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Martedì 24 FEBBRAIO 2015
Radiologia. Non solo diagnostica, le nuove frontiere terapeutiche dell'interventistica

Dalla radioembolizzazione per la cura dei tumori primitivi e secondari del fegato all’angioplastica e stenting delle arterie degli arti inferiori per trattare ischemie da arteriosclerosi o diabete. Sono alcune delle metodiche a bassa invasività sotto i riflettori al X Campus a Pisa patrocinato dall’Icir e dalla Sirm

Corre veloce la trasformazione della radiologia interventistica diventata ormai non solo un’area multidisciplinare ad hoc, ma una vera e propria terapia nella cura di molte patologie. Si va dalla chemioembolizzazione e dalla radioembolizzazione per la cura dei tumori primitivi e secondari del fegato, alla scleroembolizzazione del varicocele fino all’angioplastica e stenting delle arterie degli arti inferiori per il trattamento della patologia ischemica da arteriosclerosi o da diabete. Tecniche a bassa invasività, rispetto a quelle chirurgiche standard, con risultati clinici incoraggianti.
 
Nuove metodiche che hanno tenuto banco al X Campus sulla radiologia interventistica organizzato a Pisa dalla Sezione di Radiologia interventistica della città toscana, in collaborazione con il Dipartimento di Radiologia diagnostica e interventistica diretto da Carlo Bartolozzi e con il patrocinio dell’Italian college of interventional radiology (Icir) e della Società italiana di radiologia medica (Sirm). Una manifestazione formativa alla quale hanno partecipato oltre 300 medici, la metà dei quali giovani medici in formazione. 
 
“Oggi la Radiologia Interventistica – ha spiegato Antonio Cotroneo, Presidente dell’Icir – ha assunto una funzione terapeutica in ambiti come l’oncologia, il diabete, l’ortopedia, consentendo di migliorare il decorso delle patologie e spesso aumentando l’aspettativa di vita”.  E così tramite l’utilizzo di biomateriali è, ad esempio, possibile iniettare particolari cementi in interventi di ricostruzione della colonna senza complicazioni legate alla lunghezza degli interventi stessi e abbassando di molto il rischio rispetto alle operazioni di una volta.
 
E ancora, i problemi legati alla microcircolazione causati dal diabete di tipo 2 che spesso comportavano l’amputazione del piede oggi si possono risolvere, il più delle volte salvando l’arto. Mentre i tumori come quello al pancreas, per cui non si erano sviluppate reali soluzioni terapeutiche, diventano approcciabili con nuove tecniche. E i risultati ha assicurato Cotroneo, “sono incoraggianti”.
 
E proprio alla luce di queste possibilità offerte dall’incontro di tecnologia e scienza “la Società italiana di radiologia medica – ha rilevato il presidente Sirm, Carlo Masciocchi – intende dare sostegno allo sviluppo e alla formazione di nuove professionalità che consentano di esprimere al meglio le potenzialità della nuova disciplina, soprattutto in favore dei pazienti”.
 
Sono molti gli ambiti dove la radiologia interventistica trova terreno fertile e che sono stati oggetto di studio nel corso del Campus: “Si va dalle nuove terapie loco regionali epatiche, in particolare le termoablazioni e le chemioembolizzazioni, all'ultima nata, la radioembolizzazione, per la cura dei tumori primitivi e secondari del fegato – ha spiegato Roberto Cioni, Direttore sezione Dipartimentale radiologia interventistica Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana – ma, come abbiamo potuto vedere grazie ad alcuni interventi live teletrasmessi in collegamento via satellite, è possibile rivascolarizzare pazienti affetti da diabete complicato, con ischemia critica del piede. Abbiamo visto che la cura mediante angioplastica delle ostruzioni arteriose ha concesso di salvare l'arto dei pazienti evitando un’amputazione certa”.
 
 
Ancora, durante il X Campus, si è discusso di emergenza urgenza. “Ogni giorno vengono eseguiti in pronto soccorso interventi di embolizzazione in pazienti con emorragia attiva – ha aggiunto Cioni –  la metodica di embolizzazione che usa fili guida e microcateteri permette di individuare dall'interno arterie lesionate e di chiuderle con mezzi meccanici che bloccano il sanguinamento all'istante. Questo sistema ‘idraulico’ evita interventi chirurgici demolitivi ad alto livello di morbilità e mortalità e consente di ridurre in modo significativo i tempi di degenza”. 
 
Ma le prospettive della Radiologia interventistica non si fermano qui: nuove possibilità si aprono per la gestione dello Stroke. Soprattutto “cresce l'importanza sempre più evidente della necessità di un approccio medico mini-invasivo e multidisciplinare alla patologia – ha quindi concluso Cioni – mini-invasività e multidisciplinarietà sono fondamenti della Radiologia interventistica”.

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