quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Venerdì 22 GENNAIO 2016
Nuovo test predice il rischio di demenza nell’ambulatorio del medico di famiglia

Un algoritmo messo a punto dai ricercatori dello University College di Londra, riesce a prevedere in maniera accurata il rischio di sviluppare demenza nell’arco dei 5 anni successivi, nei soggetti di età compresa tra 60 e 79 anni. Uno strumento di facile utilizzo, che andrà però validato da ulteriori studi, condotti su popolazioni diverse da quella inglese, nella quale è stato sviluppato. Non mancano le implicazioni etiche dell’utilizzo pratico di un simile test.

Da oggi sarà possibile valutare il rischio che un determinato paziente presenta di sviluppare demenza nell’arco dei successivi 5 anni, semplicemente utilizzando un algoritmo computerizzato nello studio del medico di famiglia. È quanto sostiene uno studio appena pubblicato su BMC Medicine dallo University College di Londra e finanziato dal NIHR inglese.
 
 
A questo risultato è stato ottenuto dai ricercatori inglesi, analizzando i dati relativi ad oltre 930 mila pazienti senza problemi di demenza, né alterazioni cognitive o di memoria. Utilizzando i dati relativi a questi soggetti i ricercatori hanno costruito un semplice algoritmo (il Dementia Risk Score) da compilare al computer, che predice con buona accuratezza il rischio di una futura diagnosi di demenza, nell’arco dei successivi 5 anni. Questo strumento consentirà ad esempio di individuare i pazienti a bassissimo rischio di sviluppare condizioni quali l’Alzheimer, direttamente nello studio del medico di famiglia.
 
 
I dati analizzati sono stati acquisiti in maniera randomizzata, da 377 studi di medicina generale inglesi, tra il 2000 e il 2011, e fanno parte della banca dati The Health Improvement Network(THIN), relativa al 6% di tutti i medici di medicina generale inglesi.
 
 
Basandosi sui possibili fattori di rischio noti per demenza, registrati nel database THIN, i ricercatori inglesi hanno esaminato quattro variabili come possibili predittori del rischio di demenza: dati socio-sanitari (età, sesso, deprivazione sociale); misure di salute e stile di vita (es. consumo di alcol, indice di massa corporea, pressione arteriosa), storia clinica (es. diabete, cardiopatia ischemica), uso di farmaci. Tutte queste variabili sono state correlate alle nuove diagnosi di demenza, in un arco temporale di 5 anni.
 
Per validare l’accuratezza di questo algoritmo, gli autori hanno selezionato altri 264 mila pazienti senza diagnosi di demenza, da 95 studi di medicina generali inglesi.
 
 
Entrambi i gruppi, sia quelli selezionati in fase di costruzione dell’algoritmo che il gruppo di validazione dello stesso, sono stati divisi in due fasce d’età (60-79 anni e 80-95 anni). Questa divisione è stata fatta sulla base dell’osservazione che il rischio di sviluppare demenza aumenta bruscamente al di sopra degli 80 anni.
 
 
L’algoritmo si è rivelato molto valido nel prevedere il rischio di demenza nel gruppo 60-79 anni, ma non in quello degli ultra-80enni. In questa fascia d’età dunque potrebbe essere necessario adottare un diverso approccio. Inoltre sarà necessario testare la validità di questo algoritmo anche in paesi diversi, visto che è costruito su dati relativi alla sola popolazione inglese.
 
 
“Prima di utilizzare il nostro algoritmo nella pratica ambulatoriale – sostiene Kate Walters, primo autore dello studio – sarà necessario testarlo su diverse popolazioni; raccomandiamo inoltre di considerare bene le implicazioni etiche del suo impiego. Lo score sarà comunque estremamente utile nell’ individuazione delle persone a bassissimo rischio di demenza; questo aiuterà il medico di famiglia a gestire l’ansia che hanno alcune persone (o i loro familiari) di sviluppare una condizione di demenza”.
 
 
Maria Rita Montebelli

© RIPRODUZIONE RISERVATA