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Lunedì 09 FEBBRAIO 2015
La Fimmg e la convenzione. E’ il momento di “voltare” pagina
La minaccia dello sciopero da parte della Fimmg prima ancora di avviare le trattative per il rinnovo della convenzione mi rende perplesso. Ho l’impressione che si voglia respingere qualcosa avvertito come minaccioso e inevitabile ancor prima che la minaccia si materializzi
Una sorta di guerra preventiva, quella che si sta per consumare dopo l’annuncio della Fimmg di uno sciopero nazionale per il rinnovo della convenzione. Qualcosa di analogo è successo quando la Fimmg ha proposto di limitare la tutela pubblica ai soli indigenti e ancor prima la Simg, che ha proposto “l’universalismo parziale” teorizzando le cure primarie come “lea assoluto e prioritario” .
Ma cosa minaccia Fimmg e Simg al punto da indurle a guerre preventive contro il mondo e a proporre i loro interessi, come un prius assoluto ?
Ciò che le preoccupa è il rischio di essere costretti a cambiare la natura libero professionale della convenzione e di perdere l’autonomia del medico di famiglia.
Si sta avverando quella che il “matto”, a proposito di convenzione, da tempo sta dicendo (“ho la sensazione... che la sua storica intoccabilità prima o poi per tante ragioni intuibili sia destinata a finire”).(Qs 16 luglio 2013)
Quali le “ragioni intuibili” evocate dal “matto”? Tutte quelle “dell’atto di indirizzo” che le Regioni avanzarono già due anni fa prima fra tutte il definanziamento strutturale del sistema. La novità, diceva il “matto”, è che, ormai, per le Regioni non si tratta più di rinnovare la convenzione a costo zero confermandone la struttura, ma di ripensarla radicalmente soprattutto per compensare il pesante riordino del sistema ospedaliero che è in atto in tutte le regioni. (Qs 11 dicembre 2013).
Mi meraviglia quando la Fimmg chiede di sapere cosa hanno in testa le Regioni. Quello che hanno in testa è molto chiaro da tempo ma alla Fimmg non piace. Ricordo che all’atto di indirizzo, i medici di famiglia, reagirono parlando di “medioevo contrattuale”, di “frammentazione dell'assistenza territoriale”, di “sistema feudale” , di “servi della gleba”, di “funzionariato” e più recentemente a proposito degli orientamenti della Sisac, di “rottamazione”, ecc. (QS 6 dicembre 2013 - QS 11 gennaio 2015)
Secondo me la Fimmg si ostina a non voler capire, che se la medicina generale non si adegua ai contesti sanitari che cambiano salta per aria una intera politica di riordino con ricadute pesantissime sui diritti delle persone. Se non scatta il principio di contestualità o di concomitanza tra riordino ospedaliero e riordino del territorio di cui parlavo, nel recente articolo sul Piemonte, sono guai. Ma se non vogliamo prenderci in giro tutti sanno che è inutile parlare di territorio e di distretto senza porre mano al problema dei problemi che è sempre stato l’autarchia extra distrettuale dei medici di medicina generale. Oggi al rinnovo della convenzione i nodi vengono al pettine e a scontrarsi questa volta non sono le ragioni economiche ma due idee diverse di medico e di medicina generale, di territorio e di cure primarie .
Ma cosa chiedono le Regioni ai medici di famiglia? Sostanzialmente di applicare la legge sulla quale i medici a parole hanno sempre convenuto (art. 1 L.189/2011) cioè di aderire a un nuovo modello organizzativo multi professionali ed integrato inserito in una rete di servizi territoriali sotto la guida di una programmazione delle attività riferita ad un distretto con ben definiti livelli di spesa .
Ora rispondere con lo sciopero a questa richiesta, di puro buon senso, mi sembra soprattutto un grave errore politico e da parte mia inviterei la Fimmg ad essere meno intransigente. Guardate, amici miei, che vi state prendendo una responsabilità politica mica da ridere a meno che non pensiate di regolarvi sul “tanto peggio tanto meglio”, un postulato tuttavia che per essere dei medici non mi sembra il massimo della deontologia. Vorrei ricordare alla Fimmg il suo congresso del 2001, “la medicina generale nel terzo millennio” dove nella mozione finale compare la parola “ri-fondazione” legata alla riscrittura delle regole della medicina convenzionata (art . 8, D.Lgs. 502).
