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Giovedì 15 OTTOBRE 2015
Emilia Romagna. “Il gioco d'azzardo patologico è curabile”. I suggerimenti dell'Ordine degli Psicologi
L’esperienza clinica ha dimostrato, sottolineano gli esperti, che “il trattamento dello stadio acuto e la prevenzione delle ricadute sono più efficaci quando si sommano due o più tipologie di intervento, come i gruppi terapeutici, la psicoterapia, l’uso di farmaci e inserimenti in comunità terapeutiche. Ognuno di questi interventi lavora, infatti, su un diverso aspetto del fenomeno complesso che è la dipendenza”.
Secondo i dati della Regione Emilia-Romagna, nel 2014 sono stati 1.277 i soggetti con patologie collegate alla dipendenza dal gioco in trattamento presso il Servizio sanitario regionale, il 15% in più del 2013. E se si prende in considerazione il periodo 2010-2013, l'incremento dell'utenza Sert per gioco d'azzardo è stato del 116,8%. Si stima, inoltre, che siano oltre 10.000 i giocatori d'azzardo sul territorio regionale. Il recente caso del promotore finanziario residente a Forlì che ha bruciato 9 milioni e 400.000 euro affidatigli per investimenti, è l'ultimo eclatante caso di un problema dalle proporzioni enormi. L'Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna interviene per favorire l'aumento della consapevolezza sul tema e per formulare alcune possibili soluzioni.
I giochi più diffusi sono: videolottery, videopoker, i gratta e vinci, il lotto e il superenalotto, i giochi al casinò, le scommesse sportive o ippiche, il bingo, i giochi on-line con vincite in denaro. Oggi chiunque sia in possesso di un collegamento a internet e di una carta di credito può, potenzialmente, diventare un giocatore dipendente. Il gioco on-line è estremamente pericoloso da questo punto di vista perché, nel possibile isolamento della propria casa, il giocatore ha l’opportunità continua di accedere al gioco, che diventa in questo modo un rituale solitario e compulsivo.
In primo luogo bisogna comprendere da che cosa si riconosce il passaggio dal normale svago alla dipendenza. “L’insorgenza di quest'ultima è segnalata – spiegano gli psicologi - da persistente bisogno di giocare, aumento progressivo del tempo e del denaro impegnati nel gioco, investimento al di sopra delle proprie possibilità economiche, abbandono degli impegni quotidiani e compromissione progressiva di tutti gli ambiti della propria vita (la famiglia, il lavoro, il tempo libero…). In sostanza, l’intera esistenza della persona finisce per ruotare attorno al gioco d’azzardo”.
L’Ordine fa notare che spesso si gioca “per alleviare stati di malessere psicologico, preesistenti alla nascita del disturbo, come sentimenti di impotenza, disistima, ansia, depressione derivanti da problematiche personali o relazionali. Un giocatore dipendente è una persona in cui l’impulso per il gioco è incontrollabile, impulso al quale si accompagna una forte tensione emotiva e una incapacità, parziale o totale, di pensiero riflessivo e logico”.
Di conseguenza il ricorso a ragionamenti apparentemente razionali “ha la funzione, in parte, di lenire il senso di colpa e le angosce derivanti. Si può innestare e alimentare un circolo autodistruttivo in cui il giocatore dipendente, quando perde, giustifica il suo gioco ripetitivo col tentativo di recuperare le somme perdute e, quando vince, ripete il gioco affermando di dover approfittare della fortuna”.
Il suo stato psicopatologico “è accompagnato da una percezione temporale distorta, caratterizzata da un rallentamento o perfino un blocco del tempo e da una tendenza a percepire in modo distorto le sue sensazioni: tutto viene assorbito dal gioco. Talvolta questa condizione della mente è favorita da un consumo di alcolici o di altre sostanze che, associato al gioco, alimenta la perdita di percezione della propria condotta e della realtà”.
Come tutte le dipendenze, il gioco d'azzardo patologico è curabile. “L’esperienza clinica ha dimostrato – riferiscono gli psicologi - che il trattamento dello stadio acuto e la prevenzione delle ricadute sono più efficaci quando si sommano due o più tipologie di intervento, come i gruppi terapeutici, la psicoterapia, l’uso di farmaci e inserimenti in comunità terapeutiche. Ognuno di questi interventi lavora, infatti, su un diverso aspetto del fenomeno complesso che è la dipendenza”.
Lo psicologo che prende in carico un paziente dipendente spesso lavora in collaborazione con altre figure di cura. "In genere – concludono - la psicoterapia si concentra su uno o più di questi focus: aiutare il paziente a riconoscere il suo stato e a condividerlo con le persone a lui più vicine, perché possano costituire una rete di protezione; ricercare insieme al paziente il senso della dipendenza all’interno della sua storia personale e familiare; affrontare con il paziente gli aspetti della sua personalità che lo mettono maggiormente a rischio di ricaduta, aiutandolo a sviluppare processi che contrastino la dipendenza”.
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