quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Giovedì 08 MAGGIO 2014
Caso Avastin/Lucentis. Ma è veramente tutta colpa dell'Aifa? Le tappe di una polemica fino al parere (consegnato già a Lorenzin) del Css

La bomba esplode con la sentenza dell'Antitrust che condanna Roche e Novartis. Ma il caso dei due farmaci era già emerso nei mesi precedenti con diverse prese di posizione degli addetti ai lavori. Nel mirino, però, oltre alle due aziende, che hanno sempre negato ogni addebito, è finita anche l'Aifa. E ora è arrivato anche il parere del Css, che per il momento resta secretetato.

Il provvedimento dell’Antitrust per il presunto cartello volto a favorire l’uso del farmaco Lucentis a discapito dell’Avastin nella cura delle degenerazioni maculari non ha coinvolto solo Novartis e Roche, che hanno contestato fin dall’inizio la decisione, ritenendola infondata  e annunciando di volervi fare ricorso. Il nome dell’Aifa, pur mai menzionato dall’Antitrust, è entrato infatti anch’esso nell’occhio del ciclone a causa della decisione dell’Agenzia italiana del farmaco di escludere dalla lista dei farmaci off label l’uso dell’Avastin nella cura della degenerazione maculare.
 
Scelta supportata da ragioni scientifiche nonché legislative. Ma comunque aspramente criticata da una parte degli oftalmologi della Soi e delle associazioni di consumatori, secondo cui la scelta dell’Aifa avrebbe lasciato 90mila italiani senza una cura efficace. In realtà, la critica della Soi, ribadita anche recentemente, non riguardava tanto l’efficacia della terapia ufficiale per la degenerazione maculare – cioè il Lucentis – quanto il suo costo. Tuttavia, si sa, l’effetto mediatico che ottiene chi dice “90.000 cittadini rischiano la cecità per colpa dell’Aifa” è di gran lunga più imponente di chi afferma “L’Aifa ha agito correttamente a tutela del paziente”.
 
E poca risonanza hanno avuto anche le posizioni di chi ha ricordato in queste settimane che se il medico oculista, in scienza e coscienza e informando adeguatamente il paziente del fatto che si sta somministrando un prodotto oncologico  non studiato per le indicazioni oculistiche e con un profilo di sicurezza inferiore al Lucentis, decide l’utilizzo di Avastin in oftalmologia può continuare a farlo.  A ben guardare, però, le voci contrarie all’Aifa sono state di gran lunga minori rispetto a quelle che invece ne hanno difeso fortemente l’operato. Solo che queste ultime hanno avuto meno risalto nella pagine di cronaca.
 
Stessa cosa per le argomentazioni delle due aziende, in particolare di Roche, che ha sempre ribadito la correttezza del suo operato allineato non solo con la normativa nazionale ma con quanto deciso dalle autorità sanitarie internazionali e che nelle sue recenti comunicazioni (5 maggio e 7 maggio) ha attaccato la campagna di disinformazione che si sta operando a danno dei pazienti. Vale quindi la pena dedicarvi un lungo spazio per lasciare ai lettori la possibilità di conoscere e approfondire anche il punto di vista di chi pensa che l’Aifa abbia agito per difendere i malati e non certo per danneggiarli.
 
I primi a dirlo, in tempi non sospetti, furono i farmacologi della Sif (Società italiana di farmacologia), che nel luglio 2013, esprimendosi sul farmaco bevacizumab (Avastin) e ranibizumab  (Lucentis), sottolineavano come i due farmaci, “pur riconoscendo lo stesso bersaglio molecolare, ovvero le isoforme biologicamente attive del fattore di crescita delle cellule endoteliali vascolari di tipo A (VEGF-A)”, siano “molecole diverse da un punto di vista strutturale e farmacologico”. Inoltre i due farmaci presentano “differenze nella dimensione”, nello “stato di glicosilazione” e “nella presenza o meno della porzione Fc”, elementi che, evidenziava la Sif, “possono condizionare i profili farmacocinetici delle due molecole e possono tradursi in differenze clinicamente significative”. Non solo. I farmacologi sottolineavano come “lo studio più importante e più numeroso presente in letteratura (CATT) dimostra che l’effetto clinico dei due farmaci è sovrapponibile, ma il profilo di sicurezza è in parte differente. Vi sono diversi studi che hanno confrontato i due farmaci (head-to-head) sia in termini di efficacia che di sicurezza con risultati non sempre concordanti”.
 
