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Mercoledì 09 SETTEMBRE 2015
Farmaci. Su 100 euro di spesa del Ssn, quasi 30 tornano a “casa”
E’ il risultato di un case study di Crea Sanità/Tor Vergata che ha calcolato l’impatto sul fatturato Ssn della Novartis di ticket, pay back, Iva, tasse e sperimentazioni cliniche. Nel 2014 su 1,2 miliardi di spesa lorda del Ssn per farmaci dell'azienda circa 350 sono rientrati nelle casse dello Stato. LO STUDIO.
“Nella valutazione delle politiche pubbliche non sempre è adeguatamente considerato che gli interventi tesi al contenimento della spesa sanitaria, nello specifico farmaceutica, hanno effetti netti inferiori a quelli che in prima battuta sono attesi: vuoi per effetto del minor gettito fi scale che generano, vuoi per le regole adottate per la governance del settore (pay back e simili)”.
Parte da questa premessa il case study Novartis realizzato da Crea Sanità /Tor Vergata che giunge a una inaspettata conclusione: quasi il 24% della spesa farmaceutica lorda per i medicinali della multinazionale a carico del Ssn “torna” allo Stato grazie a ticket (117 mln), pay back (50,7 mln), Iva sui farmaci (170 mln) e altre imposte a carico dell’azienda (73,5 mln).
In sostanza spiegano i ricercatori del Crea guidati dal professor Federico Spandonaro di Tor Vergata, su circa 1,2 miliardi di fatturato Novartis derivante dalla vendita di farmaci a carico del Ssn, allo Stato e al Sssn ne “tornano indietro” quasi 300 (vedi tabella 1).
Ma non basta. A questi “risparmi” per il Ssn e lo Stato si aggiungono poi i risparmi derivanti dalle sperimentazioni condotte nelle strutture pubbliche, in quanto parte dei costi assistenziali relativi ai pazienti arruolati nei trial sono sostenuti dall’azienda sperimentatrice. In tutto circa 59 mln l’anno di risparmi per il Ssn che porta vicino al 30% il “ritorno” complessivo per lo Stato (vedi tabella 2).
“Il settore farmaceutico – concludono i ricercatori - è riconosciuto essere strategico per la crescita economica, rappresentando uno dei settori industriali storicamente più dinamici e, allo stesso tempo, “inelastici” ai cicli economici e per i Paesi a economia più sviluppata assume poi una importanza particolare, perché “gode” di una relativa protezione dai meccanismi di competizione di puro prezzo portati dai Paesi emergenti”.
“La perdurante crisi economica – osservano ancora gli studiosi del Crea - spinge peraltro tutti i governi a varare politiche tese a contenere quanto più possibile gli oneri pubblici legati ai sistemi sanitari. L’esistenza di un trade-off fra politiche assistenziali e industriali, ove si fronteggiano garanzie di accesso alle cure e opportunità di sviluppo economico, risulta quindi sempre più evidente”.
Nel caso in analisi – concludono i ricercatori - l’impatto effettivo netto sulla finanza pubblica risulta essere del 24-30% inferiore (a seconda delle voci che si ritiene di voler considerare) a quello desumibile dall’analisi della spesa pubblica lorda, senza considerare eventuali “meriti” che si ritenga siano attribuibili alla industria per la produzione di farmaci off patent”.
“L’effetto finanziario – aggiungono ancora - è quindi complessivamente rilevante e l’elaborazione condotta sottolinea come, nella formulazione e valutazione delle politiche sanitarie, sia importante tenere conto dei rischi di sovrastima dei benefici delle politiche di contenimento della spesa”.
Come a dire, scontando ovviamente che ci si trova di fronte a un singolo caso di studio limitato ad una sola azienda (ma sono state già annunciati altri case study), nella valutazione delle politiche di contenimento della spesa farmaceutica è bene considerare anche le ricadute in termini di conseguente riduzione del “ritorno” che ovviamente a fronte di un minor fatturato e minor spesa risulterebbe anch’esso ridotto.
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