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Giovedì 03 APRILE 2014
Lazio. No all’accorpamento “forzato” delle strutture complesse
Gentile Direttore,
ancora una volta mi trovo nella necessità di segnalarle una forte anomalia gestionale che si sta diffondendo a macchia d’olio nel Lazio, segno di un fraintendimento di funzioni, certamente non produttivo per un sistema già al limite della resistenza. Alla carenza organica cronica, cui si supplisce con il precariato dilagante, al ricorso alle esternalizzazioni anche di servizi e di assistenza “core” del sistema, con flusso di denaro al di fuori dal sistema e difficoltà di controllo sulla qualità delle prestazioni, un altro tassello nella destrutturazione del Sistema Sanitario Regionale si inserisce nel mosaico che si sta formando e che rapidamente dipinge il quadro sconfortante di un futuro incerto per l’assistenza ospedaliera.
Nelle aziende, dopo un blocco concorsuale di lustri per le posizioni apicali, in tutte le innumerevoli strutture rette fino ad ora da incaricati secondo l’art. 18 del CCNL, per capirsi i facenti funzioni di Direttore (i vecchi “Primari”), che con fatica e senza emolumenti reggono e mantengono la coerenza agli scopi delle strutture cui sono provvisoriamente preposti, in molti casi si sta affermando l’intenzione di attribuire l’incarico ad interim a “Direttori titolari” disponibili nella Azienda.
In pratica a Direttori di altre strutture, la cui gestione è già complessa e difficile. Questo non può che realizzare un improprio accorpamento di strutture e funzioni, del tutto avulso da un piano programmatico, scavalcando “di fatto” la stesura degli atti aziendali, che dovrebbero invece disegnare l’organizzazione delle aziende secondo necessità assistenziali e non amministrative o burocratiche, tanto meno in clima di emergenza. La confusione gestionale che si genera in questo modo non può che produrre un danno alla assistenza e un rischio per la sicurezza delle cure e dei pazienti.
Non è affatto chiaro il motivo per il quale si vuole aggiungere caos a caos nella già disastrata situazione del servizio pubblico. In questo modo si potrebbero creare ingestibili accorpamenti di strutture complesse, lasciando nei fatti senza direzione strutture che fino ad oggi hanno funzionato, in molti casi egregiamente, garantendo servizi essenziali per la salute dei cittadini.
Al contrario, è necessario affrettare le procedure per la stesura degli atti di organizzazione delle aziende, e basare su di essi l’eventuale ridefinizione delle strutture, valutando in tale sede le ipotesi di accorpamento o creazione di strutture indispensabili per garantire funzionalità ed efficacia ai servizi.
Questa tendenza a risparmi dagli effetti economici risibili può produrre guasti organizzativi e clinici importanti, sbaraccando realtà operative complesse e spesso altamente specializzate, nella logica distorta del perseguire l’omologazione dell’offerta assistenziale a discapito della qualità e della specializzazione della stessa.
Dopo che da anni tutti critichiamo la medicina difensiva come fonte di sprechi e di inappropriatezza, questa amministrazione “difensiva” può produrre danni ben peggiori, vanificando anni di esperienze gestionali e cliniche. Il grosso rischio è di innescare una disfunzione che potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso del sistema in asfissia.
Come abbiamo più volte offerto l’aiuto della nostra competenza, senza successo, alle strutture Regionali, ancora una volta cerchiamo di interporre una parola di ragionevolezza e chiediamo che, in attesa della stesura degli atti aziendali che definiscano con ordine e funzionalità l’erogazione dell’assistenza secondo bisogni e necessità, la Regione faccia sospendere queste procedure incaute alle Aziende Sanitarie e Ospedaliere, e che le stimoli invece a produrre quanto è utile alla difficile ripresa del Servizio Sanitario Regionale Pubblico.
Una volta definiti gli Atti Aziendali sarà necessario far ripartire le procedure concorsuali, per le figure apicali come per l’acquisizione del personale necessario a non far morire il sistema (anche il Ministro della Salute Lorenzin ha indicato la necessità impellente di rivedere il blocco del turn over alle regioni in piano di rientro), per dare ai Servizi la certezza di una Direzione stabile e non “appesa” ai capricci o alle interpretazioni “difensivistiche” delle Amministrazioni.
Stefano Canitano
Segretario regionale Lazio Fassid
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