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Giovedì 22 GENNAIO 2015
La riforma della sanità toscana. Un progetto che non mi convince
Fin dalle motivazioni la proposta in discussione presentata dalla Giunta di Enrico Rossi appare sbagliata. L’obiettivo primario sembra il risparmio ma quello latente è passare da una gestione basata sul management ad una centrata sull’amministrazione dei costi
Tre anni fa Enrico Rossi il presidente della Toscana in piena estate esattamente il 9 agosto con i tagli lineari di Monti alle calcagna convocò un consiglio regionale straordinario sulla sanità e pronunciò le quattro parole magiche: rigore, razionalizzazione, riorganizzazione, ticket. Oggi con altri tagli alle calcagna, deluso dalla magia, Rossi tenta la carta del riordino. Non voglio esaminare in dettaglio la sua proposta che troverete ben descritta su questo giornale, a me interessa comprenderne lo spirito. Dietro a questa proposta ho trovato: un postulato sbagliato, un pensiero autoritario e una fraintesa idea di programmazione
Il postulato sbagliato
Abbiamo risorse limitate quindi ad invarianza di sistema si tratta di ridurre/accorpare le 12 aziende sanitarie in 3 aziende, una per ciascuna area vasta. L’obiettivo manifesto è certamente il risparmio ma quello latente implicito nell’obiettivo, è passare da una gestione quale management ad una gestione quale amministrazione dei costi.
Vi sono due modi di affrontare il problema del numero delle aziende:
· considerare le aziende come più livelli di realtà rispetto a più territori per cui si costruisce l’universo sanitario regionale decentrando il numero di aziende in rapporto al grado di decentramento dei territori;
· considerare le aziende come una realtà a più livelli rispetto a meno territori per cui si costruisce l’universo sanitario regionale accentrando un numero ridotto di aziende in rapporto ad un maggior grado di accentramento dei territori.
Apparentemente i due approcci sembrano variare solo per il numero di asl ma non è così. La differenza è tra un relativo decentramento e un relativo accentramento per cui:
· decentrare / accentrare implicano una governance completamente diversa, nel primo caso ad esempio il ruolo dell’assessorato è fondamentale, la programmazione è unica a livello regionale, e le singole aziende hanno un grado di autonomia maggiore nei confronti del sistema dei servizi; nel secondo caso il ruolo dell’assessorato si indebolisce riducendosi ad un banale coordinamento, molte sue funzioni sono riallocate altrove , si moltiplicano le programmazioni e le singole aziende hanno un minor grado di autonomia nei confronti dei servizi e di conseguenza a scendere anche i servizi e gli operatori;
· decentrare / accentrare sono approcci che abbisognano comunque di essere costruiti attraverso ben strutturati sistemi di relazioni cioè di transazioni interne ed esterne che in quanto tali costituiscono costi correlabili. La riduzione del numero delle asl ad esempio ,come dimostra la proposta toscana, deve creare nuove relazioni interne agli accorpamenti, nuovi incarichi di direzione, nuove responsabilità che garantiscano l’accorpamento stesso(reti interaziendali, dipartimenti interaziendali, direttori ecc) Sicuramente si risparmia riducendo soprattutto il costo del management ma nello stesso tempo si devono affrontare tutti i costi di transazione che l’accorpamento comporta e che non sono pochi.
Tra “governare più livelli di realtà” e “governare una realtà a più livelli”, è difficile dire quale sia la soluzione più giusta, entrambe possono essere giuste ma solo a certe condizioni e soprattutto chiarendo bene l’obiettivo. Passare da una visione relativamente decentrata delle aziende ad una visione relativamente centralizzata a sistema di servizi invariante vuol dire che l’operazione di riordino è solo sulla gestione e che il rapporto tra gestione e servizi si divarica. E questo non è bene.
Ad esempio le fusioni aziendali diversamente dalla proposta toscana non si limitano alla sola riduzione dei costi del management ma implicano economie di scala, nuove opportunità di mercato, accesso a nuovi capitali, investimenti in innovazione e ricerca ecc. In sanità il numero ottimale di aziende non dovrebbe essere relativo solo al conseguimento di risparmi sulla gestione ma anche ad una crescita di maggiori risultati di salute. Tutti son capaci di tagliare, quello che nessuno sa fare è rendere compossibile con un pensiero riformatore la salute con l’economicità.
