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Lunedì 11 GENNAIO 2016
Dna. Scienziati Usa scoprono nuovi geni indispensabili per silenziare uno dei due cromosomi X presenti nelle donne
Capire quali sono i fattori alla base dell’inattivazione potrebbe aiutare ad influenzare l’attività dei geni sui cromosomi X. In particolare, quelli responsabili di alcune malattie, quali autismo, distrofia muscolare e emofilia, ma anche di altre patologie correlate che interessano sfera cognitiva e memoria. Almeno nelle donne. La ricerca dell’Università del Michigan è pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences
Ogni donna al mondo alberga nelle sue cellule due cromosomi X. Di questi tuttavia solo uno viene utilizzato interamente, mentre l’altro si comporta come un libro fresco di stampa, con le pagine ancora incollate tra loro. Contiene cioè una gran quantità di informazioni che nessuno è destinato però a ‘leggere’ né tanto meno ad utilizzare, perché il suo DNA è stato ‘silenziato’.
Da tempo sono note le modalità con le quali si realizza questo silenziamento. O meglio, si riteneva fossero note, perché adesso una ricerca pubblicata online first su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un gruppo della University of Michigan Medical School dimostra che le cose non sono proprio quelle che sembravano. E si tratta di una scoperta importante perché potrebbe offrire una nuova chiave di lettura per le patologie legate al cromosoma X e forse delle soluzioni, almeno nelle donne.
Al centro dei meccanismi di silenziamento si trova una molecola detta Xist RNA e per molto tempo il gene responsabile della produzione di Xist è stato visto come il fattore chiave alla base del silenziamento di uno dei due cromosomi X nelle cellule dei soggetti di sesso femminile. I ricercatori della University of Michigan di recente avevano scoperto che è un frammento di RNA antisenso il responsabile della produzione dell’Xist RNA. Ma adesso con questa nuova ricerca, sono arrivati alla conclusione che il meccanismo del silenziamento è ben più complesso e che non dipende dal solo Xist RNA.
Xist è l’acronimo di X-inactive specific transcript e si trova su ciascun cromosoma X. La sua funzione non è quella di far produrre una proteina, come normalmente fanno i geni, ma di produrre Xist RNA che va letteralmente a rivestire tutto il cromosoma X, come un bozzolo, sigillandolo così dai contatti con il mondo della cellula.
“Si ritiene comunemente che Xist sia necessario e sufficiente per ottenere il silenziamento di un cromosoma X - afferma Sundeep Kalantry, che ha guidato la ricerca pubblicata su PNAS – mentre noi per la prima volta con questo studio dimostriamo che Xist da solo non basta, ma che entrano in gioco anche altri fattori, sullo stesso cromosoma X, che vanno ad attivare Xist e quindi ‘aiutano’ Xist RNA a silenziare il cromosoma X”.
In altre parole, Xist per funzionare ha bisogno di ‘complici’, dei quali per ora si sa solo che si trovano sul cromosoma X destinato ad essere ‘messo a tacere’. Così, nonostante la maggior parte dei geni presenti sul cromosoma X inattivo siano del tutto silenziati, alcuni (i ‘complici’ di Xist) sono invece pienamente attivi. Ed è su questi geni che sfuggono all’inattivazione, che si sta focalizzando l’attenzione dei ricercatori americani. Espressi sia nel cromosoma X attivo che in quello inattivo, questi geni producono più proteine nelle cellule femminili (che ne hanno appunto due copie), che in quelle maschili. Gli autori dello studio di PNAS ritengono dunque che il silenziamento di un cromosoma X dipenderebbe dalla ‘dose’ più elevata del prodotto di questi geni, presente appunto nelle donne.
Secondo gli stessi ricercatori, in futuro sarà possibile modificare il livello di questi altri fattori nelle cellule per attivare magari la copia sana e silenziata di un gene che si trova sul cromosoma X inattivo.
Riuscire a capire quali sono i fattori che causano l’inattivazione di un cromosoma X potrebbe insomma aiutare ad influenzare l’attività dei geni sui cromosomi X, in particolare, quelli responsabili di alcune malattie, quali autismo, distrofia muscolare e emofilia, ma anche di altre patologie correlate ai cromosomi X, che interessano sfera cognitiva e memoria.
“Nelle donne – prosegue Kalantry - si potrebbe pensare di ‘risvegliare’ i geni sani sul cromosoma X inattivato, modulando le concentrazioni dei geni che hanno eluso il silenziamento, per bilanciare e attenuare gli effetti negativi della copia malata. Purtroppo questo tipo di approccio non aiuterà i maschi con patologie legate al cromosoma X”.
Maria Rita Montebelli
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