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Sabato 19 DICEMBRE 2015
Bartoletti (Fimmg): “Bene il Tar. Finalmente l’hanno capito. Medici non possono essere condizionati nelle scelte prescrittive” 

Dopo la sentenza del Tar che ha bocciato una delibera del Lazio sulle modalità di prescrizione di alcuni farmaci, il segretario provinciale romano e vicesegretario nazionale del sindacato dei medici di famiglia spiega che non c'è solo il caso Lazio: “È dal 2003 che in tutte le regioni vengono varate misure simili. Costa meno fare una delibera che fare formazione o investire su attività di supporto alla prescrizione”.

“La sentenza ribadisce che non si può condizionare la prescrizione del medico per ottenere degli obiettivi di risparmio utilizzando dispositivi regionali” ma è chiaro che “il problema della spesa farmaceutica esiste”. Il punto è che “bisogna cambiare l’approccio del “costa meno fare una delibera piuttosto che fare formazione o del supporto decisionale ai medici come fanno altri paesi”. Così il segretario della Fimmg Roma e vicesegretario nazionale Pierluigi Bartoletti che abbiamo intervistato in merito alla sentenza del Tar del Lazio. “Le Regioni - ha detto - non possono intervenire su libertà prescrittiva del medico”. Ma Bartoletti ha parlato anche della sanità del Lazio e della nuova convenzione della medicina generale: “Speriamo si chiuda nel 2016”.
 
Dottor Bartoletti, qual è la sua chiave di lettura della sentenza del Tar Lazio sul divieto per la Regione di condizionare con un proprio provvedimento la prescrizione dei medici?
Da medico mi viene da dire: finalmente l’hanno capito. Ma al di là dell’aspetto giuridico in sé, anche perché bisogna vedere se sarà appellata o meno al Consiglio di stato, la sentenza ribadisce che non si può condizionare la prescrizione del medico per ottenere deli obiettivi di risparmio utilizzando dispositivi regionali. Certo, in questo caso le posso dire che la delibera non è stata nemmeno troppo largamente applicata, ma in realtà provvedimenti simili sono stati presi in tutte le Regioni.
 
Per quale ragione la delibera non è stata applicata?
È talmente complessa, che per funzionare presuppone l’esistenza di un sistema informativo da Nasa (l’Agenzia spaziale americana ndr.), che nel Lazio non c’è.
 
Ma torniamo al fatto che provvedimenti regionali di questo tipo ne è pieno il Paese.
Misure regionali di questa natura se ne vedono almeno dal 2003. L’impostazione è sempre la stessa: per raggiungere l’obiettivo di risparmio di spesa la regione determina quali sono le percentuali di generico da scrivere.  E sulla base di questo ci sono pressioni più o meno insistenti, da regione a regione, sui medici per condizionare la prescrizione. E ora la domanda dopo aver letto la sentenza è: che fine faranno tutte queste delibere? Che soprattutto nelle regioni in Piano di rientro hanno spopolato?
 
Ma in ogni caso il problema della spesa farmaceutica esiste, pensiamo solo ai nuovi farmaci salvavita. E anche la spesa territoriale in alcune regioni inizia a sforare i tetti. Come la mettiamo?
Dal punto di vista sistemico mi pongo la questione e il problema della spesa esiste. Qual è la soluzione? Alla luce della sentenza non è possibile condizionare i medici. Da questo bisogna partire e cambiare modo di agire. Costa meno fare una delibera piuttosto che fare formazione, su cui non si spende un euro, o fare del supporto decisionale ai medici come fanno altri paesi, vedi l’Inghilterra. L’approccio deve cambiare e lo Stato ha molti strumenti per agire. Ma al posto di fare un discorso più complesso si va invece avanti a colpi di delibere con il risultato che se ne fanno tante per nulla.
 
Approfitto. Come vede la sanità del Lazio, anche dopo la relazione, non proprio densa di luci, della Corte dei conti?
Le dico tre parole: eppur si muove. Al di là della Relazione della Corte, la verità è che qualcosa si sta muovendo. Il nostro progetto ‘Sabato e Domenica’ qualcosa di significativo ha rappresentato per il territorio mentre siamo al palo sui pacchetti per i cronici. In questi 2 anni però un percorso è stato iniziato e ci siamo staccati dalle secche. Ma è chiaro che dobbiamo sempre considerare che il margine di manovra è stretto e che siamo in piano di rientro e ci muoviamo sempre secondo l’indirizzo e il controllo del Tavolo tecnico ministeriale.
 
Invece come vede la partita della convenzione nazionale della medicina generale?
Spero che  nel 2016 si concluda. Ma è ancora prematuro perché dobbiamo aspettare le nuove nomine all’interno delle regioni dopo l’elezione del nuovo presidente della Conferenza.
 
Vede il rischio di un nuovo attacco alla libera professione?
Come le dicevo è troppo presto per poterlo dire. In ogni caso noi teniamo molto alle parole ‘libera professione’ perché esse significano autonomia. Noi siamo quelli che garantiscono l’autonomia delle scelte fatte per il benessere del malato e non secondo direttive od ordini di servizio di un’azienda che ci vede subordinati. Se andiamo a vedere i risultati ottenuti dalla nostra categoria libero professionale nell’ambito del sistema pubblico e i risultati ottenuti in termini d’iniziativa da parte della Pubblica amministrazione. Beh, credo che ci sarebbero da fare molte chiacchere sul vantaggio di un medico subordinato rispetto ad uno autonomo. Non è detto che subordinazione paghi al sistema, è più semplice per il sistema. Ma soprattutto, non è detto che abbia un tornaconto positivo per il malato.
 
Luciano Fassari

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