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Giovedì 12 MARZO 2015
Un selfie mentre si beve acqua per prevenire le malattie dei reni

L’iniziativa lanciata in occasione della Giornata mondiale del rene, sancisce il connubio tra SIN, Aned, l’Associazione nazionale emodializzati e il gruppo San Pellegrino, per promuovere la diffusione della conoscenza delle malattie renali. Dal 12 marzo, per un mese, per ogni fotografia inviata San Pellegrino verserà 50 centesimi per una guida educazionale per mantenere sani i reni.

Dopo la doccia ghiacciata di quest’estate, oggi può andare di moda un selfie mentre si beve acqua. E’ l’iniziativa lanciata in occasione della Giornata mondiale del rene che sancisce il connubio tra SIN, Società italiana di Nefrologia, Aned, l’Associazione nazionale emodializzati e il gruppo San Pellegrino, per promuovere la diffusione della conoscenza delle malattie renali, spesso trascurate e invece campanello d’allarme per le malattie di cuore. “Water selfie Campaign” ci accompagnerà per un mese e più dal 12 marzo e per ogni fotografia inviata al sito della SIN (www,sin.it), di Aned (www.aned-onlus.it) e di www.hydrationalab.it, il guppo San Pellegrino verserà 50 centesimi per una guida educazionale con i principali accorgimenti per mantenere sani i nostri reni: dalla giusta e corretta alimentazione, all'idratazione, alla necessità di sottoporsi almeno ogni due anni a esami di base, alla ricerca della creatinina e dell’albumina, oltre all’esame delle urine. Con la guida, l'Aned potrà continuare per tutto l’anno a parlare di prevenzione renale nelle scuole e negli ospedali.
 
"Aned, dal 1972 - dice Valentina Paris, presidente succeduta al volto carismatico di Franca Pellini che per 40 anni ha guidato l’associazione - ha conquistato importanti diritti che hanno migliorato la qualità di vita dei dializzati e trapiantati quali: principio di invalidità, esenzione ticket, trasporti gratuiti, campagne per la donazione degli organi, legge 104 sulla disabilità. Oggi è impegnata nel promuovere una 'rivoluzione culturale' su tematiche quali la donazione di organi o l'adozione di nuovi stili di vita per affermare con successo la prevenzione".
 
Perché una campagna per le malattie renali? Ce lo ha spiegato Antonio Santoro, presidente della SIN e direttore dell’Unità operativa di nefrologia, dialisi e ipertensione del Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna, che in pochi dati ha riassunto il problema salute che riguarda questi due organi, che lavorano silenziosi finchè non ce la fanno più, senza lamentarsi. “La malattia renale - dice Santoro - è considerata una priorità nell’ambito epidemiologico, perché in Italia sottrae l’1,5% del fondo nazionale per la salute e riguarda il 7-8% delle persone, quindi 5-6 milioni di italiani, 50.000 dei quali sopravvivono sottoponendosi alla dialisi. E mentre un malato di reni costa 9.000 euro all’anno, il dializzato nel costa 50.000. La situazione potrebbe risolversi con il trapianto di rene, che una volta nella vita costa come un paio di anni di dialisi. Ma i dati sono ancora più sconcertanti se si pensa che le complicanze delle malattie renali sono le malattie cardiovascolari, prima causa di morte in senso assoluto. Se cerchiamo, quindi, di salvaguardare di nostri reni, mettiamo da parte anche un po’ di salute per il cuore”. Non per niente, infatti, la divisione di Santoro richiama l’ipertensione, una condizione molto diffusa che può originare anche dalla malattia renale. Quindi al primo segnale di ipertensione è opportuno sottoporsi all’esame delle urine e poi affidarsi allo specialista, nefrologo o cardiologo, senza però trascurare l’influenza sulle due branche della medicina.

Ma come intercettare la malattia renale, prima che sia troppo tardi? “Non è facile - aggiunge Santoro - perché i segnali sono molto comuni ad altre malattie, ad eccezione dei calcoli. E se pensiamo al lavoro dei reni che è quello di eliminare le scorie e l’acqua e i sali in eccesso, appare chiaro che ciò che conta è lo stile di vita. Obesità, alimentazione sbagliata, ipertensione, diabete sono fattori di rischio per le malattie renali perché sono condizioni che impegnano molto i reni. Anche lo scarso grado di idratazione è dannoso per i reni, come pure la sedentarietà: quindi, attività fisica per mezz’ora al giorno, dieta prevalentemente vegetariana e ripristinare le scorte di acqua dell’organismo con bevute di acqua sono un toccasana per i reni”.
 
