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Lunedì 09 GIUGNO 2014
Violenza. In Italia 800mila bambini a rischio. L’indagine dei pediatri
L’allarme arriva dall’Osservatorio nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss). Dall'indagine emerge che al 43% dei pediatri è capitato di segnalare violenze sospette ai servizi sociali, ma l’80% vorrebbe più competenze e informazioni per riconoscere e segnalare i casi di maltrattamento.
Bambini svogliati, demotivati, che iniziano ad andare male a scuola. Oppure con i segni di qualche “strano” incidente: una frattura, lividi, escoriazioni all’interno della bocca, bruciature ripetute. Sono segnali d’allarme di un possibile abuso in famiglia. Un problema che in riguarderebbe almeno 800 mila tra bambini e adolescenti.
A lanciare l’allarme è l’Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss), che all’International Pediatric Workshop appena concluso a San Pietroburgo ha presentato i dati di un’indagine condotta su circa 300 pediatri da cui emerge che spesso è il pediatra, oltre alla scuola, ad accorgersi delle violenze e segnalare il sospetto ai servizi sociali. Il 43% dei pediatri indica infatti di averlo fatto. Ma il 90% vorrebbe essere maggiormente aggiornato su cause, diagnosi e cure del maltrattamento minorile, l’80% non si ritiene competente e non conosce bene le leggi al riguardo, il 62% teme di non essere abbastanza tutelato in caso di sospetti non confermati e preferisce delegare agli esperti. Così, il 20% dei pediatri ammette di avere avuto sospetti ma di non averli segnalati nel timore di sbagliare
Già oggi i bambini e gli adolescenti presi in carico da servizi per il maltrattamento sono circa 100 mila, ma l’Osservatorio si stima che ve ne siano almeno altri 700 mila non denunciati, a rischio spesso nelle loro stesse case: l’autore dei maltrattamenti in otto casi su dieci è la madre, nel 10 % il padre.
“L’infanzia dovrebbe essere protetta dai genitori e da chiunque ruoti attorno al bambino – spiega Giuseppe Mele, presidente Paidòss – ma purtroppo spesso non è così e i casi di abusi, incuria e maltrattamenti non sono così rari come si potrebbe pensare: l’1% dei bambini e degli adolescenti è stato preso in carico da servizi per il maltrattamento e quasi il 10% viene considerato a rischio Nella maggior parte dei casi si tratta di bimbi piccoli, di età fra i 4 e i 6 anni; le femmine sono più spesso vittime di trascuratezza e abusi, i maschi di maltrattamenti. I segnali di qualcosa che non va sono numerosi: deve far insospettire un bimbo che ha uno scarso rendimento scolastico ed è pigro, svogliato, demotivato o al contrario troppo iperattivo o impulsivo, ma anche un piccolo che ‘cade spesso’ e riporta fratture, con frequenti ecchimosi e bruciature, con escoriazioni o lesioni a livello della bocca. Altrettanto indicativa la presenza di malnutrizione. I pediatri, infine, sollevano le antenne se capiscono che in famiglia la disciplina viene impartita attraverso punizioni corporali o e si rendono conto che i genitori non riescono a fornire dati precisi sul bambino, ad esempio sulla sua nascita e le sue tappe evolutive”.
L’indagine, che è stata condotta su pediatri di famiglia in piccoli paesi e grandi città ed è perciò rappresentativa della situazione nazionale, ha coinvolto medici con un’esperienza media di almeno 16 anni, perciò professionisti in grado di valutare le problematiche relative al maltrattamento/abuso in età pediatrica. Eppure, i pediatri ammettono di non saperne abbastanza: quasi il 60% non ha mai segnalato abusi, in controtendenza rispetto al resto del mondo dove le segnalazioni sono in aumento grazie a una sempre maggiore consapevolezza del fenomeno.
“Due pediatri su dieci – osserva Mele – ammettono di essersi trovati a sospettare un caso di abuso senza però averlo segnalato per paura di sbagliare: questo deriva soprattutto dalla mancanza di informazioni sull’argomento, visto che il 76% dei pediatri non ha mai frequentato corsi di aggiornamento sui maltrattamenti e appena uno su tre ha letto articoli sul tema. In realtà i medici vorrebbero avere più competenze: il 90% vorrebbe avere più informazioni su cause, diagnosi e cure per i minori maltrattati, l’86% non conosce bene le leggi sul tema, il 70% ammette di non avere tempo a sufficienza per poter valutare le situazioni familiari in maniera serena. Acquisire maggiori certezze potrebbe anche aiutare i pediatri a non avere più paura e indicare con maggior sicurezza i casi dubbi: l’80% si sente a disagio nel parlare con le famiglie di bambini maltrattati, il 62% teme di non essere tutelato abbastanza in caso di segnalazioni non confermate. Migliorare la formazione in tema di maltrattamenti e ridurre le difficoltà è pertanto indispensabile, anche se i pediatri, assieme alla scuola, sono la fonte delle segnalazioni in un caso su due, prima di genitori, servizi sociali, amici e parenti del bambino”.
“Il pediatra – prosegue Mele - è una “sentinella” della salute del bimbo e può sospettare casi di maltrattamento da molti indizi: dobbiamo aumentare le sue conoscenze in materia perché possa decidere se e come sporgere una segnalazione in modo sempre più preciso, puntuale ed efficace, a maggior ragione oggi che, per colpa della crisi economica, sono sempre di più i minori che vivono in condizioni di indigenza e di deprivazione sociale, situazioni in cui abusi e maltrattamenti sono purtroppo più probabili. Salvare un piccolo dagli abusi è indispensabile, perché le ripercussioni sono gravi e possono avere effetti negativi su tutta l’esistenza del bambino: un minore vittima di abusi e maltrattamenti sarà più spesso un adulto problematico, che un giorno potrebbe replicare sui propri figli gli stessi comportamenti. In una sua recente comunicazione – conclude Mele – il Garante per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza ha affermato, in merito alle indagini sui maltrattamenti avviate nel nostro Paese, che “il primo urgente obiettivo è arrivare a procedure standard di registrazione dei casi e a una omogeneità dei sistemi di classificazione”. L'indagine di Paidòss vuole perciò essere una testimonianza concreta, per avviare una formazione che renda omogenei ovunque comportamenti utili a far emergere il fenomeno dei maltrattamenti sui minori in Italia”.
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