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Giovedì 07 FEBBRAIO 2013
Tumore al seno. Diagnosi precoce nel 45% dei casi a Modena, nel 26% a Ragusa

Ancora troppe disuguaglianze nella diagnosi e trattamento dei tumori tra il Nord e il Sud di Italia, secondo lo studio Eurocare 5 dell’Istituto dei Tumori di Milano. Per il tumore del colon retto la diagnosi arriva quando sono già presenti metastasi nel 35,3% dei casi contro il 21,7% nelle aree di Modena.

Il Nord batte il Sud quando si parla di diagnosi e trattamento dei tumori. Nell’area di Modena il 45% dei tumori della mammella è diagnosticato a uno stadio precoce mentre al Sud le percentuali scendono, arrivando al 26% di Napoli e Ragusa, dove sono frequenti i casi che presentano già metastasi al momento della diagnosi, pari rispettivamente a 9,6% e 8,1%. Sebbene a questa diagnosi ritardata corrisponda una differenza di sopravvivenza a cinque anni relativamente contenuta (89% al Nord a fronte dell’85% al Sud).
Si tratta tuttavia di un caso, perché ulteriori dati dimostrano che la scoperta di un tumore allo stato iniziale è un fattore di grande importanza per la paziente, sia quanto a possibilità di sopravvivenza, sia perché consente di ricorrere a trattamenti chirurgici meno invasivi e a terapie più semplici, garantendo una migliore qualità di vita e un minore costo sociale. Per esempio, la probabilità che una donna colpita da tumore al seno residente a Napoli o Sassari sia trattata con un intervento di chirurgia demolitiva è del 30-40% superiore alla media italiana complessiva.

A rilevarlo è lo studio Eurocare 5 alta risoluzione – Italia dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, pubblicato sul numero di dicembre della rivista internazionale Cancer Epidemiology, in merito a quattro tra le più importanti forme tumorali (mammella, polmone, colon-retto e melanoma).

A parte rari casi, infatti, le differenze locali circa la sopravvivenza riflettono il diverso utilizzo da parte delle strutture sanitarie degli strumenti diagnostici più avanzati e delle terapie più efficaci. Per determinare il livello qualitativo delle cure, lo studio ha individuato per ogni tumore strumenti di diagnosi e trattamenti raccomandati dalle linee guida internazionali dell’European Society for Medical Oncology e ha verificato se a livello locale questi standard erano rispettati.

Sono stati analizzati i dati raccolti da 14 Registri tumore italiani: Biella, Ferrara, Modena, Romagna, Reggio Emilia, Firenze, Umbria, Latina, Napoli, Palermo, Ragusa, Sassari e Trapani.

“L’adesione a standard diagnostico-terapeutici internazionali è in generale soddisfacente al Centro-Nord e meno diffusa al Sud. Le ragioni sono molte e diverse: per il tumore della mammella, per esempio, l’insufficiente applicazione di linee guida nelle aree di Sassari e Napoli è attribuibile sia alla inadeguata disponibilità di strutture radioterapiche (che quindi induce il chirurgo ad effettuare trattamenti più radicali al fine di prevenire le recidive loco regionali anche in assenza di radioterapia), che anche alla frammentazione di strutture sanitarie che trattano i pazienti oncologici. All’opposto, la più omogenea applicazione di trattamento adiuvante nel tumore del colon in stadio III trova riscontro in una adeguata diffusione e aderenza a linee guida, ma anche alla possibilità di eseguire questo trattamento in assenza di strutture radioterapiche”, sottolinea Milena Sant, responsabile della Struttura complessa di “Studi descrittivi e programmazione sanitaria” dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e coordinatrice dello studio.

