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Venerdì 03 GENNAIO 2014
Competenze infermieristiche. Omnia mutantur, forse questo fa paura
Gentile direttore,
al centro di numerosi dibattiti noto che l’argomento delle competenze infermieristiche è al primo posto, tutti si sentono coinvolti in prima persona “Quot homines tot sententiae” ma mi chiedo tali opinioni sono costruttive o distruttive. Spesso una piccola scintilla ha innescato un grande incendio, ma se tale non fosse stata voluta dalla professione infermieristica, chi avrebbe messo in discussione l’attuale assetto assistenziale sanitario?
Forse l’odierna crisi è l’alibi per avviare il cambiamento o forse (e spero) nel professionista infermiere è maturata la consapevolezza dell’importanza (anche della nostra professione) nell'attuale riorganizzazione sanitaria, ricercando la vera autonomia espressa a livello normativo che è stata scarsamente ottenuta nelle attuali realtà lavorative.
Leggendo alcune lettere a lei indirizzate vorrei rispondere ad un paio di queste. Vorrei far osservare alla studentessa Eleonora Franzini Tibaldeo dei dati, per farla riflettere sulla situazione sanitaria attuale.
L'ultimo rapporto OCSE (2013), indica che in l'Italia c’è una percentuale di medici pari a 4,1/1.000 abitanti, contro una media OCSE di 3,2/1.000 abitanti e per quanto riguarda gli infermieri 6,3/1.000 abitanti, contro una media OCSE di 8,8/1.000 abitanti. Oltre a ciò il numero di persone con almeno una malattia cronica negli ultimi decenni è aumentato al 38,6% ( dati Istat 2012) questa trasformazione associata all'indice di invecchiamento della popolazione ha determinando un peso assistenziale differente che si è spostato dall'ospedale al territorio.
Oggettivando i dati elementari sopra riportati (comprensibili anche pur essendoci una radicale differenza formativa da lei espressa) rafforzano il progetto d’implementazione di nuove competenze infermieristiche che mirano a rispondere a questi nuovi bisogni manifestati dalla popolazione attuale.
Le competenze infermieristiche non sono ahimè la causa della scarsità di posti di lavoro di giovani medici, il rapporto OCSE forse fa pensare ad una saturazione del mercato? Esistono problemi differenti a mio modesto avviso che sono il movente del malessere riportato da questa studentessa; cito da cronache recenti e non, forse esiste una poca limpidità e trasparenza di alcuni corsi di specializzazione? Forse la presenza di Baroni nella Sanità/Università che impediscono a giovani e promettenti medici di crescere? non voglio entrare nel merito perché tale argomento non mi compete, ritengo che l'infermiere non è la causa di tutti mali augurando a Eleonora di non fare la fine del cappone manzoniano da lei citato.
Interessante poi è stato leggere la lettera del Dr Alessandro Vergallo (QS 02 Gennaio 14) la frase che mi ha colpito di più è la seguente: ”Con la lettera inviata al Ministro Lorenzin nessuno vuole impedire agli Infermieri di realizzare le loro legittime aspirazioni di crescita professionale”. Visto che la lettera inviata al Ministro è comprensibile a tutti poiché scritta in italiano, mi chiedo se probabilmente si siano invertite le lettere a causa delle feste di Natale e la lettera da lui citata sia inavvertitamente stata recapitata alla Befana.
Leggendo attentamente la teatrale rappresentazione della realtà di Armate Infermieristiche, Venti di Guerra e Infermieri burattini governati dal male oscuro, espressa in modo scrupolosamente ricercato dal Dr Alessandro Vergallo (che raffigura il bene imparziale) si nota non tanto la perplessità che l’infermiere specializzato possa essere preparato in modo adeguato e competente a rispondere alle richieste del paziente, ma la paura che qualche Infermiere possa valicare il confine nel prescrivere una pomata per una piaga da decubito o addirittura diventare “Direttore”.
In tale caso la plebe Infermieristica sarà colpevole di lesa maestà. “Omnia mutantur ” forse è questo che fa paura.
E come espresso da un mio collega Marcello Bozzi concludo anch’io con “Impegniamoci, crediamoci e proviamoci”.
Simone Maranesi
Infermiere magistrale
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