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Lunedì 16 GIUGNO 2014
In Italia spesa pubblica per la sanità al 7% del Pil. Tra le più basse in Europa occidentale
La sfida nella riduzione dei costi dello Stato e delle Regioni non è il se o il dove. E’ il come. Ridurre i costi senza ripensare ai modelli organizzativi porta solo un degrado dei servizi resi alla collettività, come i tagli lineari hanno ampiamente dimostrato
E’ necessaria una normativa semplice, snella e trasparente con manovre o aggiustamenti oppure quello che ci serve è un cambio di orizzonte mentale, un nuovo paradigma economico, sociale e politico che rompa con gli schemi del passato? Per ripartire dobbiamo accantonare una serie di luoghi comuni e alibi che oltre impoverire il nostro dibattito hanno oscurato i veri problemi che attanagliano il Paese.
Un Paese in cui la battaglia da vincere è proprio quella contro le iniquità che non sono solo all’origine dell’ingiustizia sociale, ma rappresentano anche un freno allo sviluppo economico.
Portare l’equità al centro del dibattito politico, non significa creare un Paese di uguali, ma un Paese in cui le imprese riescono ad operare al meglio e le persone vengono premiate secondo le loro capacità.
Un Paese più giusto è un Paese che cresce di più, che riconosce il merito senza trascurare i più deboli e in cui tutti possiamo essere più ricchi.
Basta volerlo!
Superare l’antitesi più tasse e più servizi vs meno tasse con meno servizi.
Due slogan in contrasto che male si applicano alla realtà del nostro Paese, in cui la pressione fiscale su chi paga veramente le tasse è fra le più alte del mondo nonostante il livello dei nostri servizi, soprattutto la sanità, sia in molte aree sotto la soglia minima.
Credo che debba essere l’equità, e non l’eguaglianza di per sé, il vero motore di sviluppo economico e sociale che genera opportunità.
E’ probabile che per rilanciare il Paese non servono riforme, tagli, e investimenti, ma serve un cambiamento davvero radicale.
Servono meno tasse sul lavoro e una riduzione della spesa che non peggiori la qualità ed il livello dei servizi.
Dunque equità e shock culturale.
Certo si ritiene che sia possibile rendere la spesa sanitaria più produttiva, ma evitando di ridurre i propri costi mettendosi alla ricerca di prodotti e servizi a buon mercato e riducendo così i costi operativi.
Passando all’area di interesse, la sanità, osserviamo che la nostra spesa pubblica, pari al 7% del Pil, non è particolarmente alta, anzi è tra le più basse in Europa occidentale.
Gli inglesi spendono lo 0,7 % in più, i tedeschi l’1,3 per cento e i francesi il 2% in più.
I nostri conti sono quindi relativamente contenuti, nella certezza che la nostra macchina pubblica non sia particolarmente costosa, ma possiamo certamente spendere un po’ meno e soprattutto molto meglio.
Inoltre siamo il Paese con il minore tasso di crescita di spesa e con un disavanzo oramai praticamente azzerato.
La qualità in base a fattori direttamente ascrivibili al sistema sanitario, mostra risposte piuttosto preoccupanti, soprattutto se messe a confronto con quanto succede in Francia e Germania.
I nostri tempi di attesa per una Tac o per moliti interventi chirurgici sono decisamente più lunghi.
Il che potrebbe portarci a concludere che la Francia e la Germania offrono servizi migliori perché spendono di più, ma la verità e un’altra e cioè che da noi i servizi prestati variano in maniera impressionante non solo tra Regioni, ma anche all’interno della stessa Regione.
In sintesi si potrebbe affermare che a parità di input (risorse finanziarie) è possibile ottenere output con qualità e quantità di servizi molto diversi, con espressione aggiunta del management ed autonomia dai partiti politici.
La continua riduzione della spesa nel settore sanitario, ha lacerato il livello dei servizi in molte Regioni.
Lo stato di urgenza con cui ci si è mossi negli ultimi anni si è dimostrato un cattivo consigliere. La volontà di effettuare i tagli da subito ha portato a un approccio, fondato sui cosiddetti tagli lineari, ossia tagli più o meno omogenei e indiscriminati e soprattutto su tagli di risorse assegnate attraverso i budget senza provvedere a stilare contemporaneamente piani dettagliati per garantire gli stessi servizi a costi più bassi.
Ridurre i costi senza ripensare ai modelli organizzativi porta solo un degrado dei servizi resi alla collettività, come i tagli lineari hanno ampiamente dimostrato.
Le spending review, così come i tagli lineari, hanno fallito tristemente questa importante prova e non sono riuscite a incidere nel funzionamento della Pubblica Amministrazione.
In conclusione, la sfida nella riduzione dei costi dello Stato e delle Regioni non è il se o il dove. E’ il come.
Serve un nuovo metodo che garantisca un significativo abbassamento dei costi della macchina pubblica, senza che questo significhi un peggioramento qualitativo e quantitativo nell’erogazione dei servizi.
L’obiettivo anzi dovrebbe essere quello di aumentarli e migliorarli, grazie a una serie di principi che spero vengano presi al più presto in considerazione dai rappresentanti di Governo, evitando di continuare ad usare come unico parametro in sanità i costi, rischiando che la qualità e il livello dei servizi precipitino definitivamente.
Per evitare che il Sistema crolli la politica deve fare delle scelte, la politica deve fare il suo mestiere. E’ chiaro ai più che il SSN non garantisce la stessa equità ad ogni cittadino italiano. Non è solo una questione di governance, ma anche di risorse economiche. E a questo non deve rispondere il Ministero dell’Economia, ma quello della Salute che conosce le necessità e l’opportunità di innovare le tecnologie esistenti sul territorio. Il Ministro alla Salute lo ha detto chiaramente, no al ruolo preponderante del Ministero dell’Economia che deve limitarsi a verificare i conti.
Mantenere prioritaria la qualità dei servizi in una economia di Sistema è condivisibile. Come lo è la misurazione delle perfomance delle autonomie locali.
Anche l’importanza del management di qualità è un argomento oramai acquisito. Queste figure sono la garanzia per la sostenibilità del SSN, poiché sono in possesso di quella cultura necessaria per un sereno dialogo con le figure professionali sanitarie.
E’ bene ricordare che il tema della salute è al centro degli interessi dei cittadini e della civiltà di un Paese che si definisca tale. Civile appunto.
Non è più rinviabile l’argomento che riguarda le differenza tra il nord e il sud dell’Italia in tema sanità. E’ necessario un ruolo di più forte indirizzo e controllo da parte del Ministero competente.
In Italia chi fa sbaglia, non perché non riesce, ma perché ha cercato di fare.
Beppe Marchitelli
Presidente A.F.O.R.P. (Associazione fornitori ospedalieri Regione Puglia)
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