“Lo studio – ha aggiunto Marco Pierotti, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano - suggerisce che le disuguaglianze nella sopravvivenza dei pazienti oncologici, tuttora presenti in Italia, siano in larga parte motivate da disuguaglianze nella disponibilità di risorse e strutture sanitarie per il trattamento di pazienti oncologici, dalla disomogenea presenza dei programmi di screening e da una scarsa diffusione delle linee guida per diagnosi e trattamento. Queste disuguaglianze condizionano la migrazione dei pazienti del Sud verso le strutture sanitarie presenti nelle regioni del Centro-Nord, con conseguenti disagi e incremento della spesa sanitaria. Il potenziamento e l’adeguamento delle strutture sanitarie presenti nel sud del paese contribuirebbero quindi a migliorare la performance dell’intero sistema sanitario italiano”.

Ma vediamo i risultati emersi dallo studio sui quattro tumori messi sotto la lente dai ricercatori

Tumore del seno
Anche l’adesione ai trattamenti raccomandati mostra differenze tra le aree italiane prese in esame: l’utilizzo di radioterapia associato a chirurgia conservativa è eseguito nel 52% delle pazienti a Modena ma solo nel 36-37% delle pazienti a Napoli e Sassari.
Inoltre, la probabilità che una donna colpita da tumore al seno residente a Napoli o Sassari sia trattata con modalità conservative è rispettivamente pari al 36,7% e 35,9%, cioè del 30-40% inferiore alla media italiana complessiva (42,3%), a parità di età e stadio alla diagnosi, ed è significativamente inferiore nelle pazienti anziane rispetto a quelle più giovani (51% tra i 15 e i 54 anni a fronte del 17,2% oltre i 75 anni), anche se nella stessa area geografica e a parità di stadio.
L’utilizzo di trattamenti conservativi, inoltre, diminuisce significativamente con lo stato di avanzamento del tumore e dello stadio alla diagnosi: infatti, vi si ricorre nel 65,4% dei casi allo stadio I e solo nel 7,1% allo stadio IV.

Tumore del colon-retto
Per questa tipologia di tumore si registrano differenze geografiche analoghe a quelle riscontrate per il tumore della mammella: le percentuali delle diagnosi in stadio precoce del tumore sono più basse nei registri di Sassari e Napoli (rispettivamente 12% e 10%) dove si rilevano anche i valori più elevati di casi con metastasi alla diagnosi (rispettivamente 31,3% e 35,3%). Il numero di pazienti a cui sono diagnosticate metastasi è minimo nelle aree di Modena (21,7%) e Biella (23,5%). Nei registri di Napoli e Ragusa, inoltre, si rilevano elevate percentuali di casi con stadio non noto (rispettivamente 8,5% e 14%).
Sia per il tumore del colon sia per quello del retto, la migliore prognosi registrata nelle regioni del Centro-Nord (pari circa al 60%) rispetto a quelle del Sud (pari a circa il 50%) è quindi da attribuire alla diagnosi in stadio precoce, a una maggiore adesione a standard diagnostico-terapeutici e a una maggiore presenza di programmi di screening organizzati.

Tumore del polmone
L’utilizzo dell’intervento chirurgico curativo nei pazienti con tumore polmonare in stadio I, rispetto alla media italiana (73,7%) risulta significativamente più alta nel registro tumori della Romagna (90,9%) e più bassa in quello di Biella (56%).
La prognosi di questo tumore è purtroppo infausta nella maggior parte dei casi: complessivamente in Italia solo il 15% circa dei pazienti sono vivi dopo 5 anni dalla diagnosi. Tuttavia, la sopravvivenza dei pazienti diagnosticati in stadio precoce, che quindi possono beneficiare di un intervento chirurgico, risulta notevolmente migliore della media: 50% circa dopo 3 anni dalla diagnosi.

Melanoma
Per il melanoma cutaneo, il 60,1% dei pazienti con tumore di spessore inferiore o uguale a 1 mm esegue l’esame del linfonodo sentinella, con valori più alti a Reggio Emilia (76,3%) e più bassi a Ragusa (34,2%). L’esecuzione di questa indagine non influenza direttamente la prognosi, ma consente – in caso di negatività dell’esame – di risparmiare interventi demolitivi, con conseguente miglioramento della qualità di vita.
 
 

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