L’invito a bere più acqua non è dunque un palliativo. Chi beve poco sottopone i reni a un maggior lavoro di filtraggio e riduce l’apporto di acqua a tutte le cellule dell’organismo, comprese quelle del cervello. Del resto sappiamo che il nostro organismo è composto prevalentemente di acqua (60%) e quindi l’ìnvito del dottor Giorgio Battaglia, primario di nefrologia all’ospedale di Acireale, è di bere almeno tre bicchieri di acqua appena alzati e poi proseguire nella giornata fino a bere un litro e mezzo di acqua, oltre a quella contenuta negli alimenti. “Siamo esseri viventi - spiega Battaglia - e possiamo vivere fuori dagli oceani proprio grazie ai reni che mantengono un sofisticato equilibrio tra acqua e sale. Da questa considerazione la partnership con il gruppo San Pellegrino per lanciare la campagna di mobilitazione e amplificare il più possibile il messaggio sull’importanza della prevenzione”.

A questo proposito corretto stile di vita e prevenzione passano attraverso un decalogo da tenere bene in mente: Attività fisica con regolarità, non fumare, mantenere il giusto peso, evitare dieta ipercalorica ad elevato contenuto di grassi e ridurre il consumo di sale, non eccedere nel consumo di proteine, evitare l’abuso di farmaci, in particolare antinfiammatori non steroidei, sottoporsi periodicamente all’esame delle urine, conoscere il valore della creatinina nel sangue, idratarsi correttamente ed evitare bevande diverse dall’acqua.

Ma il trapianto potrebbe risolvere i problemi dell’insufficienza renale? “E’ sicuramente una soluzione definitiva per il paziente in dialisi che deve ricorrere per tre volte alla settimana in ospedale per sedute di 4-5 ore - risponde Santoro - ma dei 7.000 malati in lista d’attesa, soltanto 1600 hanno ricevuto un rene nel 2014, il 4 per cento in più del 2013. E considerando che ogni anno entrano in dialisi 9.000 pazienti, molte migliaia resteranno senza trapianto".

A fronte di questa carenza sono sempre più numerosi i trapianti da vivente, che diversi ospedali hanno avviato, secondo procedure ben definite. Attualmente in Italia soltanto il 10% dei trapianti sono da vivente, mentre nel resto del mondo si arriva a percentuali del 30-40-50%. A questo proposito c’è da sottolineare che nel mondo e in Italia si sta affermando una tecnica che consente il trapianto da vivente anche tra persone ABO incompatibile, cioè un protocollo che permette la donazione di organi anche nel caso di diverso gruppo sanguigno fra donatore e ricevente. Ad inaugurare questo tipo di intervento sono stati gli ospedali di Modena, Padova e Niguarda a Milano. Proprio di recente a Milano una moglie ha donato uno dei suoi reni al marito in dialisi, anche se con sangue incompatibile, come si legge nel notiziario dello stesso ospedale. Lui 64 anni, lei 62, 40 anni di matrimonio funestati da una malattia renale policistica che ha costretto l’uomo prima a cure farmacologiche e poi a sottoporsi alla dialisi. Vista l’impossibilità di un trapianto da cadavere la donna ha deciso di donare il suo rene anche se incompatibile. “Normalmente per i trapianti d’organo serve la compatibilità del gruppo sanguigno per evitare le forme di rigetto, che comunque sono controllate con farmaci dopo l’intervento -ha detto Giacomo Colussi, direttore della nefrologia di Niguarda - ma in questo caso abbiamo sperimentato una nuova tecnica che consente di abbattere questa barriera con una preparazione mirata. Prima dell’intervento il ricevente viene sottoposto a una plasmaferesi, una pulizia del sangue dagli anticorpi che potrebbero favorire il rigetto. Parallelamente si applica una terapia immunosoppressiva per spegnere la produzione di anticorpi indesiderati. Dopo di che l’intervento, eseguito da Luciano de Carlis, responsabile della chirurgia generale e dei trapianti, che ha avuto esito positivo, con lo stesso successo dei trapianti da cadavere come confermano i risultati in termini di sopravvivenza. Con questa tecnica si possono ridurre le liste d’attesa e tra poco sarà eseguito anche un trapianto 'samaritano', cioè con donazione di organo da persona non consanguinea, consentito dalla normativa italiana purchè non vi sia costrizione o interesse economico". 

Edoardo Stucchi 

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