quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 24 GIUGNO 2015
Lazio. Stop “di fatto” all’unificazione tra Ifo e Spallanzani. Bissoni: “Norme nazionali non lo consentono”

Lo ha sottolineato il subcommissario nel convegno organizzato dalla Cgil. La responsabile regionale Sanità del sindacato, Di Berto, chiede vengano predisposti "specifici programmi che partano dalla gestione del personale”. Flori De Grassi direttrice Salute del Lazio: “Gli Irccs faticano a costruire efficaci sistemi di valutazione del lavoro”. Marta Branca, commissario Ifo e Spallanzani: “Meglio parlare di integrazione che di accorpamenti”. 

L’ipotesi di accorpamento tra Ifo e Spallanzani “è di fatto sospesa poiché in questo momento il quadro normativo nazionale non consente l’unificazione. Si tratta, infatti, di due strutture specializzate che non rappresentano una sede universitaria”. Il processo di integrazione “prosegue comunque sotto il profilo amministrativo con un monitoraggio costante da parte della Regione. Esso risponde alla necessità di garantire una sostenibilità economica”. Anche perché “l’Ifo ha chiuso con un disavanzo di 54 milioni su poco più di 160, mentre lo Spallanzani con un buco da 20 milioni su circa 100”. E’ lo scenario tracciato dal subcommissario alla Sanità del Lazio, Giovanni Bissoni, nel corso del convegno ‘Il futuro degli Ircss pubblici nel Lazio’, promosso dalla Cgil Fp presso il Ministero della Salute in Lungotevere Ripa.
 
Il Lazio presenta una configurazione anomala in quanto è sede complessivamente di ben 5 Policlinici Universitari tra pubblici e di 7 Irccs, di cui però soltanto due pubblici. La particolarità del dato spicca, per esempio, se rapportata alla Lombardia dove sono stati riconosciuti ben 18 Ircss.
Bissoni, pone il dubbio “che tutti gli Irccs della nostra regione rappresentino effettivamente delle eccellenze”. Altro aspetto peculiare riguarda “la concentrazione esorbitante nell’area di Roma, che si rivela una vera e propria anomalia alla base della difficoltà a costruire reti. Anche perché, troppo spesso, si tende a confondere l’eccellenza con la grande complessità. Al contrario, in primo piano deve sempre collocarsi la qualità dell’assistenza”.
 
Il reale collegamento con la realtà assistenziale “consiste anche nella presenza a livello clinico – osserva Patrizia Di Berto, responsabile Sanità Fp Cgil Roma e Lazio – di medici capaci di recepire e comprendere a fondo il messaggio molecolare e cellulare o comunque la nuova tecnologia e di valutarne in prima persona il potenziale di traslazione clinica”. Gli Irccs necessitano quindi di “un sistema di valutazione del bilancio assistenziale dedicato considerando che l’innovazione, almeno nelle fasi di avvio, ha certamente un costo maggiore anche se finalizzato a lungo termine a un aumento globale dell’efficienza e dell’efficacia”.
Nodale quindi il ruolo dell’innovazione che, tuttavia, per Bissoni “non può ridursi esclusivamente all’ultimo ritrovato della tecnologia”. L’elemento caratterizzante degli Irccs “deve risiedere nella capacità di acquisire importanza in un sistema di relazioni e di consolidarsi come punti qualificanti di reti che, però, allo stato attuale si trovano ancora al livello della programmazione”. In questo senso la Regione “ha il dovere di chiarire il contesto istituzionale in cui operano gli istituti, ma serve anche una migliore sponda da parte delle strutture e dei professionisti”.

Non usa mezzi termini Flori Degrassi, direttrice regionale Salute e Integrazione sociosanitaria, per sottolineare che “negli Irccs lavorano tantissimi ottimi professionisti che però spesso sono slegati tra loro e faticano a interagire all’interno di un sistema, a creare un insieme strutturale”. Altra criticità segnalata è relativa “alla scarsa dimestichezza con i sistemi di valutazione e alla difficoltà di misurarsi con la convenienza economica”. Dinamica dovuta anche al fatto che “gli Irccs nascono sotto l’ombrello ministeriale e non riescono a interagire in modo proficuo con la Regione, generando un’asimmetria con il Ssr”. La proposta di gestione comune “ha proprio l’obiettivo di alleggerire il carico amministrativo e può consentire la costruzione di economie di scala sugli acquisti. Senza dimenticare che in assenza di bilanci in pareggio il riconoscimento di Irccs non può essere confermato”.

Non propriamente dello stesso avviso Di Berto che ritiene “sia necessario rimuovere le cause che hanno depauperato queste strutture nel tempo, disincentivandone il pieno utilizzo. Anziché prendere atto delle situazioni determinatesi come condizione che costringe verso soluzioni di innaturali accorpamenti, occorre predisporre specifici programmi che, a partire da una politica sul personale sia sanitario che sulla ricerca, ne rilanci il ruolo utilizzandone al meglio le potenzialità, correggendo errori del passato e consentendo l’ampliamento di capacità di risposta ai cittadini della Regione e non solo”.

Si colloca in posizione più mediana Marta Branca, commissario straordinario degli istituti Ifo e Spallanzani. “La sinergia tra istituti è uno dei fiori all’occhiello della nostra regione, ma gli Irccs devono conservare specificità e autonomia”. Ciò non toglie che “via siano aspetti da mettere in comune per migliorare la gestione delle personale e per velocizzare le legate alla ricerca. Ma anche per efficientare l’acquisizione di beni e servizi”. Nel complesso Branca invita però a “tener sempre presente che gli Irccs del Lazio sono eccellenze, come dimostrano anche i riscontri internazionali”. E a livello di gestione auspica che “più di accorpamenti e unificazioni, si parli di forte integrazione”.
 
Gennaro Barbieri

© RIPRODUZIONE RISERVATA