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Venerdì 27 GIUGNO 2014
Speciale farmaco biologico. Convegno in Veneto. Ecco gli scenari
Si è svolto a Venezia il secondo incontro promosso da Fondazione Charta. Istituzioni, medici, farmacisti ospedalieri e farmaco economisti si sono confronto sui molti interrogativi legati alla comparabilità clinica e all'interscambiabilità tra farmaco biologico e biosimilare. Per Coletto: “Attuate politiche di buon senso”
Regole stringenti per tenere sotto controllo i conti, ma comunque garanti della continuità terapeutica ai pazienti.
È questa in estrema sintesi la politica adottata dalla regione Veneto nella gestione del farmaco biologico e della sua opzione terapeutica, il biosimilare.
Il Veneto è delle tre regioni italiane, insieme a Toscana ed Emilia Romagna ad avere emanato documenti tecnici di valutazione scientifica sui diversi biosimilari. Con una linea d’azione chiara: i pazienti naive devono essere trattati con il biosimilare in una percentuale che non deve essere inferiore all’80%. Certo, il medico può anche decidere diversamente, ma la scelta somministrare ai pazienti naive il farmaco originator anziché al similare deve essere motivata.
E ancora. Nelle procedure pubbliche di acquisto dei medicinali biologici, biotecnologici e biosimilari, possono essere inseriti solo prodotti presenti nel Prontuario terapeutico ospedaliero regione Venetoe devono essere indicate esclusivamente la composizione, la via di somministrazione, le indicazioni terapeutiche e gli eventuali dosaggi.Nella valutazione dei fabbisogni, devono essere considerati separatamente i fabbisogni per i pazienti naive e i fabbisogni per i lotti dei prodotti non aggiudicati, per consentire la continuità terapeutica ai pazienti cronici già in trattamento. Inoltre la quota di confezioni di biosimilari in Distribuzione diretta, convenzionata e consumi ospedalieri sul totale delle confezioni di farmaci appartenenti alle categorie terapeutiche per le quali sono disponibili biosimilari (fattori di crescita granulocitari, epoetine, somatropina) deve essere superiore o uguale al 60%.
Tirando le somme, è una politica rigida quella che regola il mondo del Biologico e del biosimilare. Una politica che Luca Coletto, assessore alla sanità del Veneto ha però definito di “buon senso”. “La nostra non è stata una politica di forzature – ha detto – tant’è che abbiamo sempre cercato di concordare gli obiettivi anche con le associazioni dei pazienti e non abbiamo mai detto no alla continuità terapeutica. Abbiamo sempre agito senza preclusioni”. Certo le regole sono stringenti, ma ha anche ricordato Coletto le “scelte di bilancio sono imposte dall’alto”.
Ma dai clinici - nel corso dell’evento “Il valore del farmaco biologico tra continuità terapeutica e sostenibilità economica” organizzato a Venezia dalla Fondazione Charta con il patrocinio delle regione Veneto – continua ad arrivare un invito alla prudenza nel dispensare i farmaci biosimilari.
Almeno nei prossimi anni, anche se, come ha affermato Silvano Adami, Direttore UO di Reumatologia dell’Università di Verona “i benefici dell’entrata in scena dei biosimilari a lungo termine si vedranno”.
“La registrazione dei biosimilari è stata dettata per la prima volta non per esigenze rigorosamente scientifiche, ma anche di farmaco economia – ha spiegato nel corso del convegno a Venezia – ciò detto è evidente che il destino dei farmaci biosimilari sarà quello di entrare a far parte della pratica clinica. Certo, il processo non sarà immediato. Alcuni di questi farmaci probabilmente scompariranno perché si rileveranno inadeguati, ma altri invece si imporranno”. E questo per Adami è un processo che andrà globalmente a beneficio degli ammalati: “I risparmi prodotti ci consentiranno di trattare molti più pazienti”. Rimane comunque il fatto che nei prossimi due tre anni sarà giusto adottare molta prudenza e attenzione nella somministrazione dei biosimilari. “Dovremo monitorare il loro profilo di sicurezza ed efficacia – ha aggiunto – ma a lungo termine inevitabilmente si sentirà parlare prevalentemente di biosimilari”.
