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Martedì 17 GIUGNO 2014
Speciale ADA. Emoglobina glicata: nuovi obiettivi per diabete di tipo 1

L’American Diabetes Association rivede ‘al ribasso’ i target terapeutici per i soggetti con diabete di tipo 1. Un passo necessario per proteggere cuore e reni dalle complicanze del diabete, che si manifestano molto precocemente. La terapia e i suoi obiettivi vanno comunque personalizzati sul singolo paziente.

Un nuovo position statement dell’American Diabetes Association (ADA), presentato al congresso annuale, abbassa l’asticella per gli obiettivi di emoglobina glicata, nei bambini con diabete di tipo 1, recependo in questo modo le ultime evidenze scientifiche e allineandosi a quanto raccomandato dall’ISPAD (International Society for Pediatric and Adolescent Diabetes).così
 
L’ADA raccomanda dunque di mantenere l’emoglobina glicata sotto il 7,5% per i ragazzi con diabete di tipo 1 al di sotto dei 19 anni d’età, riducendo così  in maniera sensibile il target che in precedenza era inferiore all’8,5% per i bambini di età inferiore ai 6 anni, 8,0% per quelli di 6-12 anni e 7,5% per gli adolescenti. I target erano volutamente tenuti alti per paura delle conseguenze delle crisi ipoglicemiche in questa classe d’età, ma sono stati riveduti verso il basso alla luce dei nuovi studi che evidenziano come un’iperglicemia prolungata possa determinare complicanze precoci in ambito nefrologico e cardiovascolare, anche nei bambini e non solo in età adulta, come ritenuto in passato.
 
“Abbiamo preso atto dei rischi correlati all’iperglicemia prolungata e adeguato le raccomandazioni – spiega Jane Chiang, Vice Presidente Senior, Medical and Community Affairs dell’American Diabetes Association e uno degli autori del Position Statement dell’ADA – ma questo non significa che non siamo più preoccupati dell’ipoglicemia; oggi però abbiamo strumenti migliori per monitorare e gestire questa complicanza. Il target del 7,5% di glicata scaturisce dalle evidenze scientifiche ma ribadiamo che gli obiettivi glicemici debbano essere assolutamente personalizzati per ottenere i migliori risultati in tutta sicurezza”.
 
“Le persone con diabete di tipo 1 – sottolinea un’altra firmataria del Position Paper, la professoressa Anne Peters, Keck School of Medicine, University of Southern California – richiedono un trattamento insulinico intensivo, che le rende molto diverse da quelle con il diabete di tipo 2; per questa ragione questi soggetti devono monitorare la loro glicemia molto più frequentemente e hanno così bisogno di una maggior quantità di presidi; il diabete di tipo 1 insomma non è una malattia a ‘taglia unica’ ed è molto importante ricordarlo”.
 
Maria Rita Montebelli

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