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Martedì 06 MAGGIO 2014
Biotestamento. Il Consiglio di Europa: "Vincolante per i famigliari ma non per i medici"

La valutazione del medico, infatti, resta fondamentale. Soprattutto nei casi in cui il biotestamento è stato redatto quando ancora non c'erano soluzioni scientifiche poi diventate disponibili. Autonomia, beneficenza, non nuocere e giustizia" sono i principi che devono guidare il processo. LA GUIDA AL FINE VITA DEL CONSIGLIO D'EUROPA.

“I progressi della medicina, in particolare gli sviluppi della tecnologia medica, consentono oggi una vita più lunga e maggiori prospettive di sopravvivenza . Tuttavia, le malattie croniche o a progressione lenta danno luogo a situazioni complesse e stanno rendendo necessario il rinnovo del quadro in cui le decisioni vengono prese in cure mediche in situazioni di fine vita”. È per offrire un orientamento su queste situazioni che il Consiglio d’Europa ha lanciato una guida per compiere le scelte corrette nel processo decisionale relativo alle cure mediche in situazioni di fine vita. Quali sono i diritti per i pazienti terminali? In quale quadro etico e giuridico si inserisce il processo decisionale? Come e da chi vengono prese le decisioni riguardanti le cure mediche quando si tratta di stabilire se proseguirle o fermarle? Sono queste alcune delle domande a cui la guida, rivolta in primo luogo agli operatori sanitari, ma anche a pazienti, familiari e associazioni, si propone di rispondere.

“Abbiamo voluto proporre parametri relativi sia ai principi che possono essere applicati che alle pratiche in questo contesto, e contribuire, attraverso i chiarimenti forniti, alla discussione generale sul tema”.

Autonomia, beneficenza, non maleficenza e giustizia. Sono questi i quattro princìpi fondamentali che, secondo la commissione di bioetica del Consiglio d'Europa, devono ispirare i trattamenti medici nelle situazioni di fine vita perché siano rispettata la Convenzione europea sui diritti umani e la biomedicina. Principi che, secondo la commissione, “sono interconnessi e devono essere presi in considerazione insieme quando si parla della loro applicazione”.

Quindi sì all’autonomia, da implementare attraverso un libero e informato consenso. Ma per la commissione bioetica Ue “l’autonomi non implica il diritto del paziente di ricevere qualsiasi trattamento voglia, in particolare se si tratta di un trattamento considerato inappropriato. Infatti le decisioni sull’assistenza sanitaria sono il risultato di una conciliazione tra la volontà del paziente e la valutazione della situazione da parte di un professionista, che è tenuto al rispetto dei suoi doveri professionali e in particolare a quelli derivanti dai princìpi di beneficenza e non maleficenza, così come di giustizia”.

Del resto, sottolinea il documento “i principi di beneficienza e non maleficienza sono obblighi fondamentali del medico, che perseguono l’obiettivo di massimizzare i potenziali benefici e ridurre al minimo i danni derivanti al paziente dall’operato del medico. L’equilibrio tra benefici e rischi è la chiave di ogni condotta medica”. Ma tra i danni, la guida precisa che bisogna tenere in considerazione anche “quelli psicologici o derivanti dal mancato rispetto della privacy dell’individuo”. Detto questo, “il medico – si legge nella guida – è tenuto a evitare trattamenti non necessari o sproporzionati rispetto ai rischi”. In altre parole, “deve provvedere al paziente attraverso trattamenti proporzionati e conformi alla sua situazione. Anche evitando qualsiasi inutile sofferenza”, ricordando che “prendersi cura non significa solo somministrare una terapia”.

Quanto alla contestata questione dell’alimentazione e idratazione artificiale, per il Consiglio d’Europa “la sete e la fame sono bisogni primari che vanno sempre soddisfatti, a meno che il paziente non rifiuti acqua e cibo”.

Detto questo, per il Consiglio d’Europa se il paziente è capace di prendere parte al processo decisionale nessun intervento può essere effettuato senza il suo consenso. Nei casi in cui i pazienti non siano più in grado di decidere, assumono valore le intenzioni espresse in precedenza in forma scritta e autenticata da un legale. Tuttavia, pur essendo vincolanti per i ‘non medici’ (anche se i famigliari e gli amici devono essere, secondo il Consiglio d’Europa, informati e resi partecipi del confronto sulle decisioni), esse non rappresentano un vincolo assoluto per il medico. “È condiviso – si legge nella guida - che esistono alcune ragioni che autorizzano i medici a non seguire i desideri dei pazienti. Per esempio, quando sono state formulati troppi anni prima l'arrivo dell'incapacità o quando ci siano stati significativi progressi scientifici dalla data in cui erano state scritti, progressi che hanno un impatto significativo sul loro contenuto”.
 

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