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Mercoledì 03 LUGLIO 2013
Guerra: "In Italia la violenza sulle donne ci costa 2,4 mld l’anno"
E' quanto si spende ogni anno per costi diretti e indiretti causati da atti di violenza contro le donne. Lo ha rilevato oggi il viceministro al Lavoro e Politiche Sociali Maria Cecilia Guerra intervenendo al Convegno organizzato a Roma da Onda per presentare uno studio dell’Oms.
L’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da) ha presentato oggi, a Roma, i dati dell’Oms che danno una drammatica misura della violenza subita dalle donne: il 35% delle donne nel mondo è vittima di violenza fisica e/o sessuale da parte del partner o di sconosciuti; il 38% dei femminicidi avviene per mano del proprio compagno; il 30% dei maltrattamenti alle donne ha inizio in gravidanza e 1 donna su 4 è oggetto di violenza in questa fase della vita.
Le violenze, quando non portano alla morte, producono danni fisici e psichici gravi che si ripercuotono anche sui figli: i bambini che crescono in un ambiente violento hanno maggiori probabilità di sviluppare comportamenti di abuso di alcool e droghe, un rischio di suicidio 6 volte maggiore e spesso da adulti sono a loro volta oggetto e soggetto di violenza.
Per rispondere a questa realtà che è una vera “emergenza sanitaria mondiale”, l’Oms ha pubblicato nuove Linee Guida per una formazione specifica degli operatori sanitari, in maniera che possano adeguatamente accogliere le donne, riconoscere i segni della violenza e incoraggiare alla denuncia. Le mancate denunce sono infatti una quota altissima: il 24% delle donne che subiscono violenza tace completamente, e se la violenza avviene in famiglia la “scelta” del silenzio arriva al 33,9%, mentre solo il 7% denuncia alle autorità la violenza subita dal partner.
La situazione in Italia non è meno preoccupante: 124 femminicidi nel 2012 e 65 nei primi sei mesi di quest’anno, mentre, secondo l’indagine Istat del 2006, si stima che ci siano 6.743.000 donne tra i 16 ed i 70 anni vittime di abusi fisici o sessuali e che circa un milione abbia subito stupri o tentati stupri.
A introdurre i lavori del convegno, accanto alla presidente di O.N.Da Francesca Merzagora, è stata Sabrina De Camillis, sottosegretaria ai rapporti con il Parlamento, che si è detta felice di aver potuto offrire una sede istituzionale, la sala monumentale del palazzo di Largo Chigi, all’incontro “perché i palazzi della politica devono essere sempre più aperti alle iniziative positive della società”. De Camillis ha inoltre sottolineato la necessità di compiere interventi sempre più incisivi contro la violenza sulle donne.
E in questa stessa direzione è intervenuta Maria Cecilia Guerra, viceministra del Lavoro e delle Politiche Sociali che recentemente ha assunto anche la delega alle Pari Opportunità. “Intendo proseguire il lavoro impostato da Josefa Idem, che prevedeva la creazione di una task force trasversale ai diversi ministeri contro la violenza sulle donne” ha detto Guerra, ricordando come uno dei primi atti del Governo Letta sia stata la ratifica della Convenzione di Istanbul. Guerra ha poi proseguito analizzando le ragioni della violenza contro le donne, che risiedono nel persistere delle disparità di genere anche nel mondo del lavoro oltre che negli stereotipi culturali non sufficientemente contrastati. “Una vera azione di prevenzione – ha aggiunto la viceministra – deve muovere da un profondo ripensamento dei ruoli e delle relazioni tra i sessi. Ed è possibile trovare le risorse necessarie a compiere questi interventi, anche perché la violenza produce costi economici, oltre a privarci in molti casi delle risorse che possono venire dalle donne”. Nella sua veste di economista, Guerra ha quindi citato uno studio europeo che quantifica in 30-60 euro l’anno procapite il costo complessivo della violenza sulle donne (sommando i costi diretti, di assistenza, e indiretti, di mancato apporto): una cifra che rapportata al nostro Paese equivale a circa 2,4 miliardi di euro all’anno.
“Il Ministero dell’Interno si è molto impegnato in termini di contrasto e di prevenzione della violenza di genere – ha ricordato Isabella Rauti, consigliera per le politiche contro la violenza di genere – ed ha rafforzato la propria azione con l’istituzione dell’Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori (OSCAD) e con la partecipazione alla recente task force interministeriale, nella convinzione che solo una risposta multidimensionale e di sistema, delle Istituzioni e delle associazioni, renda gli interventi di settore più efficaci, per reprimere gli atti criminosi ma anche per quella necessaria rivoluzione culturale ed educativa contro ogni forma di violenza”.