La Sif ricordava infine che anche se si volesse considerare equivalente il rapporto beneficio/rischio dei due farmaci, il bevacizumab (Avastin) non è utilizzabile per le stesse indicazioni del ranibizumab (Lucentis) perché la legge n. 94 del 1998 vieta l’uso off-label di un farmaco per l’indicazione registrata di un altro medicinale disponibile in commercio. Inoltre, le modifiche e le integrazioni apportate al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (SMPC) di Avastin, da parte del Commettee for Medicinal Products for Human Use (CHMP) dell’EMA, che riguardano la descrizione di segnalazioni di gravi reazioni avverse di tipo sistemico, hanno indotto l’Aifa a disporre la rimozione dell’indicazione dell’uso intravitreale di Avastin® anche dalla lista ex legge n. 648 del 1996. In definitiva, per la Sif, “l’Aifa ha agito allo scopo evidente di tutelare la salute del cittadino, anteponendo questa a questioni di natura puramente economica”.
 
E a pensarla così non era solo la Sif. Lo ha sottolineato anche il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, intervenendo il 25 marzo scorso in audizione in commissione Igiene e Sanità del Senato. “Aifa – ha detto il ministro - nel dare il parere, si è attenuta a due parametri: il primo la norma sugli off label, il secondo è quello per cui noi siamo più vincolati ai pareri di Ema rispetto ad altri perché questo prevede la nostra disciplina. Alla fine Aifa ha preferito far prevalere il tema della sicurezza rispetto al tema dell’economicità”. Lorenzin  ha inoltre evidenziato che a tutte le domande poste all’Aifa sul tema dopo la multa dell’Antitrust, l’Aifa ha fornito sempre fornito risposte “supportate dal loro parere scientifico per cui Lucentis rimane un farmaco più sicuro per i pazienti”.
 
L’Italia, insomma, ha agito in conformità a quanto stabilito dall’ente regolatorio a livello europeo, già responsabile per l’Europa della sicurezza dei cittadini in relazione al consumo di farmaci.
 
A confermarlo anche una recente nota della Commissione Europea, che proprio esprimendosi sull’operato dell’Aifa nel caso Avastin/Lucentis ha ribadito  la corretta gestione della vicenda da parte dell’Autorità Regolatoria nazionale che, per la Commissione Europea, “ha agito nel rispetto delle regole e nell’interesse dei pazienti”. Peraltro l’Aifa ha contrattato in Europa il prezzo più basso per Lucentis, ossia il farmaco studiato e approvato per le indicazioni oftalmiche.
 
E proprio sul tema del prezzo e sulla comparazione tra quello di Avastin e Lucentis, due autorevoli rappresentanti della Società Italiana di Farmacia Clinica e Terapia hanno pubblicato un articolo che fa chiarezza sull’improprietà di un confronto relativo ad utilizzi e benefici clinici in aree terapeutiche differenti, come è il caso di Avastin, che è un farmaco oncologico, e Lucentis che è stato studiato e sviluppato in oftalmologia.
 
E se i farmacologi, le istituzioni italiane e quelle europee non fossero sufficienti ad assolvere l’Aifa, deve fare riflettere la “battaglia” nata in seno alla Soi (Società italiana oftalmologica), la più agguerrita delle voci contro l’Aifa, tanto da averne chiesto, per voce del suo presidente Matteo Piovella il commissariamento perché non adeguata a svolgere i compiti che istituzionalmente le sono stati assegnati. Una posizione, tuttavia, non condivisa da tutto il Consiglio direttivo della Società. Almeno a sentire Filippo Drago che, in una lettera a Quotidiano Sanità inviata all’inizio della vicenda, nel 2013, e in qualità di componente del Comitato di Etica della Soi, invitava Piovella a ritirare le sue dichiarazioni, definendole “tanto sgradevoli quanto infondate”. Per Drago, infatti, “l’esclusione del medicinale Avastin (bevacizumab) dalla lista ex legge 648/96 (dei farmaci off label, ndr) non è ingiustificata e priva di fondamento”, considerate “le segnalazioni di gravi reazioni avverse di tipo sistemico quali emorragie non oculari ed eventi tromboembolici arteriosi in seguito ad iniezione intravitreale di inibitori del VEFG” comunicate dall’Ema.
 
