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Lunedì 22 APRILE 2013
Stamina. Anche l'Ema prende posizione sulle terapie cellulari

“Assicurare che tutti i pazienti abbiano accesso esclusivamente a trattamenti che rispettino standard qualitativi elevati” e soprattutto non si devono scavalcare “le autorità competenti nel controllo dei farmaci”. La vicenda Stamina non è nominata esplicitamente, ma il monito dell'Agenzia europea è chiaro.

È un tentativo di prendere di prendere parola sul caso Stamina, quello fatto dall’Agenzia europea del farmaco (Ema) oggi tramite un comunicato. La vicenda non è mai nominata esplicitamente, ma il riferimento all’uso di terapie a base di cellule staminali modificate per la cura di diverse patologie è chiaro: dal 2007 queste sono considerate come farmaci, e come tali devono essere sottoposte a tutti gli step di approvazione e sottostare alle norme di buona fabbricazione, prima di essere utilizzate. Una posizione che ricorda quella dei tredici esperti che scrissero una lettera aperta al Ministro Renato Balduzzi sulla vicenda Stamina e quella che ha ribadito anche oggi Eugenio Mercuri, direttore dell’Unità operativa complessa di Neuropsichiatria infantile del Policlinico A. Gemelli di Roma.
 
“Preoccupazioni sono state sollevate dai media riguardo alcuni trattamenti a base di cellule staminali, nuove tecniche che promettono possibilità terapeutiche eccitanti a pazienti affetti da diversi tipi di condizioni gravi o precedentemente impossibili da curare”, spiega il comunicato. “Come tutte le terapie anche queste avranno benefici e rischi: per gestire e ridurre questi ultimi, l’Ema ha stabilito regole specifiche che si assicurino che i farmaci usati in questo tipo di trattamento siano soggetti a giusta approvazione, supervisione e controllo”. In particolare l’Agenzia si riferisce ad una norma del Regolamento Europeo, siglata 1394/2007, secondo la quale le cellule staminali manipolate per la produzione dei medicinali per terapia avanzata sono da ritenersi farmaci a tutti gli effetti e come tali sono assoggettate a rigorose procedure per la manipolazione e l’utilizzo clinico.
“Tuttavia, recenti fatti di cronaca hanno messo in luce la necessità per le autorità pubbliche a ogni livello di rinforzare la loro responsabilità nell’assicurare che tutti i pazienti abbiano accesso esclusivamente a trattamenti che rispettino standard qualitativi elevati, e per i quali sia possibile tracciare adeguatamente i materiali usati, i protocolli di trattamento e le misure di follow-up”, si legge ancora nel comunicato. “In particolare l’Ema vuole precisare che la protezione dei pazienti rappresenta la base e il cuore di queste norme. È per questo che oltre a tutte le regole di efficacia e sicurezza  che vengono applicate per tutti i prodotti clinici, la qualità e la fattura di questo particolare tipo di trattamenti è stabilita dai requisiti contenuti nelle norme di buona fabbricazione (Good Manufacturing Practices, GMP): un insieme di standard riconosciuti a livello globale che assicurano la qualità sia nella produzione che nel controllo dei farmaci. Le terapie cellulari sono infatti considerate medicinali nel caso ci sia una seppur minima manipolazione delle cellule destinate all’applicazione clinica, o nel caso in cui queste siano destinate ad svolgere una funzione diversa da quella che di solito hanno nell’organismo. E per questo l’uso di una qualsivoglia terapia a base cellulare di questo tipo è soggetta a tutte le forme di autorizzazione e controllo previste per i farmaci, comprese quelle per la loro produzione”.
                                                                                                                                                                             
Infine, l’Agenzia fa un affondo che sembra proprio riferirsi ai più recenti fatti di cronaca sulle terapie con le staminali. “Permettere ai produttori di questi trattamenti di evitare di rimanere in conformità con questi standard qualitativi, ad esempio riclassificando in maniera inappropriata i trattamenti bypassando il ruolo delle autorità competenti nel controllo dei farmaci, potrebbe mettere i pazienti a rischio di contaminazione o caratterizzazione inadeguata delle preparazioni cellulari, e dunque esporre i singoli pazienti a enormi rischi sia a breve che a lungo termine”.
 
Laura Berardi

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