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Martedì 24 NOVEMBRE 2015
Responsabilità professionale. Alcuni dubbi “fuori del coro”
Siamo convinti che alla maggior parte dei Colleghi, nell’entusiasmo conseguente alla prospettiva di cessazione di quella “responsabilità contrattuale” passata in assoluto silenzio al suo esordio, e poi rivelatasi una marea montante inarrestabile a danno finale degli stessi cittadini, siano sfuggite alcune perfettibilità del DdL
Riteniamo di intervenire brevemente nel dibattito nato a proposito del DdL “Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario”, già approvato dalla Commissione Affari Sociali, in questi giorni all’iter parlamentare.
Questo per aver letto con grande attenzione, come facciamo ogni qualvolta ci è possibile, le riflessioni di Ivan Cavicchi, oltre che per aver considerato anche molte altre posizioni, tra cui quelle manifestate da diversi Colleghi Medici.
In generale, queste ultime sono state di grande apprezzamento, pur con qualche voce meno entusiasta su alcuni punti specifici (Gallone), tra cui qualifica e ruolo delle Società Scientifiche, aspetto questo ripreso anche da altri (p. es. Scotti).
Le Società Scientifiche Italiane non sono ancora pronte alla sfida cui sono chiamate, perché mancano loro le necessarie connotazioni di metodo, di uniformità, e di referenzialità attestata da criteri che le mettano in condizione di produrre Linee Guida al di sopra di ogni rischio di incoerenza. Ad oggi, questo rischio è concreto. Più in generale, abbiamo la sensazione che le Società Scientifiche vengano in questi giorni evocate come un Deus ex machina, ben al di fuori dei loro ambiti scientifici, per risolvere problematiche strutturali di sistema che invece devono essere affrontate con la loro collaborazione, e non attraverso una sorta di appalto a terzi.
Sul piano più fondatamente giuridico del DdL, illuminanti, poi, sono le note dell’Avvocato cassazionista Giovanni Pasceri.
In queste ultime non ci addentriamo, ma non possiamo esimerci dal prendere atto che anche alla nostra comprensione di Medici appaiono chiare e convincenti.
Sull’analisi tecnica di Gallone non abbiamo molto da aggiungere, dato che la condividiamo completamente, e quindi ci limitiamo, per evitare qualsiasi fraintendimento, a dare atto al DdL in questione di rappresentare senz’altro un pregevole tentativo di porre un argine alla medicina difensiva, anzi, più propriamente, alla sanità difensiva, che però è cosa più ampia e forse più scivolosa, sia in sé, sia nei provvedimenti più o meno virtuosi, succedutisi nel tempo, finalizzati a limitarla, a partire dal “Decreto Balduzzi”.
Cavicchi prende spunto facendo proprie alcune obiezioni tecniche sul DdL esposte da un Legale in un Congresso medico, come sempre attento, dal canto suo, alle questioni forse meno immediatamente evidenti sul piano tecnico, ma non per questo meno fondamentali in un’ottica di “impostazione di sistema”, focalizzata su tutto ciò che può influenzare in modo più ampiamente e profondamente culturale, oltre che sociale, il governo complessivo della Sanità.
Sulle osservazioni nel merito di quanto previsto dall’art. 3, in particolare, pensiamo che Cavicchi abbia incontrovertibilmente ragione. Non sapremmo esprimerci meglio, e perciò sottoscriviamo nel modo più convinto le sue perplessità sulla “anonimia” della segnalazione al “Difensore civico”, diseducativa perché avrà come contropartita proprio la sanità difensiva, e sul rischio che tutto il personale sanitario possa correre ancora una volta, stavolta per legge, di divenire un bersaglio incolpabile di ogni “disfunzione di sistema” intesa come malpractice.
In definitiva, e in estrema sintesi, un DdL che riguarda espressamente la responsabilità professionale del personale sanitario, e che intenderebbe risolverne le criticità, ne porta in grembo altre!
Su un aspetto, tuttavia, dissentiamo da Cavicchi: occorre sgombrare il campo dall’equivoco secondo il quale, plaudendo all’attribuzione della responsabilità contrattuale alle sole Strutture Sanitarie (per i professionisti dipendenti e per quelli convenzionati), i medici si rivelerebbero “opportunisti a etica variabile”.
Caro Ivan, semplicemente, in tal modo si riaffermerà il principio secondo cui il cittadino che non sceglie il professionista da cui farsi curare, ma una Struttura del SSN, contrae – coerentemente – un’obbligazione con questa, e non con il singolo operatore. Dal che discende la necessità di sciogliere un altro equivoco non meno fuorviante ed ancor più pericoloso: NON ci sarà una “inversione dell’onere della prova” ingiustamente ribaltata sul cittadino, ma (finalmente) avverrà esattamente il contrario.
Il ripristino (perché di questo si tratta) dell’onere della prova a carico del presunto danneggiato rappresenterà un altrettanto coerente liberazione da un gravame posto finora ingiustamente sul capo dei professionisti sanitari dipendenti e convenzionati, che a norma di Codice Civile sarà (speriamo) ricondotto all’ambito della suddetta responsabilità extra-contrattuale.
Non crediamo che questa nostra, per le problematiche rilevate, sia semplicemente una delle poche “voci fuori dal coro” dei Medici: siamo convinti che alla maggior parte dei Colleghi, nell’entusiasmo conseguente alla prospettiva di cessazione di quella “responsabilità contrattuale” passata in assoluto silenzio al suo esordio, e poi rivelatasi una marea montante inarrestabile a danno finale degli stessi cittadini, siano sfuggite alcune perfettibilità del DdL.
Al Relatore del DdL, On. Gelli, chiediamo di voler considerare l’opportunità di risolvere, prima della sua definitiva approvazione, le criticità di un’iniziativa legislativa nel suo complesso convincente, ma che deve superare le difficoltà legate anche alla stratificazione legislativa intervenuta nel tempo sul tema affrontato, affinché non divenga ulteriore causa di contenzioso nei Tribunali.
Alessandro Vergallo
Presidente Nazionale AAROI-EMAC
Fabio Cricelli
Vice Presidente Vicario AAROI-EMAC
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