“In seguito all’uso intravitreale non approvato di Avastin - prosegue Drago - sono state, infatti, segnalate gravi reazioni avverse oculari inclusa la cecità permanente. La CTS, acquisiti gli aggiornamenti provenienti dal CHMP, ha quindi obbligatoriamente disposto la rimozione dell’indicazione dell’uso intravitreale di Avastin dalla lista ex legge 648/96 per gli usi ancora previsti e la predisposizione di un sistema di monitoraggio specifico per la raccolta dati di farmacovigilanza”. Insomma, anche Drago plaude all’Aifa, “il cui interesse primario è quello di tutelare la salute del cittadino garantendo l’accesso al farmaco e il suo utilizzo sicuro e appropriato.
 
Recentemente il Prof. Giovanni Staurenghi Professore Ordinario di Oftalmologia, Università degli Studi di Milano e l’oftalmologo Mario Cigada hanno fatto alcune considerazioni riguardo l’utilizzo dei farmaci anti-VEGF in oculistica. Dall’analisi degli esperti, emerge  come non sempre la rilevazione degli effetti collaterali dei farmaci risulti di facile esecuzione, a maggior ragione da quando in oculistica sono stati introdotti farmaci biologici (anticorpi monoclonali) per il trattamento di una serie di patologie retiniche. Se è indubbio, spiega il prof Staurenghi, che tali farmaci abbiano dato un contributo enorme nel trattamento di queste patologie, gli studi clinici esistenti sul tema hanno dimostrato la presenza di effetti collaterali sistemici gravi cui il medico oculista non era e spesso non è ancora abituato. Elemento che, si evince dall’analisi, potrebbe spiegare la relativa sottostima di tali eventi che si registra scorrendo i dati della rete nazionale di farmacovigilanza.
 
Gli effetti collaterali in questione, eventi tromboembolici cardiaci o cerebrali, perforazioni gastrointestinali, ipertensione arteriosa, sono i principali descritti e gli studi finora fatti in merito non bastano a verificarne la vera incidenza sulla popolazione reale, perché non sono stati dimensionati per verificare gli aspetti di sicurezza.
Le metanalisi, conclude il Professore, in questo caso possono aiutare e ad un recente congresso sull’angiogenesi oculare svoltosi a Miami, si è mostrato come i dati a disposizione consentano di evidenziare una maggior sicurezza da parte del ranibizumab vs bevacizulab (Avastin) off label.
Infine anche  i dati che arrivano da uno studio cinese condotto dai ricercatori del Dipartimento Olftalmologico del Fourth People's Hospital e del Dipartimento di Cardiologia del First Hospital of China Medical University di Shenyang, appena pubblicato sull’International Journal
of Ophthalmology
 
confermano la posizione di Aifa, e delle Autorità regolatorie internazionali, vale a dire che l’utilizzo di Lucentis è più sicuro e associato a un minor numero di eventi avversi rispetto ad Avastin off label nel trattamento della degenerazione maculare senile.
 
Questo, seppur sommario, è il quadro della situazione ad oggi. Le polemiche, come si è visto, sono tutt’altro che spente (basti pensare all’ultimo intervento del presidente Sio, Piovella dove si mette pesantemente in discussione l’operato di alcuni esperti intervenuti nel dibattito).
 
In attesa dell’approvazione del decreto legge sugli off label che modifica l’attuale normativa e di fatto rende più “facile” l’utilizzazione di medicinali per finalità terapeutiche diverse da quelle per le quali sono stati registrati, pensiamo però, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, che da parte delle istituzioni sanitarie debba arrivare una sorta di “verdetto finale” sulla questione. E ciò al di là degli aspetti sanzionatori insiti nella decisione Antitrust.
 
Un verdetto che potrebbe essere contenuto nel parere del Consiglio superiore di sanità, richiesto dal ministro della Salute il 5 marzo scorso, appena resa nota la notizxia della sanzione dell'Antitrust, e che ci risulta già consegnato a Lorenzin nei giorni scorsi, nel quale la massima assise di consulenza scientifica del Governo doveva “accertare, anche sulla base dei dati relativi ai pazienti trattati con AVASTIN in Paesi stranieri in cui tale farmaco è utilizzabile, se sussistano effettivi rischi per i pazienti e se si rinvengano obiettivi elementi da segnalare ad AIFA, unica autorità competente".
 
Alla fine, questa è la questione più importante.

© RIPRODUZIONE RISERVATA