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Lunedì 11 FEBBRAIO 2013
La sanità "ambivalente" disegnata dalla Corte dei conti
Perché i due giudizi (quello del 5 luglio e poi quello dello scorso 5 febbraio) della Corte appaiono diversi? Essendo essi di genere diverso in realtà è il loro approccio a risultare diverso. Il primo è un giudizio sintetico e generale sulla sanità, il secondo è un giudizio analitico e particolareggiato
Dovendo ricorrere spesso all’espressione “Corte dei conti” mi avvarrò della “legge di Zipf” cioè userò l’abbreviazione “Corte”, come nel caso di “auto” per “automobile”. Effettivamente, ha ragione Fassari, i due giudizi sulla sanità della Corte a prima vista appaiono come contrari e conflittuali. Non si può dire che la sanità è bella e nello stesso tempo che fa schifo.
Anche se, in ragione di una elevata complessità, potrebbe esserci una sanità ambivalente. Ma se la Corte lo dice…cosa è? Una contraddizione o un paradosso? Nel primo caso vi sarebbero due evidenze la prima positiva del 5 luglio e la seconda negativa del 5 febbraio che si escludono, a meno di ritenere che in pochi mesi la sanità si sia ribaltata a tal punto da giustificare un cambio di giudizio. Il che è improbabile. Più plausibile è che la sanità sia sempre più o meno la stessa, bella o brutta che sia, ma che diverso sia stato l’atteggiamento della Corte nei suoi confronti perché diversi sono i contesti nei quali essa si pronuncia e gli approcci ai quali ricorre.
In questo caso alla battuta di Fassari “a che Corte giochiamo” si dovrebbe aggiungere “a quale contesto ci riferiamo?”. Da tempo sappiamo che i contesti politici e finanziari condizionano gli aggettivi della sanità…e i provvedimenti che quegli aggettivi suggeriscono. La campagna elettorale oggi, proprio sulla sanità, ne è l’esempio più eloquente. Nell’eventualità invece che i due giudizi della Corte fossero dei paradossi (giudizi che contrastano con un sistema di convinzioni ritenute come vere) in tal caso sarebbero contraddittori, come dice Fassari, ma entrambi con la forma di verità. Ma per essere paradossali i giudizi, positivo il primo e negativo il secondo, dovrebbero contrastare in un caso con le convinzioni dominanti tutte negative e nell’altro tutte positive. Il che è abbastanza irrealistico.
Per la sanità i giudizi sommari non funzionano. Ma perché i due giudizi della Corte appaiono diversi? Essendo essi di genere diverso in realtà è il loro approccio a risultare diverso. Il primo è un giudizio sintetico e generale sulla sanità, il secondo è un giudizio analitico e particolareggiato. Ma mentre è più facile avere dubbi sui giudizi generali contestualmente influenzabili, molto meno lo è nei confronti di quelli analitici proprio perché tali. Ma se i giudizi della Corte potrebbe apparire ingannevoli, non si deve fare l’errore di sottovalutarli. Temo che il quadro delineato dalla Corte il 5 febbraio sia drammaticamente vero perché esso non è altro che un inventario di abusi, di illeciti, di incapacità, di imperizie tradotto in costi, desunto da un lungo elenco di fatti giudiziari resi pubblici, regione per regione, dalle procure.
Per me che da sempre denuncio, dati alla mano, l’anti economicità degli abusi e del consociativismo, non mi sorprende. A proposito di “convinzioni ritenute come vere” tutti sanno che in sanità esiste un perverso intreccio tra modi di governare e modi di spendere. La Corte ha quantificato solo una parte degli esiti di tali intrecci. Personalmente ho ipotizzato che almeno 2 punti percentuali di spesa sanitaria sono “malasanità”. Forse che non sappiamo quanto sia costoso il consociativismo, la lottizzazione, i favoritismi, lo stuolo di bacia basso che c’è in sanità? Ma chissà quanta robaccia c’è ancora da scoprire. Per chi ha avuto responsabilità di governo in sanità questa è una verità scomoda, ma che possiamo farci?
In sostanza la Corte, in fondo in fondo, pone la questione politica di costruire e condividere un giudizio a partire dal quale decidere le politiche del futuro. Attraverso un giudizio ben ponderato, quale primo atto di una qualche politica onesta e saggia, si dovrebbero porre in relazione la sanità, i partiti e le politiche. Quindi non si tratta di dare la croce a nessuno ma di costruire una critica onesta. In una campagna elettorale non sono le promesse ma i giudizi che si mettono in campo a distinguere la buona fede dalla mala fede. Il giudizio della Corte rende pubblica la disonestà che è nel sistema. Che aspettiamo a combatterla facendone il perno di un cambiamento strategico?
Ivan Cavicchi
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