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Giovedì 12 FEBBRAIO 2015
Pronto soccorso/3. Quando si nega l’evidenza
Gentile direttore,
a leggere il recente intervento su Quotidiano Sanità del Direttore del Dipartimento di Emergenza della Città della Salute e della Scienza di Torino, nonché esperto Agenas per l'Emergenza sanitaria, sembrerebbe che tutti quelli, compresa la SIMEU, che hanno criticato la politica dei tagli lineari ed il drammatico calo dei posti letto, ritenuti il principale responsabile del fenomeno del boarding, cioè la prolungata presenza nei PS di pazienti per i quali non vi sono posti letto disponibili, siano dei visionari.
L’affermazione: “Non credo in nessun modo che la riduzione dei posti letto possa incidere sul sovraffollamento nei Pronto soccorso” è più unica che rara, soprattutto se viene da un esperto Agenas. Se fosse vera, dovremmo pensare che un DEA di un ospedale che subisce una drastica riduzione di posti letto, e di personale, in assenza di una contestuale riorganizzazione delle cure primarie, potrebbe non risentirne, grazie a “chimere organizzative” o a “flussi informativi”.
Una tesi bislacca che fa a pugni con le immagini dei DEA che in questi giorni, ma non solo, riempiono il web e le cronache dei giornali locali. Al di là dei problemi logistici e di organizzazione, che non mancano specie nel Centro-Sud, il punto è che i pazienti che il PS decide di ricoverare non hanno, pur in presenza di un calo del numero di accessi, un posto letto ad aspettarli in reparti ormai ridotti all’osso. E mancano alternative al prima ed al dopo l’ospedale, rendendolo un luogo dove è difficile sia entrare che uscire. Nella gerarchia delle cause seguono a ruota la carenza di personale, la maggiore complessità dei pazienti, un approccio più intensivo (e time-consuming) di pazienti in condizioni critiche, l’aumentato afflusso di accessi inappropriati, ritardi nella erogazione dei servizi (consulenze, radiografie ed esami), deficitaria assistenza domiciliare. In questo senso la quantità di letteratura scientifica e di analisi da parte di diverse Autorità Governative è enorme e concorde in tutto il mondo.
Basti vedere il dossier di Quotidiano Sanità dove viene ben evidenziato che se il settore dell’emergenza ospedaliera è sempre più in sofferenza lo si deve ad un “tridente” diabolico, nel quale gioca un ruolo centrale la ospedalectomia (Cavicchi), con la riduzione della dotazione di posti letto (- 71mila dal 2000 a oggi, ai quali il Patto della Salute ne aggiungerà altri 3.000 ) ed il blocco del turn over che impedisce il ricambio generazionale (quasi 24mila unità in meno nel Ssn dal 2009 ad oggi) con carichi di lavoro sempre più pesanti. E la mancanza del riassetto della assistenza territoriale.
Escludere a priori il ruolo della carenza di posti letto significa trasformare “le barelle” da prodotto in causa. Soluzione: sostituiamo le barelle con le sedie o con le sdraio. E per le soluzioni organizzative prevedere , grazie ai flussi informatici, “ l'accesso al Pronto soccorso, il ricovero appropriato nei tempi standard e la presa in carico da parte della rete territoriale”. Ergo, d’ora in poi si dovrebbe regolare l’accesso in DEA con previsioni e prenotazioni, come per le visite o le vacanze. E per migliorare la logistica “L’Obi (osservazione breve) non dovrebbe superare le 36 ore”. Allora multiamo quelli che superano tale limite e faciliteremo il turnover dei malati. O emaniamo una direttiva vincolante per accelerare le dimissioni dalle corsie (verso dove?). Soluzioni che sollevano di certo il morale del personale sanitario.
Se è “difficile immaginare di ampliare il personale per fronteggiare una maggiore domanda di salute per un periodo limitato di 2-3 mesi in concomitanza con l’aumento del picco influenzale”, per superare difficoltà che si ritengono contingenti, i direttori di dipartimento potrebbero, partecipare ai turni notturni per spiegare ai cittadini, con la autorevolezza del ruolo e della scienza, la inappropriatezzadegli accessi e consigliare un uso più oculato dei flussi informativi. Insomma, posti letto e personale non sono un problema. Medici e infermieri saltano i riposi (tutto l’anno e non solo 2-3 mesi l’anno) probabilmente perché non si sanno organizzare. Come i pazienti, che scelgono i momenti sbagliati per andare nei PS.
I corifei dell’aziendalismo ed i cultori della tecnocrazia preferiscono chiudere gli occhi per promuovere non-soluzioni con l’aria di chi descrive verità scientifiche. Dall’assalto ai forni ai garbugli degli avvocati. Sempre di Manzoni si tratta e sempre di più la sanità cambia era.
Gabriele Gallone
Esecutivo Nazionale Anaao Assomed
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