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Mercoledì 12 FEBBRAIO 2014
Ginecologi e ostetriche. Ultimatum a Governo, Parlamento e Regioni: “Pronti a un nuovo sciopero per legge su responsabilità professionale e sicurezza Punti nascita”
Ad un anno dallo sciopero nazionale del 12 febbraio 2013 che paralizzò le sale parto italiane, le due categorie sono di nuovo in stato di agitazione. "Nessuna delle nostre richieste di allora, per una legge sulla responsabilità professionale e per l'applicazione del Piano nazionale punti nascita, ha trovato eco nelle istituzioni. Ora basta". Impegni precisi o sarà sciopero ancora una volta.
Il 12 febbraio dello scorso anno la ginecologia italiana, con il forte appoggio di tutta la classe medica, incrociava le braccia attuando il primo sciopero nazionale delle sale parto pubbliche e private. Due le richieste dell’epoca: messa in sicurezza dei punti nascita e una nuova legge sulla responsabilità professionale per limitare il contenzioso medico legale. A distanza di un anno nulla di quanto richiesto dai medici è stato attuato. Per questo i ginecologi e le ostetriche italiani tornano in stato di agitazione e si dichiarano pronti a un nuovo sciopero nazionale se Parlamento, Governo e Regioni non daranno risposte adeguate. Una posizione che ha già avuto l’adesione di numerose organizzazioni sindacali e associazioni scientifiche mediche.
La posta in gioco è alta. I ginecologi denunciano come la sicurezza delle pazienti che si rivolgono ad alcune strutture sanitarie per partorire sia a rischio. Le raccomandazioni previste dall’Accordo Stato-Regioni del 2010 - dalla chiusura dei punti nascita che effettuano meno di 500 parti l’anno alla guardia ginecologica e pediatrica attiva h24, fino ad un numero adeguato di ostetriche nei reparti e alla predisposizione di sale operatorie vicino alle sale parto - non sono applicati in tutto il Paese. Intanto si continua a morire di parto, come è accaduto la scorsa estate in Sicilia dove una donna ha perso la vita in un punto nascita che avrebbero dovuto chiudere già dal 2012, ma che ha continuato a operare nonostante tutto.
“Basti pensare che secondo gli ultimi dati disponibili del Piano Nazionale Esiti di Agenas-Ministero Salute relativi al 2012, sono 128 i punti nascita (su un totale di 536 strutture tra pubblico e privato) che effettuano meno di 500 parti l’anno (in Campania e Sicilia il numero più elevato) – spiegano -. A noi, sperando di essere smentiti, non risulta alcuna chiusura di questi presidi. Considerando che nel 2010 il ministro Fazio parlava di 158 punti nascita da chiudere o mettere in sicurezza perché con meno di 500 parti l’anno, da allora ad oggi se ne sarebbero chiusi in realtà non più di una trentina e cioè meno del 20%”.
A pagare un prezzo altissimo non sono solo mamme e bambini, ma tutti i pazienti che si rivolgono alle strutture che non sono adeguatamente attrezzate per affrontare le urgenze e nelle quali i medici e i professionisti sanitari sono costretti ad operare in condizioni di rischio, “senza il paracadute” delle moderne tecnologie e talvolta, anche senza le apparecchiature indispensabili per una moderna medicina. Tutto questo, denunciano i camici bianchi, impedisce ai professionisti di operare al meglio e con la dovuta serenità, esponendoli ai contenziosi medico-legali. Inoltre, la mancanza di tutele assicurative allontana sempre di più dalle sale parto e dalle sale operatorie i giovani medici, che non possono far fronte alle spese esorbitanti delle polizze che sono costretti a stipulare anche semplicemente per apprendere la professione.
Durante l’ultimo anno la questione della Responsabilità professionale in campo sanitario si è ulteriormente aggravata. Un numero crescente di aziende sanitarie non sta rinnovando la polizza assicurativa per la responsabilità civile, prevista dal contratto di lavoro e sta utilizzano sempre più spesso il “sotterfugio” della ‘auto-assicurazione’. “Con il semplice accantonamento di una somma modesta - spiegano i ginecologi - le Asl eludono il contratto di lavoro e non stipulano la polizza assicurativa, con la connivenza delle Regioni e tra l’indifferenza della magistratura. Inoltre, dovendo pagare gli indennizzi ai danneggiati con fondi propri, le stesse aziende cercano in tutti i modi di riversare sui medici la responsabilità sanitaria, ipotizzando regolarmente che abbiano commesso una ‘colpa grave’. I contenziosi alla Corte dei Conti aumentano e il medico, oltre che dal paziente, si trova a doversi difendere anche dalla propria azienda”.
La legge “Balduzzi” (189/2012) stabiliva che, su proposta del Ministro della salute, entro il 30 giugno 2013, venisse emanato il decreto del Presidente della Repubblica finalizzato ad agevolare l'accesso alla copertura assicurativa degli esercenti le professioni sanitarie. I tavoli tecnici che il Ministero della salute aveva convocato a questo scopo hanno concluso i loro lavori da oltre sette mesi e del decreto “non si vede traccia; e intanto le compagnie assicurative si ingrassano”.
In parlamento giacciono da mesi diverse proposte di legge sulla responsabilità del personale sanitario e non si sa quando verranno discusse. “La facilità con la quale si riescono ad ottenere degli indennizzi per presunti errori sanitari è arrivata ad un livello tale che la stessa rete televisiva nazionale fa passare degli spot pubblicitari che promuovono, senza anticipo, la denuncia di qualsivoglia esito non favorevole delle cure - hanno spiegato i ginecologi -. In pratica, i promotori dell’offerta sono convinti che riusciranno ad ottenere un indennizzo nella stragrande maggioranza dei casi”.
Intanto la medicina difensiva continua a sprecare ogni anno oltre 12 miliardi di euro.A tanto ammonta il costo della medicina difensiva, tra esami e interventi inutili effettuati di fatto solo per “auto protezione” da parte dei sanitari, nella speranza di evitare possibili contenziosi futuri con i pazienti e i loro avvocati. Spese inutili confermate dal Ministro della salute, Beatrice Lorenzin. Un fenomeno preoccupante che nessun provvedimento riesce ad arginare. Neanche la legge Balduzzi, infatti, ha offerto soluzioni. Le norme, come asseriscono gli stessi magistrati, sono sostanzialmente inutili, perché non innovano in alcun modo l’attuale legislazione non tenendo conto della specificità dell’atto medico e sanitario. La medicina non è una scienza esatta ed esiste un margine di rischio inevitabile in ogni atto medico, che deve essere considerato in sede giudiziaria.
L’ultimatum dei ginecologi. A un anno di distanza riscontriamo che nessuna delle nostre richieste ha trovato seguito – hanno dichiarato i ginecologi – anzi, per certi versi la situazione si è ulteriormente aggravata. “Per questo motivo, proclamiamo lo stato di agitazione della categoria e sollecitiamo Governo, Parlamento e Regioni all’assunzione di impegni concreti, con scadenze precise, per arrivare nel più breve tempo possibile al varo di provvedimenti che arginino le richieste di indennizzi per presunti danni da errori sanitari, che pongano un freno alla medicina difensiva, che ridiano la dovuta serenità, nella presa in carico del paziente, a tutti gli operatori della sanità e per la messa in sicurezza dei punti nascita e delle sale operatorie italiane - hanno concluso -. In mancanza di risposte adeguate ci riserviamo di organizzare manifestazioni sensibilizzanti e di proclamare lo sciopero”.
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