Per Pietro Giusti, Professore Ordinario di Neuropsicofarmacologia, all’Università degli Studi diPadova c’è un aspetto che bisogna sempre tenere presente: “produrre farmaci biologici è facile, ma produrre farmaci biologici in maniera corretta è molto difficile, e quindi produrre farmaci biosimilari corretti è ancora più difficile. “Pensare di avere due farmaci assolutamente uguali è impossibile – ha sottolineato – perché i batteri cambiano nel tempo, perché i processi di produzione mutano nel tempo, perché le condizioni di produzioni sono molto varie e quindi molto diversi. Perciò nessuno ci dirà mai che i biologico e biosimilare sono identici. Siamo quindi esposti ad effetti collaterali non ancora verificabili”.
C’è poi il grande problema dell’estrapolazione. “I dati di comparazione fin ora acquisiti si incentrano principalmente sull’artrite reumatoide, ma questa è una malattia molto diversa dalle altre. Bisogna quindi procedere con assoluta cautela”.
Favorevole alla somministrazione per i pazienti naive, ma contrario a uno swich automatico è Giacomo Carlo Sturniolo, responsabile del reparto di Gastroenterologia dell’Azienda Ospedaliera diPadova, che chiede però “le stesse garanzie degli altri farmaci in commercio”.
“In linea generale non sono contrario ai biosimilari – ha detto - e d’altro canto anche l’Ema ha riconosciuto la sostituibilità con l’originator ad esempio nella malattia di Crohn e nella colite ulcerosa. Una scelta assunta sulla base di esperimenti di laboratorio che hanno consentito di estendere l’indicazione in base ai risultati certi ottenuti nell’artrite reumatoide e nella spondilite anchilosante. Però originator e biosimilari non sono identici per questo servono ulteriori studi ad hoc. I nuovi biosimilari dovrebbero quindi andare incontro a un processo seppur sintetico di controllo della sicurezza del prodotto, perché l’efficacia è stata già verificata. Bisogna essere ‘open mind’, ma serve una certezza di dati sull’efficacia dei biosimilari. Per quanto riguarda poi l’aspetto economico non credo che noi spendiamo troppo, semmai spendiamo male”.
Cautela nel parlare di intercambiabilità tra biologico e biosimilare arriva da Andrea Matucci, Dirigente Medico del Reparto di Immunoallergologia dell’AOU Careggi a Firenze.
“Non conosciamo ancora la natura immunogenica dei vari biosimilari – ha spiegato – e questo è un aspetto molto importante in quanto l’immunogenicità intrinseca in questi farmaci può portare ad una perdita di efficacia del farmaco o all’induzione di reazioni infusionali. Allo stato attuale gli studi che riguardano l’immunogenicità dei biosimilari sono ancora ‘embrionali’, vengono infatti svolti solo in alcuni centri specializzati che dispongono di un’alta tecnologia ad hoc, e devono essere ancora valutati nei trials clinici”. In sostanza la valutazione clinica può non essere corroborata da analisi precise.
“Esiste inoltre un background da tenere presente – ha aggiunto – il biosimilare a causa anche delle modalità di produzionepuò essere non essere uguale all’originator, differenze seppur minime che il sistema immunitario percepisce. Inoltre, le sequenze amminoacidiche dell’originator non sono le stesse del biosimilare, o se sono le stesse possono avere comunque differenze di glicosilazione. Diversità fondamentali nella organizzazione della struttura del biosimilare che acquista quindi una immunogenicità diversa”.
Il risultato? Si va quindi incontro a problemi di swich oltre che di efficacia nelle diverse patologie. “L’immunogenicità è diversa a seconda delle patologie da trattare. Il morbo di Crohn è diverso dalla psoriasi e dalla colite ulcerosa. Credo quindi le istituzioni dovrebbero tenere conto di questi dati”.
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