Perché la Fimmg non discute della proposta dello Smi per un “un percorso unitario di proposta e di protesta”? Sieda con gli altri al tavolo della trattative e accetti di ridiscutere le regole perché, piaccia o non piaccia, oggi non farlo,non è possibile, altrimenti va a finire male.
Detto ciò cerchiamo di delimitare la questione:non si tratta tanto di rinnovare una convenzione quanto di cambiarla per conciliare uno stato giuridico libero professionista con le nuove esigenze della sanità pubblica.
I punti di mediazione possibili che vedo sono tre:
· conciliare lo stato giuridico libero professionale con una nuova organizzazione del lavoro integrata entrando nell’ordine di idee di ridefinire il medico quale “autore” cioè di retribuire la responsabilità misurandola con gli esiti dando in cambio ampia autonomia;
· concordare una vera riforma delle cure primarie ridefinendo il sistema dei servizi a partire dal luogo di vita del cittadino, ripensando la medicina di base nel distretto e questo come una cerniera tra comunità e sanità;
· rendere giuridicamente vincolanti gli obblighi pattuiti tanto per i medici che per le aziende, in ossequio al principio espresso nel brocardo "pacta sunt servanda", prevedendo necessariamente la sanzione in caso di violazione degli obblighi, per i medici, della perdita della convenzione e, per le aziende, il licenziamento del direttore generale che non applica integralmente la convenzione in tutte le sue parti.
Rifletta la Fimmg su queste proposte ed eviti l’errore di vedere integrazione in antitesi ad autonomia senza pensare a come rendere compossibili le due cose. L’idea di “autore”, molto cara al “matto”, offre questo vantaggio perché dentro organizzazioni integrate, cioè nei confronti degli altri, si deve essere per forza tanto relativamente indipendenti che relativamente inter-dipendenti, l’importante e ripagare tanto l’autonomia che l’interdipendenza con dei risultati.
Quando penso alla convenzione dei medici di medicina generale mi viene in mente che i suoi problemi più seri sono sempre stati quelli dell’enforcement cioè dell’esecuzione degli obblighi previsti. I medici di medicina generale, con tutto il rispetto per questa professione storica e straordinaria, hanno dimostrato di essere scarsamente self-enforcing perché, diciamoci la verità, se avessimo attuato tutto quello che è scritto nelle convenzioni, non saremmo nelle condizioni in cui siamo. Ciò che oggi propongono le Regioni sembra chissà che cosa ma è ampiamente previsto da anni nella normativa di supporto al rinnovo delle convenzioni. Anzi c’è da chiedersi come mai le Regioni e quindi le aziende fino ad ora non hanno preteso l’enforcement dovuto attuando controlli, monitoraggi e applicando sanzioni.
Se la Fimmg resterà chiusa nel suo individualismo estremo,si pone all’intera sanità pubblica un problema grosso come un montagna. Non si può tranciare l’unica garanzia di tutela certa, quale è l’ospedale che con tutti i suoi difetti resta l’unica cosa sempre presente, senza compensare il fabbisogno di salute sul territorio con altrettante garanzie di tutela certe, costanti e presenti.
La Fimmg naturalmente è libera di scioperare come vuole, ma sappia che se le cose non cambiano allora si dovrà prendere atto che la convenzione è finita dal momento che non riesce più a soddisfare efficacemente i bisogni del sistema. In questo caso si tratterebbe di voltare pagina e offrire ai medici di famiglia due possibilità: accettare la liberalizzazione della convenzione o diventare dipendenti pubblici. Oggi il sistema non può più permettersi nessun tipo di solipsismo professionale.
Quello che mi auguro, buon senso a parte, è che prevalga un robusto e convinto spirito riformatore altrimenti non se ne esce.
Ivan Cavicchi
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