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Mercoledì 29 MAGGIO 2013
L’infermiere di famiglia: una figura indispensabile per il futuro del Ssn



Gentile direttore,
in qualità di presidente dell’AIFeC vorrei chiarire alcuni punti importanti rispetto all’Infermiere di famiglia e di comunità di cui si è parlato sul suo giornale negli ultimi giorni. Tale ruolo ha iniziato a svilupparsi negli Stati Uniti a partire dagli anni 60 per rispondere ai bisogni di assistenza primaria delle zone rurali del paese e si è subito configurato come profilo di competenze infermieristiche avanzate. Attualmente è diffuso e riconosciuto in molte parti del mondo.

L’OMS Europa ne ha ipotizzato l’introduzione in Europa nel documento programmatico “Salute 21” del 1998, auspicando che i paesi membri formassero entro il 2010 un numero sufficiente di infermieri specializzati. Molti stati membri hanno sviluppato tale ruolo, altri no.
La proposta dei collegi IPASVI del Lazio nasce da una lettura dei bisogni della popolazione e non dal bisogno di dare lavoro a giovani colleghi precari o disoccupati.

Riporto uno stralcio di corrispondenza di  uno studente di infermieristica che ci ha chiesto consulenza per la sua tesi di laurea: “…vorrei prima di tutto fornirvi il perché della mia scelta di trattare come argomento di tesi "L'infermiere di famiglia" in modo da chiarire il contesto da cui parto.
Da quasi sette anni lavoro presso l'Azienda ULSS ….. come Autista Soccorritore del 118. Nel corso dei vari anni di servizio ho potuto constatare personalmente come spesso molti nostri interventi e conseguenti ospedalizzazioni risultano essere inappropriate, ma inevitabili, a causa della mancanza di un adeguato sistema di assistenza territoriale. In particolare ho potuto notare come a volte l'assistito ed i familiari si trovano costretti a ricorrere erroneamente al 118 e al Pronto Soccorso per l'evolvere di situazioni che potevano essere facilmente prevenibili attraverso "semplici" interventi educativi in merito, per esempio, alla gestione delle terapie, mobilizzazione, attivazione di reti di supporto etc, ma soprattutto quello che risulta mancare è la conoscenza/possibilità di accedere in modo corretto alla rete dei servizi. Cimentandomi nell'avventura Universitaria del Corso di Laurea in Infermieristica ho potuto partecipare alle lezioni di infermieristica di comunità e ho trovato in tali nozioni la potenziale risposta ai problemi riscontrati in campo lavorativo.”

L’Infermiere di Famiglia e di Comunità va a colmare un vuoto attuale in cui i cittadini, ricevuta diagnosi e cura della propria malattia, si ritrovano soli ad affrontarne la gestione, perdendosi in un labirinto di richieste di prestazioni in cui manca il quadro d’insieme e in cui non vi è possibilità di lavorare nella prevenzione, soprattutto terziaria, indispensabile nel quadro di pluri-cronicità attuale.
 
Inserire  il ruolo dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità accanto al MMG, può essere determinante  per la sostenibilità del SSN, ma il presupposto affinché possa funzionare è che tale figura sia correttamente compresa, con un chiara visione del ruolo e un chiaro mandato, adeguata formazione post-base e  una motivazione personale sostenuta da opportuni meccanismi organizzativi e di riconoscimento professionale.
E supportata da un’adeguata rete di assistenza infermieristica territoriale.
 
Il nostro primo congresso nazionale tenutosi a Torino lo scorso 18 maggio si è aperto con i saluti della Presidente Nazionale dei Collegi Ipasvi, del presidente nazionale della SIMG e del presidente della SIICP e ha visto la partecipazione interessata dei MMG che stanno scoprendo la necessità di un nuovo approccio alla gestione dell’assistenza, ma tra le criticità è emersa  proprio la mancanza di una visibilità del ruolo e del suo inquadramento organizzativo  nell’istituzione di team multiprofessionali nelle cure primarie.

Unire forze e saperi, riconoscere le aree transprofessionali e collaborare ognuno con le proprie conoscenze, superare la logica della prestazione, serve prima di tutto a generare benessere e poi a diminuire i costi.

Il documento dell’OCSE sulle competenze infermieristiche avanzate riferisce quale criticità per lo sviluppo del ruolo i conflitti tra professioni, ma ha senso di parlare di conflitto su aspetti gestionali che non hanno nulla a che fare con il lavoro del Medico di Medicina Generale?*
Nel  centro  di cure primarie CASAP CAN BOU di Castedefeles, vicino a Barcellona, che ha un bacino d’utenza di circa 27000 persone, da circa dieci anni ogni cittadino registrato ha il proprio medico e la propria infermiera assegnata.  Gli infermieri si occupano principalmente di prevenzione  e di gestione della domanda, ma ricevono e trattano anche i pazienti che accedono spontaneamente al centro occupandosi di codificate patologie acute in cui sono risolutivi nel 74% dei casi.

I MMG che si occupano del restante 26% possono concentrarsi sul proprio lavoro in modo appropriato e con maggiore soddisfazione.
L’OMS afferma che "In alcuni Paesi la pratica infermieristica è limitata da requisiti inflessibili e inattuali che regolano le carriere e le modalità di impiego. I sistemi di regolamentazione devono essere flessibili e consentire agli infermieri di ridefinire la loro pratica per soddisfare i mutevoli bisogni di salute"

In tal senso spero si possa iniziare un cambiamento anche nel nostro Paese, perché è il momento di guardare lontano: abbiamo già oggi 7 famiglie su 10 che rinunciano alle cure perché troppo costose e un futuro prossimo di vecchi, cittadini  e operatori sanitari, la cui unica speranza è un SSN che rispetta l’articolo 32 della Costituzione, innovato, sostenibile, equo  e universale.

Nella cassetta della posta oggi ho trovato un regalo che ha attraversato l’Italia, dal Veneto al Piemonte: un libro scritto nel 2005 dal titolo “ Infermiera e medico di famiglia” Profili, metodi e proposte per un lavoro di squadra.
Ringrazio di cuore l’infermiera e il medico che lo hanno scritto.

 
 
Paola Obbia
Presidente Aifec
(Associazione infermieri di famiglia e comunità)
 
 
 
* Delamaire, M. and G. Lafortune (2010), “Nurses in Advanced Roles: A Description and Evaluation of Experiences in 12 Developed Countries”, OECD Health Working Papers, No. 54, OECD            Publishing.  http://dx.doi.org/10.1787/5kmbrcfms5g7-en

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