I risultati del rapporto Oms sulla violenza subita dalle donne sono poi stati illustrati da Flavia Bustreo, vicedirettore generale Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità. “È impressionante – ha sottolineato Bustreo – che il 35% delle donne di tutto il mondo subisca nel corso della vita qualche forma di violenza, soprattutto da parte di mariti e fidanzati, e che il 38% dei femminicidi avvenga per mano del partner. I dati evidenziano come le donne esposte alla violenza dei compagni siano due volte più a rischio di depressione, quasi due volte più a rischio di dipendenza dall’alcol e una volta e mezzo più a rischio di contrarre malattie sessualmente trasmesse, come HIV, sifilide, clamidia e gonorrea. l 42% di coloro che hanno subito violenza fisica o sessuale ha riportato danni alla salute”. “Uno dei dati che sorprende maggiormente –– riguarda la diffusione del fenomeno nelle fasce ad alto reddito, che si attesta al 23.2%”, ha proseguito Bustreo, illustrando poi lo scopo delle Linee Guida dell’Oms per la formazione specifica degli operatori sanitari e rimarcando la soddisfazione per la ratifica da parte dell’Italia della Convenzione di Istanbul.
Ma come si può concretamente intervenire a sostegno delle donne che subiscono violenza? Su questo tema si è soffermata Francesca Merzagora, presidente O.N.Da: “I dati dimostrano come le donne devono essere aiutate a trovare la forza di reagire – ha detto – perché ad oggi il 33.9% delle donne vittime di violenza da parte del partner e il 24% di coloro che l’hanno subita da un conoscente o da un estraneo rimane in silenzio. Per questo, indulgenza e indulto previsti nel decreto sull’emergenza carceri, non dovrebbero riguardare casi di violenza su donne e bambini”. Merzagora ha inoltre ricordato la guida per operatori sanitari realizzata da O.N.Da, ‘Donne e violenza domestica: diamo voce al silenzio’, e l’iniziativa dei Bollini Rosa che premia le strutture dove sono attivati percorsi e servizi impegnati contro la violenza sulle donne: “Ci sono ospedali che hanno strutturato servizi di assistenza sanitaria, psicologica e sociale come la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e il Centro Riferimento Regionale Violenza dell'A.O.U. Careggi di Firenze. In altre realtà sono stati avviati progetti per creare una rete di supporto e assistenza attraverso l'integrazione ospedale-territorio, come in Puglia, Sicilia e Abruzzo. Le regioni con maggior copertura sono Lombardia e Piemonte, restano scoperte Molise e Basilicata. Ci auguriamo che questi servizi possano arrivare a coprire capillarmente il territorio italiano”.
Infine, Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatria, si è soffermato in particolare sugli abusi in gravidanza: “Se la violenza domestica sulle donne è sempre inammissibile, lo è ancor di più in gravidanza. I dati la indicano come la seconda causa di morte nelle donne tra i 15 e i 44 anni. Il 30% dei maltrattamenti ha inizio proprio durante il periodo della gestazione e 1 donna su 4 è tuttora vittima di abusi in questa fase della vita. Un dato preoccupante, cui si somma quello secondo il quale il 69% delle donne maltrattate in gravidanza continuino a subire violenze anche dopo la maternità. Le conseguenze vanno dal distacco di placenta a disturbi alimentari, da infezioni a problemi psichici, come disturbi d’ansia e del sonno, dall’abuso di alcol e farmaci a tentazioni suicidarie.”
”Anche per il bambino vi sono rischi drammatici – prosegue Mencacci – come la morte fetale, il parto pretermine, la poliabortività, nonché conseguenze psichiche pesantissime. Recentissimi studi di Mc Crory hanno infatti dimostrato che l'esposizione alla violenza domestica modifica alcune aree cerebrali dei bambini, con il rischio di sviluppare disturbi d'ansia. I fanciulli che crescono in un clima di violenza hanno il 50% di probabilità in più di abusare di alcol e droga, un rischio 6 volte maggiore di suicidio, più alte probabilità di sviluppare effetti di stress sul cervello e comportamenti delinquenziali e di essere a loro volta oggetto o soggetto di violenza”.
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