislazione del vigente titolo V, ai fini dell’attuazione delle leggi, sia sul piano normativo che su quello amministrativo, costituendo l’unica sede istituzionale di coordinamento tra gli enti costitutivi della Repubblica”.
In realtà l’articolo 1 del disegno di legge costituzionale assegna al Senato un ruolo peculiare: “diviene la Camera di rappresentanza delle istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea”.
A questo punto “con l’introduzione di una Camera rappresentativa delle istituzioni territoriali si potrà riflettere sull’opportunità di mantenere in vita un duplice canale di raccordo con le istituzioni territoriali e, eventualmente, procedere alla (ri)definizione delle rispettive competenze”.
In sostanza si potrà affrontare la questione della titolarità della funzione di cooperazione incidente sulla funzione normativa, per comprendere se la stessa debba o meno essere attribuita in via esclusiva al nuovo Senato, e verificare al contempo se sia funzionale all’equilibrio complessivo mantenere in capo al sistema delle Conferenza le forme collaborative riguardanti attività amministrative, di programmazione e di indirizzo politico”.
Si tratta di una materia che peraltro è stato oggetto di diversi ordini del giorno nel corso dell’esame in prima lettura presso la Camera dei deputati, che sono stati accolti dal Governo:
- l’ordine del giorno Dorina Bianchi n. 6, che prevede una riforma del sistema delle Conferenze, riconoscendo allo stesso esclusivamente attività di natura tecnica, amministrativa e gestionale;
- l’ordine del giorno Paglia n. 41, che prevede una ridefinizione del ruolo della Conferenza Stato-Regioni alla luce della riforma del Senato (tale ordine del giorno è stato riformulato nel corso della seduta, su invito del rappresentante del Governo, eliminando il previo accordo con la Conferenza delle Regioni ai fini della ridefinizione);
- l’ordine del giorno Lattuca n. 48, che prevede anch’esso un adeguamento del sistema delle Conferenze alla presenza di una seconda Camera rappresentativa delle istituzioni territoriali.
Attualmente la Conferenza Stato-Regioni ha:
Funzioni deliberative: si tratta di funzioni che comportano la manifestazione di una volontà comune di Governo ed esecutivi regionali diretta all'adozione di un atto di rilevanza estera. In via generale, l’art. 2, comma 1, lettera g), del decreto legislativo n. 281 del 1997, demanda alla Conferenza l'adozione di provvedimenti che sono ad essa attribuiti dalla legge. Nell'ambito delle funzione deliberativa, si segnalano in particolare la determinazione, nei casi previsti dalla legge, dei criteri di ripartizione delle risorse finanziarie che la legge assegna alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, anche a fini di perequazione (lettera f)); la nomina, nei casi previsti dalla legge, dei responsabili di enti e organismi che svolgono attività o prestano servizi strumentali all'esercizio di funzioni concorrenti tra Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano (lettera i)); deliberazioni in materia di politica sanitaria in ambito regionale.
Funzioni consultive: esprime pareri sui seguenti atti del Governo:
- schemi di disegno di legge, di decreto legislativo e regolamento nelle materie di interesse delle regioni e province autonome e quando è previsto da specifiche disposizioni di legge.
Quando il Presidente del Consiglio dei Ministri dichiara che ragioni di urgenza non consentono la consultazione preventiva, la Conferenza Stato-regioni è consultata successivamente ed il Governo è chiamato a tener conto dei suoi pareri (art. 2, comma 5, del decreto legislativo n. 281 del 1997): a) in sede di esame parlamentare dei disegni di legge o delle leggi di conversione dei decreti-legge; b) in sede di esame definitivo degli schemi di decreto legislativo sottoposti al parere delle commissioni parlamentari”;
- provvedimenti amministrativi. Nei casi in cui il parere è reso su provvedimenti già adottati in via definitiva la Conferenza Stato-regioni può chiedere al Governo che lo esamini per un'eventuale revoca o riforma dei provvedimenti stessi.
I pareri sono obbligatori quando previsti da disposizioni di legge: in particolare, il decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, prevede che la Conferenza Stato-regioni sia obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome e recanti la legge europea e la legge di delegazione europea (art. 5 del decreto legislativo n. 281 del 1997, come modificato dall'art. 29, comma 6, della legge n. 234 del 2012).
Il parere (ai sensi dell’art. 2, comma 3, del decreto legislativo n. 281 del 1997) deve essere reso entro venti giorni, decorsi i quali i provvedimenti recanti attuazione di direttive comunitarie sono comunque adottati. In presenza di ragioni di urgenza al Governo spetta la facoltà di procedere senza consultazione preventiva della Conferenza, che è tuttavia chiamata ad esaminare l'atto successivamente esprimendo un parere di cui il Governo deve tener conto (art. 2, comma 4 del decreto legislativo n. 281 del 1997).
In riferimento all’esito, si possono distinguere, oltre ai pareri favorevoli e contrari, i pareri formulati al fine di incidere sul contenuto dell'atto. Al riguardo, si tratta di pareri favorevoli recanti osservazioni e/o raccomandazioni, nonché pareri favorevoli condizionati a determinate modifiche.
Sono facoltativi quando - ai sensi dello stesso decreto legislativo - il Presidente del Consiglio dei Ministri ritenga opportuno sottoporre al suo esame, anche su richiesta della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, un oggetto di interesse regionale.
Funzioni di coordinamento e di raccordo: lo svolgimento di dette funzioni è finalizzato a perseguire la formazione di una volontà unitaria dello Stato e delle regioni nell’esercizio delle rispettive competenze amministrative.
L’esercizio delle funzioni di coordinamento e di raccordo trova espressione:
- nella stipula di intese e accordi, talvolta espressamente previsti dalla legge, talaltra promossi dalla Conferenza stessa. Con riferimento alle prime, si tratta di strumenti che consentono di pervenire ad una determinazione concordata fra Governo ed esecutivi regionali in ordine ai contenuti dei provvedimenti in esame. Relativamente agli accordi, si tratta di strumenti con i quali gli esecutivi centrali e territoriali coordinano l'esercizio delle rispettive competenze e lo svolgimento di attività in ambiti di interesse comune (sui due strumenti si rinvia alla scheda seguente);
- nel promuovere, nel rispetto delle competenze del Comitato interministeriale per la programmazione economica, il coordinamento della programmazione statale e regionale e il raccordo di quest'ultima con l'attività degli enti o soggetti, anche privati, che gestiscono funzioni o servizi di pubblico interesse aventi rilevanza nell'ambito territoriale delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano (art. 2, comma 1, lettera c));
- nell'interscambio di dati e informazioni sull'attività posta in essere dalle amministrazioni centrali, regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano, anche attraverso la costituzione di banche dati sulle rispettive attività, accessibili sia allo Stato che alle regioni e alle province autonome (art. 2, comma 1, lettera e));
- nel formulare inviti e proposte nei confronti di altri organi dello Stato, di enti pubblici o altri soggetti, anche privati, che gestiscono funzioni o servizi di pubblico interesse (art. 2, comma 1, lettera h));
- nel raccordare le linee della politica nazionale relativa all'elaborazione degli atti dell’Unione europea con le esigenze rappresentate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano nelle materie di competenza di queste ultime (al riguardo, si rinvia alla illustrazione della legge n. 234 del 2012, v. Capitolo II del presente dossier).
Funzioni di monitoraggio e di verifica: valuta gli obiettivi conseguiti e i risultati raggiunti, con riferimento agli atti di pianificazione e di programmazione in ordine ai quali si è pronunciata (art. 2, comma 7, del decreto legislativo n. 281 del 1997).
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