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Giovedì 08 OTTOBRE 2015
Lazio. Aiop dopo chiusura casa di cura abusiva: “Il sistema è fuori controllo e genera abusivismo e mette a rischio salute pazienti”

Dopo il blitz delle forze dell’ordine nella clinica abusiva dove era ricoverato anche Duilio Poggiolini, il Presidente dell’Associazione Italiana Ospedalità Privata Jessica Veronica Faroni attacca: “Noi sottoposti a mille controlli non siamo messi nella condizione di poter operare ed erogare i servizi al meglio e altrove dilaga l’illegalità”. 

“Fa male vedere oggi sui giornali quello che la nostra Associazione denuncia da tempo: un sistema fuori controllo che genera abusivismo e mette a rischio la salute dei pazienti. Urgono interventi rapidi e risolutivi di riforma dell’intero sistema Rsa e dell’assistenza sociosanitaria del Lazio”. Così in una nota il Presidente dell’Associazione Italiana Ospedalità Privata (Aiop) Lazio, Jessica Veronica Faroni, in merito alla notizia apparsa sulla stampa relativa al blitz delle forze dell’ordine in una clinica abusiva in via Casalino a Roma.

“Va fatta chiarezza ed è ora di chiamare le cose con il proprio nome – spiega Faroni – perché spesso si fa molta confusione, anche sulla stampa, tra Rsa (che sono delle case di cura) e le case di riposo quelli che la gente in gergo comune chiama ospizi. Questa distinzione è fondamentale perché le nostre RSA sono autorizzate dalla Regione Lazio che stabilisce vari parametri, uno su tutti il personale, ed essendo appunto residenze sanitarie assistenziali, sono a carattere sanitario, medico e rispettano requisiti normativi e standard di qualità elevatissimi. Non da ultimo vengono controllate dalle Asl mediamente ogni mese. Le case di riposo sono altra cosa, sono autorizzate dai Comuni e hanno una missione diversa, socio-assistenziale, non hanno personale medico forniscono ospitalità ed assistenza, non cure sanitarie”.

“Il nostro settore sta vivendo una crisi senza precedenti – conclude la Faroni – e leggere che i parenti dei ricoverati nella clinica abusiva pagavano ogni mese dai 600 ai 1200 euro in nero ci ha fatto veramente trasalire: noi sottoposti a mille controlli non siamo messi nella condizione di poter operare ed erogare i servizi al meglio e altrove dilaga l’illegalità. Lottiamo quotidianamente per farci pagare quello che ci spetta dai comuni, che in alcune zone da 2 anni non erogano la quota a loro carico per i pazienti meno abbienti. E poi ci si mette anche la burocrazia, con lo spauracchio del nuovo modello ISEE: i parenti dei pazienti hanno paura e con la crisi che c’è preferiscono portarsi a casa i propri cari, senza la giusta assistenza sociosanitaria. Questo sistema va ripensato perché così com’è sta generando abusivismo, illegalità a scapito dei pazienti e del SSR del quale noi siamo parte integrante e complementare”.
 

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