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Martedì 12 NOVEMBRE 2013
Epilessia mioclonica corticale. Scovato il gene responsabile
La scoperta è frutto di uno studio italiano: un difetto nel Dna altera la funzionalità della trasmissione del segnale elettrico tra i neuroni dei pazienti, e per questo la loro corteccia cerebrale risulta ipereccitabile. La ricerca è stata pubblicata su Annals of Neurology.
L'epilessia è una malattia di cui nonostante studi e ricerche si sa ancora poco. Ma qualche passo in avanti nella comprensione della malattia si sta facendo: ne è esempio lo studio italiano che ha permesso di identificare il gene responsabile dell’epilessia mioclonica corticale. La ricerca, coordinata dal professor Giorgio Casari, direttore del Centro di Genomica Traslazionale e Bioinformatica e professore ordinario dell’Università Vita-Salute San Raffaele in collaborazione coi ricercatori del Gaslini di Genova, del Meyer di Firenze e dell’Università La Sapienza di Roma, è pubblicata sulla rivista scientifica Annals of Neurology.
L’epilessia mioclonica corticale (ADCME, Autosomal Dominant Cortical Myoclonus and Epilepsy, oppure FAME, Familial Myoclonic Epilepsy) è caratterizzata da movimenti involontari ritmici alle estremità degli arti e frequenti crisi epilettiche. Esordisce nella 2^ decade di vita (ma l'età di esordio varia dagli 11 ai 50 anni), con lieve tremore corticale alle mani che peggiora con l'affaticamento, luci intense, episodi di ipoglicemia e stress emotivo. La malattia è trasmessa con ereditarietà autosomica dominante, ovvero un padre affetto genererà la metà dei figli affetti.
Attualmente la terapia prevede la somministrazione di antiepilettici e antimioclonici combinati che permettono un trattamento sintomatico.
Fino a poco tempo le cause genetiche della malattia rimanevano elusive. Solo negli ultimi anni lo staff del laboratorio di Neurogenomica del San Raffaele, diretto da Casari, studiando una famiglia che presentava questa forma di epilessia, aveva localizzato sul cromosoma 2 il gene causale della malattia, che ora è stato identificato. Si tratta del recettore adrenergico alfa2B (ADRA2B) che svolge un ruolo critico nella regolazione del rilascio di neurotrasmettitori da neuroni adrenergici.
Il lavoro pubblicato questo mese dimostra come la mutazione genetica alteri la funzionalità della trasmissione del segnale elettrico tra neuroni: il recettore mutante interagisce meno stabilmente con una proteina strutturale, detta spinofilina, che aumenta patologicamente la sua attività, da cui deriva l’ipereccitabilità corticale nei pazienti studiati. “Questo lavoro – ha spiegato Casari – dimostra per la prima volta il coinvolgimento del sistema adrenergico, ossia di quel sotto gruppo di neuroni che comunica o viene modulato attraverso questo neurotrasmettitore, nell'epilessia umana, ampliando le conoscenze molecolari di epilettogenesi e suggerendo nuovi possibili obiettivi terapeutici per la cura di questi importanti e disabilitanti disordini neurologici”.
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