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Giovedì 21 NOVEMBRE 2013
Artrite reumatoide. La diagnosi precoce è la vera arma per contrastare la patologia

In occasione del 50° Congresso nazionale della società di reumatologia, la Sir ribadisce l’importanza della diagnosi tempestiva come prima arma per contrastare la progressione della malattia, un’infiammazione cronica che colpisce le articolazioni di 300.000 persone, prevalentemente donne in pre-menopausa.

Una diagnosi tempestiva è fondamentale per contrastare la progressione dell’Artrite reumatoide un’infiammazione cronica che colpisce le articolazioni di 300.000 persone in Italia, prevalentemente nelle donne in pre-menopausa. La patologia se non viene adeguatamente trattata ha esiti altamente invalidanti, che portano ad un conseguente grave decadimento della qualità di vita del paziente.
 
A ribadire questi concetti è la Società Italiana di Reumatologia (Sir) in occasione del 50° Congresso Nazionale della Società di Reumatologia, che si terrà a Napoli dal 27 al 30 Novembre.
 
La patologia, infatti, ha un esordio variabile, graduale o acuto, e si manifesta inizialmente con l’insorgenza di dolore e tumefazione a livello articolare, per due o tre giorni, per poi apparentemente scomparire. Nei mesi successivi, si osserva un graduale aumento dell’insorgenza dei sintomi nel tempo e alla graduale comparsa di danni irreversibili che, acutizzandosi, comportano una limitazione alla mobilità che può anche sfociare in gravi invalidità per la persona colpita.
 
“L’importanza di riconoscere la malattia ai suoi esordi - spiega il  Professor Marco Matucci Cerinic, Presidente della Società Italiana di Reumatologia, Ordinario di Reumatologia e Direttore della Struttura Complessa di Reumatologia dell’Aou Careggi di Firenze – è direttamente correlata alla possibilità di intervenire tempestivamente e, quindi, di evitare un aggravamento dei sintomi. Solo sfruttando la cosiddetta finestra di opportunità, cioè l’intervallo iniziale di tempo in cui l’applicazione di appropriate strategie terapeutiche può interferire positivamente con i meccanismi alla base della patologia, si può tentare di migliorare significativamente la prognosi nel breve, medio e lungo termine.
 
Essendo ancora oggi l’Artrite Reumatoide una malattia non guaribile, l’obiettivo del medico specialista è di ottenere una remissione dei sintomiattraverso una terapia farmacologica appropriata, cosa possibile sfruttando la “finestra di opportunità”. Recenti studi hanno infatti dimostrato che un trattamento di fondo, basato sulla somministrazione di farmaci ad azione sistemica (farmaci antireumatici modificanti la malattia Dmards) non biologici, quindi meno costosi e meno impattanti sul Sistema Sanitario Nazionale,  può portare ad un regresso della sintomatologia. Trattare le artriti iniziali con l’utilizzo di Dmard, quali il metotrexato o il lefluonomide, infatti, in 3-6 mesi di trattamento da buoni risultati in termini di remissione clinica e bassa attività della malattia.
 
La ricerca scientifica attuale, inoltre, ha portato alla luce un legame tra la carenza di vitamina D e l’aumento del rischio di insorgenza di alcune malattie autoimmuni, in particolare l’Artrite Reumatoide. Laddove è ritenuto opportuno, si può quindi intervenire con una supplementazione di vitamina D, affiancata alla terapia farmacologica, per ridurre il rischio o la severità della patologia. 
 
Un importante ruolo nel processo diagnostico viene svolto dall’utilizzo degli ultrasuoni, strumento fondamentale nella moderna diagnostica per immagini. La sensibilità di queste onde permette infatti di visualizzare con grande accuratezza l’infiammazione e la conseguente erosione articolare in ogni fase, sia al suo esordio che nel decorso, sia nella progressione che nella remissione. Grazie a questa tecnologia, unita alla diagnosi clinica da parte del reumatologo, è possibile instaurare le terapie più idonee adatte al singolo paziente.
 
“La diagnosi precoce - conclude il Professor Matucci Cerinic - risulta quindi essere la prima arma per combattere il decorso di malattie estremamente invalidanti e deve essere sostenuta dalla ricerca e dall’innovazione, a loro volta indirizzate verso il fine ultimo: il paziente”.

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