quotidianosanità.it
stampa | chiudi
Venerdì 15 GENNAIO 2016
Il 'Lato Oscuro' della Sepsi. La sindrome clinica che uccide più dell’infarto
Gentile direttore,
dopo i casi tragici delle morti materne avvenute nel nord Italia alla fine del 2015 la sepsi ha fatto la sua comparsa in maniera eclatante ed ha ricevuto un’attenzione eccezionale da parte dell’opinione pubblica. Nel mondo ogni 3 secondi una persona muore a causa della sepsi, una sindrome clinica che deriva da una risposta sregolata dell’organismo ad un’infezione e che può determinare un danno a carico degli organi stessi.
La sepsi uccide più dell’infarto del miocardio e 4 volte più del tumore al colon ma, a differenza dei precedenti, è poco conosciuta perché assume caratteristiche cliniche subdole che la rendono talora difficilmente diagnosticabile specialmente nelle sue fasi più precoci. La sepsi è una presenza che silenziosamente è aumentata negli ultimi anni e non solo nel nostro paese. In Europa si contano più di 700.000 casi di Sepsi all’anno di cui 1 su 5 ha esito fatale, inoltre spesso chi sopravvive riporta conseguenze organiche per tutto il resto della vita. Il tasso di morte materna per sepsi nel Regno Unito sta tornando ai livelli degli anni ‘70. Per fa fronte a questa emergenza, perché di emergenza si tratta, nel 2013 è nata la campagna di salute mondiale della Global Sepsis Alliance (GSA), un’organizzazione mondiale alla quale hanno aderito oltre 3.500 istituti di cura nel mondo (www.world-sepsis-day.org) finalizzata a promuovere la diffusione della conoscenza della sepsi agli operatori sanitari ed alla popolazione attraverso numerose iniziative scientifico-divulgative tra cui la giornata mondiale sulla Sepsi, il “World Sepsis Day” (WSD).
Anche in Italia, molti dei centri che aderiscono alla rete, tra i quali Firenze, Milano e Roma hanno organizzato eventi dedicati alla sepsi per supportare la GSA in questo importante progetto. Oggi la sepsi è la prima causa di morte intraospedaliera e nonostante ciò molto ancora deve essere fatto per sistematizzare con la forza e la pervasività necessaria il percorso diagnostico-terapeutico in ogni ospedale. “La consapevolezza del problema diminuisce man mano che si scende dai livelli di assistenza intensivi a livelli di cura ordinari” osserva in un articolo Ron Daniels, uno dei maggiori esperti mondiali e promotore dei Sepsis SIX. Un percorso facile ed immediato che aiuta ad identificare e trattare la Sepsi con azioni diagnostiche e terapeutiche da intraprendere entro la prima ora dal sospetto clinico.
In quest’ottica il Ministero della Salute italiano ha deciso di attivare, già nel novembre 2015, un gruppo di lavoro per la messa a punto di una raccomandazione per la sicurezza del paziente sull’identificazione e la gestione della sepsi grave e dello shock settico in una logica tempo-dipendete. Il gruppo raccoglie molte dei professionisti che in Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna hanno iniziato ad affrontare il problema della sepsi predisponendo già dal 2012 linee guida ed attivando iniziative di formazione capillare.
Anche se molti casi di sepsi si associano a condizioni croniche gravi e pre-esistenti o a complicanze conseguenti ad interventi sanitari, molte possono verificarsi in persone giovani ed in salute che muoiono improvvisamente a causa di una sepsi che si origina da un evento di poco conto. In tutti i casi, una sepsi non identificata può diventare letale quando si accompagna a insufficienza d'organo (sepsi grave, con una mortalità del 20-25%) o a uno stato di ipotensione refrattaria (shock settico con una mortalità del 40-70%). E’ fondamentale la capacità di identificare precocemente un’infezione - anche solo sospetta - “non controllata” che ha quindi provocato una o più insufficienze d’organo e di agire in tempi rapidi. Le capacità di riconoscere la sepsi e di trattarla tempestivamente vengono rafforzate da un’organizzazione intraospedaliera che abbia percorsi standardizzati (come per le altre patologie tempo dipendenti, es. infarto miocardico) e professionisti sensibilizzati sul tema e sulle sue conseguenze potenzialmente letali.
Questi percorsi comprendono delle azioni diagnostiche (come ad es. : misura dei lattati e colture di campioni biologici) e terapeutiche (somministrazione di antibiotici e fluidi) di facile realizzazione pratica ma che risultano efficaci solo se effettuate precocemente e tempestivamente. Per sconfiggere la sepsi è necessario agire con una logica tempo-dipendente, multi professionale e multi disciplinare perché la mortalità aumenta del 20% per ogni ora trascorsa al di fuori di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale corretto. Questo approccio rappresenta una delle priorità clinico-organizzative per garantire la sicurezza dei pazienti a livello nazionale. In allegato un esempio di percorso per l’identificazione ed il trattamento della sepsi grave e dello shock settico nato dalla collaborazione fra Regione Lombardia ed il Centro Gestione Rischio Clinico della Regione Toscana.
Giulio Toccafondi
Centro Gestione Rischio Clinico, Regione Toscana - Firenze
Gianpaola Monti
Terapia Intensiva Ospedale Ca’ Niguarda – Milano
Stefano Romagnoli
Dipartimento di Anestesia e Rianimazione, Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Firenze
© RIPRODUZIONE RISERVATA