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Martedì 14 GENNAIO 2014
Per la rete hospice della Lombardia un nuovo salto di qualità. Ecco come

E' il sistema più capillare, complesso e integrato per quantità e qualità di Italia, ma necessita di nuovi standard assistenziali omogenei e di un modello di accreditamento orientato al possesso di potenzialità erogative globali e non settoriali. A partire dall'assistenza ai non oncologici e ai bambini. Una ricerca condotta da Eupolis Lombardia per conto della presidenza del Consiglio regionale

Dispone del sistema erogativo italiano di cure palliative più capillare, complesso e integrato per quantità e qualità, eppure le criticità non mancano: la Lombardia deve infatti dare applicazione alle norme che aprono la rete anche ai malati non oncologici ed ai minori, e soprattutto cercare di eliminare le duplicazioni e le difficoltà create dall'avere due modelli di gestione, che fanno capo alle direzioni generali di Sanità e Famiglia. A fare un punto sullo stato dell'arte è la ricerca 'Sanità: cure palliative per i malati terminali', condotta da Eupolis Lombardia per conto della presidenza del Consiglio regionale lombardo e presentata in un seminario il 13 gennaio al Pirellone.

Un sistema capillare. ''La Lombardia - spiega Daniela Gregorio, coordinatrice dell'indagine - ha l'offerta più complessa e maggiore rispetto alle altre regioni. La supera solo la Basilicata, che però è molto meno popolosa''. Secondo i dati presentati, i cittadini che ogni anno possono aver bisogno di cure palliative (cp) vanno dai 41mila ai 55mila in Lombardia, regione che conta il maggior numero di posti letto in questo ambito, pari a 1/3 di quelli nazionali. Complessivamente il sistema lombardo è costituito da 53 strutture residenziali accreditate, di cui 22 hospice socio-sanitari e 31 sanitari, e 37 centri per l'ospedalizzazione domiciliare cure palliative autorizzate (ma solo 26 attivati), oltre ad un numero imprecisato di enti per l'assistenza domiciliare integrata (adi) per le cp. Complessivamente sono attivi 662 posti letto in regime ordinario e 57 in day hospital. Tra il 2009 e 2011 negli hospice socio-sanitari sono stati assistiti 9.903 pazienti, mentre nell'unità operative cure palliative sono stati effettuati 27.249 ricoveri. Il sistema inoltre può contare su oltre duemila professionisti sanitari e socio-sanitari impegnati esclusivamente nella rete di cure palliative e su un volontariato attivo da oltre vent'anni.

Le criticità. Tuttavia, rileva la ricerca, non mancano i punti deboli. Primo fra tutti la carenza di hospice in alcune zone, come le aree di Varese, Lecco, Bergamo e Milano2. Poi c'è discrepanza tra le remunerazioni per i servizi di cure palliative domiciliari, mentre le tariffe per gli hospice sanitari e quelli socio-sanitari sono più simili, anche se inadeguate a coprire i costi reali. Una grave carenza riguarda il regime tariffario delle cure palliative pediatriche (cpp), attualmente remunerate con i drg della patologia che, proprio per il sistema di calcolo, non sono adeguate a coprire i costi delle degenze prolungate. Le degenze per cpp, paradossalmente, pur avendo costi maggiori di quelle per adulti, sono rimborsate meno, e manca un drg ad hoc per la terminalità. Mancano codici specifici per le prestazioni ambulatoriali di cp, e la presa in carico di cp è soggetta a un limite temporale di tre mesi, cosa che crea parecchie difficoltà, come evidenziano gli operatori. C'è inoltre l'indisponibilità del ricettario regionale prescrittivo per i palliativisti degli enti accreditati nei servizi di adi-cp e la scarsità di posti letto per le cure palliative per i bambini.

Cure palliative pediatriche. In Italia si stima che siano 11mila i minori tra 0 e 17 anni che necessitano di cure palliative pediatriche (cpp), come ha spiegato Ida Salvo, direttore del reparto di cure palliative pediatriche dell'ospedale Buzzi di Milano. ''Tra i bambini che necessitano di cpp - spiega Salvo - un terzo è affetto da patologie oncologiche, e 2/3 da malattie neurologiche, metaboliche, respiratorie, cardiologiche, malformative. Sulla base dei dati forniti dal ministero della Salute, è possibile stimare che in Lombardia siano 1668 i bambini a cui servono cpp, di cui 500 con tumore, 166 i decessi l'anno, di cui 50 in bambini oncologici''. Purtroppo l'assistenza a questi pazienti è spesso inadeguata, lamenta Salvo. I bambini infatti trascorrono molto tempo della loro vita ''in reparti ospedalieri non specialistici per adulti, oppure a casa dove la scelta di gestire la malattia cronica a domicilio ricade quasi sempre sulle famiglie, che si sentono troppo spesso abbandonate a se stesse. L'impatto - rileva - di questo tipo di malattie è notevole: un terzo dei nuclei familiari si disgrega dopo la scomparsa del minore e per ogni bambino inguaribile, ci sono più di 300 persone, tra parenti, insegnanti, compagni, vicini di casa, che devono modificare la loro vita''.

Il Buzzi dal 2010 si è adoperato per seguire, prima con assistenza domiciliare, e poi istituendo un posto letto dedicato per i bambini non oncologici, nella terapia intensiva pediatrica, un ambulatorio di cpp e dolore cronico, e da aprile 2013 con un letto di day hospital dedicato alle cpp. ''Attualmente seguiamo - conclude - 107 bambini provenienti da Milano e provincia (56%), altre province lombarde (27%) e fuori regione (17%). Un modello efficace, che ha ridotto i ricoveri in emergenza e permesso ai bambini di restare a casa il più possibile. Ma servono più posti letto dedicati nei centri specialistici e maggiore reperibilità telefonica h24''.

Proposte per il futuro. Sette i punti su cui intervenire per migliorare ulteriormente il servizio, secondo Furio Zucco, coordinatore lombardo della Società italiana cure palliative (Sicp). “Il primo è applicare le norme che aprono la rete di cp ai malati non oncologici, che sono oltre 13mila – spiega – e ai minori. Attualmente i malati non oncologici assistiti annualmente sono meno del 5%, a fronte del 50% dell'utenza potenziale”. Poi bisogna definire nuovi standard assistenziali omogenei su tutto il territorio regionale, sviluppare un nuovo sistema di accreditamento orientato al possesso di potenzialità erogative globali e non settoriali, e implementare un sistema di monitoraggio fra gli organismi regionali centrali e le reti locali. Infine, conclude Zucco, “va programmato un riequilibro quantitativo tra gli hospice e le cure a domicilio, fare analisi più approfondite in relazione all'intensità assistenziale e avviare progetti pluriennali di formazione continua per gli operatori e di formazione per la popolazione”.
 
Adele Lapertosa

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