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Giovedì 30 SETTEMBRE 2010
Prematuri: outcome nordeuropei

Iss e Società italiana di neonatologia analizzano gli esiti di 56 centri di Terapia Intensiva Neonatale. Buoni i risultati, ma restano differenze su base territoriale. Roccella: “concentrare i parti di questo tipo in strutture dotate delle tecnologie più adeguate”.

“Sull’assistenza ai nati pretermine, l’Italia ha una qualità in linea con gli altri Paesi europei situandosi tra i migliori”. Quello illustrato da Rinaldo Zanini, direttore del dipartimento Materno-infantile dell’Azienda ospedaliera Ospedale provinciale di Lecco, è uno dei dati incoraggianti emersi oggi nell’’ambito del convegno Network Neonatale Italiano: cure, esiti e ricerca per i neonati pretermine che ha avuto luogo all’Istituto superiore di sanità.
L’incontro ha rappresentato l’occasione per presentare i primi risultati della sorveglianza dell’attività dei centri di Terapia intensiva neonatale aderenti al Network neonatale italiano. Un progetto che vede coinvolti l’Iss e la Società italiana di neonatologia e che mira a monitorare gli esiti delle nascite che si verificano prima della 32esima settimana di gestazione in Italia.
Ancora meno della metà dei centri italiani aderisce al Network, con forti differenziazioni tra Nord, Centro e Sud. Ragion per cui, ha affermato Zanini, “tirare conclusioni è azzardato”. Ma il progetto “rappresenta un passo avanti importante, perché questi dati finalmente ci consentono di cominciare a farci un’idea del quadro”.

I numeri
Sul totale dei nati ricoverati nelle Terapie intensive neonatali aderenti al Network il 91% è nato nella stessa struttura mentre un 9% vi è stato trasferito. Il 5% presenta difetti congeniti maggiori e circa il 10% è piccolo per l’età gestazionale in linea con il valore atteso. La percentuale di gravidanze gemellari è pari al 30,5%. Il 94% delle madri dei neonati ricoverati nelle Terapie intensive neonatali ha ricevuto assistenza prenatale e l’82% ha assunto steroidi prenatali tra 24 e 33 settimane epoca in cui la profilassi steroidea è raccomandata.
Le diagnosi più frequenti sono la malattia delle membrane ialine (72%), la pervietà del dotto arterioso (36%), la bronco displasia (26%) e le infezioni dopo i 3 giorni dalla nascita (14%).
Il numero complessivo di giornate di degenza delle Terapie intensive neonatali aderenti al network nel 2008 è pari a 202.702.
Dai Centri aderenti all’Italian Neonatal Network si ricava inoltre che i principali fattori di rischio di morte neonatale sono l’immaturità (con rischi maggiori al diminuire dell’epoca gestazionale dalla 29esima alla 23esima settimana), i difetti congeniti maggiori, il sesso maschile rispetto al femminile, la residenza al Centro-Sud rispetto al Nord.

Dai dati alla pratica
Numeri grezzi che apparentemente dicono poco, ma che secondo Serena Donati, del Reparto salute della donna e dell’età evolutiva del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute, in mano agli esperti consentiranno di mettere a punto interventi mirati in gradi di aumentare la qualità del sistema di assistenza.
“Per quanto concerne la mortalità, per esempio, esiste un gradiente Nord-Sud. Ma si tratta di una variabilità tra aree geografiche che è ricorrente anche in altri esiti sanitari”. E ancora una differenza Nord-Sud si riscontra nella quota di neonati che vengono trasferiti subito dopo la nascita in un Centro con Terapia intensiva neonatale. Segno di deficit organizzativi ancora presenti sul territorio.
“Si tratta di una branca della medicina in cui è richiesta un’assistenza continua, minuto per minuto, in cui non bisogna ignorare alcun dettaglio”, ha commentato Paolo Giliberti, presidente Società Italiana di Neonatologia. “Ciò implica uno sforzo organizzativo enorme”. Che a oggi non ha ottenuto gli stessi risultati su tutto il territorio.
Proprio a tal proposito, il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, in una lettera fatta pervenire nel corso del convegno ha sottolineato come anche in questo caso si renda necessaria una razionalizzazione dell’offerta sanitaria: i punti nascita con un basso numero di parti annui “spesso non sono dotati di reparto di neonatologia o di terapia intensiva neonatale, motivo per cui andrebbero deputate a parti privi di complicazioni, patologie e comunque superiori alle 34 settimane di gestazione”, ha fatto presente il sottosegretario. Che ha proposto un intervento che si muova in “una doppia direzione: da un lato migliorare i servizi di trasporto d’urgenza dei nati prematuri e dall’altro concentrare i parti di questo tipo in strutture dotate delle tecnologie più adeguate, necessarie per portare a buon fine procedure di questo tipo. L’assistenza alla nascita – ha concluso Roccella - dovrebbe dunque essere basata principalmente su centri di II e III livello, collegati in modo funzionale fra loro con la possibilità quindi di garantire fin dai primi momenti le cure neonatali più efficaci”.

Antonino Michienzi
 

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