Quindi la domanda non è quale delle due soluzioni sia la più giusta, ma quale sia la più conveniente rispetto ad un obiettivo dichiarato. Quale è l’obiettivo dichiarato della Toscana? Se si legge l’art. 1 è rendere compossibili la qualità dei servizi con la sostenibilità economica, se si legge l’art. 2 l’obiettivo è etico (salute, uguaglianza, umanizzazione e personalizzazione appropriatezza ed eticità delle cure; equità di accesso ai servizi ecc) ma se si legge l’intero capo 2 il riordino previsto si riduce ad un relativo accentramento della gestione cioè l’obiettivo vero è economicistico. E anche questo non va bene.
Un pensiero autoritario
Il cuore della proposta di riordino della Toscana è l’area vasta quale nuovo soggetto di governo e quale sede della programmazione strategica regionale. E’ come se la regione Toscana si articolasse in tre “cantoni” cioè tre sub regioni delegando alle loro direzioni l’amministrazione della sanità quindi passando da un governo della sanità unico regionale con un assessorato ad un governo della sanità federato attraverso tre sub-assessorati. L’obiettivo è assicurarsi certo l’attuazione della programmazionestrategica regionale (art 4) ma soprattutto “l’ omogeneità della metodologia organizzativa”.
In pratica il fine del riordino è quello di garantire omogeneità non dei risultati di salute ma soprattutto dei costi quindi il fine è garantire sostenibilità al sistema attraverso l’uniformità nelle spese.
Cioè Rossi che è il vero propugnatore di questa proposta, è convinto di due cose:
· che l’eterogeneità, la diversità, la specificità, la soggettività siano un problema di spesa se non una fonte di spreco;
· che la spesa sia essenzialmente una questione di controllo e che per controllare al meglio è necessario accentrare e omogeneizzare la realtà sanitaria;
Dalla proposta di riordino emerge quindi una visione totalitaria del controllo con una forte tinta autoritaria che revoca a dirigenti servizi operatori e cittadini qualsiasi rapporto di fiducia. I soldi sono pochi, le abbiamo provate tutte, non ci fidiamo più di nessuno siete solo capaci di spendere per cui è necessario che tutti stiano in riga secondo le linee strategiche della Regione.
La fraintesa idea di programmazione
L’area vasta, quale espressione di una logica totalitaria e autoritaria, comporta inevitabilmente un ribaltamento del significato operativo di programmazione. Questa non è più il mezzo che garantisce il diritto alla salute interpretando la specificità dei territori, le esigenze delle persone ecc, ma diventa l’imposizione di una offerta di sanità sostenibile rispetto alle risorse disponibili.
Vorrei ricordare che i principi della “programmazione dinamica”, (basata sulla divisione del problema in sotto problemi nel tentativo di trovare la migliore soluzione) ma anche quelli della “programmazione lineare”(risoluzione dei problemi attraverso forme di ottimizzazione lineari.) e ancora quella della “programmazione non lineare” (variabili reali incognite, con una funzione obiettivo da massimizzare o minimizzare), vanno in tutt’altra direzione. Se si vuole fare salute in modo compossibile con le risorse disponibili, è dal basso che si deve partire per riformare, non dall’alto e l’omogeneità non è uniformità come dice la proposta di riordino ma coerenza e appropriatezza nei confronti dei problemi della gente. Per esempio nel caso della programmazione dinamica la migliore soluzione è sempre un “cammino minimo”, nel nostro caso, tra i problemi delle persone e le loro soluzioni, ma il “cammino minimo” ha bisogno di decentrare la gestione dei problemi presso i luoghi delle soluzioni. Se le gestioni sono accentrate in aree vaste il cammino tra loro e i problemi da risolvere diventa massimo. E questo in sanità non va bene.
Quello di Rossi è un riordino al buio, senza alcun dato previsionale, che appare come una operazione poco meditata, ideologica, con l’obiettivo principale di garantire in modo autoritario controllo e uniformità.
Ivan Cavicchi
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