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Mercoledì 09 MARZO 2011
Dialogo sui farmaci. Generici, le anomalie della “lista di trasparenza”
Promuovere il ricorso al farmaco generico può far risparmiare il Ssn e il cittadino. Ma alcune “opacità” della lista di trasparenza Aifa, possono trarre in inganno medici e pazienti ed essere d’ostacolo a una maggiore diffusione degli stessi generici. Se ne scrive diffusamente sul primo numero 2011 di Dialogo sui farmaci.
Farmaci generici – o equivalenti, termine adottato in Italia – fonte di risparmio per il cittadino che deve acquistarli così come per il servizio sanitario che può contare su principi attivi di provata efficacia che, grazie alla scadenza della loro protezione brevettuale, costano notevolmente meno del farmaco brevettato. Si tratta di medicinali ormai ben noti, il cui uso, da qualche anno a questa parte, va sempre più diffondendosi, al punto di essere diventati uno strumento importante di contenimento della spesa farmaceutica (l’ultimo rapporto dell’Osservatorio sull’utilizzo dei medicinali, l’Osmed, indica che questi farmaci coprono ormai il 30% dell’intera spesa farmaceutica pubblica). Non c’è quindi da stupirsi se il sistema sanitario cerca di incrementare quanto più possibile il ricorso a questi medicinali che in altri Stati europei (Gran Bretagna, Germania ma anche Francia) hanno già raggiunto quote rilevanti di mercato.
Eppure questi sforzi potrebbero rivelarsi poco efficaci. Stando almeno a quanto rivela la rivista Dialogo sui farmaci (edita dall’omonima Srl, di proprietà al 55% dell’ULSS 20 di Verona e al 45% dell’Azienda Ospedaliera di Verona) nel suo primo numero del 2011 che dedica all’argomento non solo un articolo ma anche un editoriale di Luigi Bozzini, componente del comitato editoriale e nome ben noto a chi si occupa di farmaci.
Ebbene, cosa sostiene il comunicato stampa con cui viene “lanciato” l’articolo sopra citato? Semplicemente che, nonostante la maggior parte dei generici sia gratuita (a carico del Ssn), il prezzo di alcuni di loro supera quello considerato rimborsabile dal Servizio sanitario. E, di conseguenza, per effetto del meccanismo del prezzo di riferimento, il cittadino che si trovi nella condizione di doverli utilizzare (sono tutti farmaci per i quali è necessaria la prescrizione del medico), sia costretto a pagare di tasca propria la differenza. Che nella quasi totalità dei casi è di pochi centesimi. Ma che per alcuni particolari prodotti, può giungere anche a qualche centinaio di euro.
Come mai avviene ciò? Gli esperti della rivista hanno preso in esame la lista di trasparenza che ogni mese l’Aifa pubblica e nella quale sono elencati tutti i generici a carico del Ssn in commercio: la lista in questione riporta principio attivo, tipologia, dose, numero di unità posologiche e prezzo di riferimento. Manca però il prezzo al pubblico. Il medico, al momento di prescrivere il farmaco, non può accorgersi della differenza di costo e quindi non può avvertire il paziente.
“È vero che il farmacista gli suggerisce il generico gratuito” si legge nel comunicato di Dialogo sui farmaci. “Ma il cliente spesso teme che non sia proprio lo stesso. E paga. Altro che trasparenza!”
Insomma, una vera e propria anomalia che rischia di far inceppare il sistema: per questo Dialogo sui farmaci ha pubblicato sul proprio sito la stessa lista, inserendovi ed evidenziando i prezzi al pubblico e l’eventuale differenza da pagare (http://www.dialogosuifarmaci.it/pages/view/la-lista-di-trasparenza).
Non è finita qui: l’analisi della lista realizzata dagli autori del’articolo ha mostrato come i principi attivi “generici” inseriti nella “lista di trasparenza” siano 224 che appartengono a 83 gruppi terapeutici differenti e contano in tutto 4052 medicinali. Di questi 3057 (circa il 76% del totale) sono totalmente gratuiti poiché hanno un costo uguale o inferiore a quello fissato dal prezzo di riferimento. I rimanenti 995 farmaci (il 24,6%) costano di più e chi li preferisce agli altri dovrà accollarsi la differenza.
Esaminando la banca dati SFERA che delle ricette Ssn raccoglie solo le informazioni su tipo di farmaco prescritto e quantità, si è scoperto che il 64% delle ricette riguarda proprio i farmaci più costosi che, si legge nel comunicato, costituiscono il 71% della spesa complessiva.
L’esempio riportato è quello dell’antiipertensivo ramipril di cui esistono in commercio 21 confezioni: diciotto sono gratuite mentre tre richiedono il pagamento di una differenza hanno la differenza da pagare (da pochi centesimi a massimo un euro). Ebbene, il 77% delle confezioni dispensate sono proprio queste tre più costose!
La ragione di questo fenomeno, stando a quanto si ipotizza sulle pagine della rivista veronese, starebbe nella mancata conoscenza da parte dei medici della differenza di prezzo. Ma anche della loro “affezione” ai farmaci di marca utilizzati per lungo tempo. Allo stesso modo – si legge – “i farmacisti non sono sempre così zelanti da informare i clienti circa le alternative a minor costo”. E, inoltre, non va dimenticato che le indicazioni terapeutiche dei generici sono spesso sottodimensionate rispetto a quelle del farmaco originatore. Le aziende produttrici, infatti, “devono avviare per ciascuna indicazione una pratica formale piuttosto costosa. Di conseguenza, per risparmiare, ne riducono il numero. E così un generico con dieci potenziali indicazioni terapeutiche finisce per riportarne solo due sul foglietto illustrativo”.
In questo modo si finisce col confondere i medici – ma anche i pazienti – e “si penalizza il mercato dei generici, che andrebbe invece sostenuto”. Dialogo sui Farmaci propone alcuni rimedi per ovviare a questi inconvenienti: si va dall’“esclusione dalla lista di trasparenza dei farmaci con prezzo superiore a quello di riferimento” a una “migliore informazione al medico” fino a una più utile “uniformità delle indicazioni terapeutiche dei medicinali”.
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