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Venerdì 30 OTTOBRE 2015
Medici liberi professionisti. Indagine Censis-Adepp: “Sono solitari e fiduciosi nel futuro”

Solo un camice bianco libero professionista su venti (5,1%) condivide lo studio con uno o più colleghi. La quasi totalità sceglie invece di esercitare individualmente (92,3%). Quasi due camici bianchi su tre (64,2%) ritengono che nei prossimi cinque anni la loro condizione professionale migliorerà a fronte dei pochi (11,6%) che prevedono un peggioramento. 

Solitari e fiduciosi nel futuro. Sono i medici e dentisti liberi professionisti descritti dal Censis nell’indagine condotta per l’Adepp, l'Associazione degli Enti previdenziali privati, “I professionisti italiani chi sono, che cosa chiedono”. Dal rapporto del Centro studi spicca il dato sulla scarsa diffusione delle compagini societarie: solo un camice bianco su venti (5,1%) condivide lo studio con uno o più colleghi. La quasi totalità sceglie invece di esercitare individualmente (92,3%). Una propensione che si arresta al 78,7% dei casi nelle altre categorie.
 
Per quasi la metà dei medici e dentisti intervistati (48,3%) l’approdo alla libera professione è avvenuto dopo i 40 anni, diversamente dalla maggior parte degli altri professionisti che vi sono arrivati intorno ai 26-30 anni (41,6% dei casi). In linea con le altre attività professionali invece, circa uno studio medico su tre (30%) ha un proprio sito internet che in un caso su cinque (18,2%) viene utilizzato come leva promozionale.
 
Secondo l’indagine, gli effetti della crisi hanno colpito medici e dentisti in misura minore. Sono meno di un terzo (30,9%) i camici bianchi che negli ultimi due anni hanno visto diminuire il proprio fatturato, contrazione che nelle altre categorie Adepp ha toccato il 46,4 per cento dei casi. Nello stesso periodo invece, quasi un medico su tre (30,9%) ha visto aumentare il proprio giro d'affari contro un lavoratore su cinque (21,2%) delle altre professioni.
 
Dati che consolidano le attese positive della categoria per il futuro. Quasi due camici bianchi su tre (64,2%) ritengono che nei prossimi cinque anni la loro condizione professionale migliorerà a fronte dei pochi (11,6%) che prevedono un peggioramento. 

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