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10 MAGGIO 2015
Morbo di Crohn. Nei bambini gli inibitori del TNF aumentano la densità ossa

Uno studio USA ha registrato, nell’arco di un anno, l’efficacia degli inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF) alfa nell’aumento della densità e della struttura ossea di 74 bambini con il Morbo di Chron. 

(Reuters Health) - I bambini affetti da malattia di Crohn (CD) sottoposti a una terapia a base di inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF) alfa, mostrano miglioramenti nella densità e struttura ossea. È quanto emerge da una ricerca condotta dal Children's Hospital di Philadelphia (USA), su 74 bambini, di età compresa dai 5 ai 21 anni, che stavano iniziando ad assumere infliximab per curare il Morbo di Crohn. 

Al basale e ai 12 mesi dall’inizio del trattamento sono stati sottoposti a tomografia computerizzata quantitativa periferica (pQCT) alla tibia. Più di 650 bambini sani, partecipanti ad uno studio più ampio sulla salute ossea, sono stati presi come riferimento. I bambini con il Morbo di Crohn hanno una bassa densità ossea e notevoli deficit muscolari. Poiché gli anti-TNF-alfa hanno effetti avversi sul metabolismo osseo, obiettivo dei ricercatori era rilevare che i deficit nella densità minerale ossea (BMD) trabecolare e nell’area corticale mostrassero dei miglioramenti con il trattamento con questi tipi di farmaci. Rispetto al gruppo di riferimento, all’inizio della malattia i pazienti avevano punteggi-Z più bassi relativamente ad altezza, BMD trabecolare, zona corticale e area muscolare.

In 12 mesi, i pazienti affetti da Morbo di Crohn hanno mostrato significativi miglioramenti in tutte le aree. Inoltre, i pazienti più piccoli hanno fatto registrare punteggi - relativi alla BMD trabecolare più elevati, una maggiore crescita lineare e una più evidente guarigione dell’area corticale rispetto ai soggetti più grandi (per entrambi p<0.001).  I ricercatori hanno rilevato che, ad esempio, nei piccoli malati il cambiamento medio relativo all’altezza era di 4,9 cm. Tuttavia, dopo un anno, i punteggi relativi all’altezza erano rimasti più bassi rispetto ai partecipanti al gruppo di riferimento. Inoltre, i punteggi sulla BMD trabecolare nei 12 mesi erano aumentati, ma si registravano ancora deficit significativi. Durante l’induzione degli inibitori, il livello di fosfatasi alcalina osseo-specifica era aumentato in media del 75% ed era risultato associato a miglioramenti dopo 12 mesi nei punteggi relativi all’area corticale e alla BMD trabecolare (p<0.001 per entrambi).

Al momento del reclutamento, il 50% dei partecipanti aveva una forma grave di malattia. Tale percentuale è scesa al 6% al trascorrere di 10 settimane e al 7% ai 12 mesi. Alla fine dello studio, 67 partecipanti (91%) hanno continuato la terapia con gli inibitori del TNF alfa: 62 con infliximab, 4 con adalimumab e uno con certolizumab. "Abbiamo assolutamente bisogno di dati più a lungo termine per dire se questi cambiamenti nell’arco di un anno sono sostenibili, se i pazienti continuano a migliorare e infine se, somministrando a questi bambini farmaci biologici anti-TNF, si abbassa la percentuale di fratture”, ha concluso la dottoressa Lindsay Griffin, della New York University School of Medicine.

FONTE: Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, 2015

Anne Harding
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science) 

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