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Lunedì 04 FEBBRAIO 2013
La riforma delle cure primarie in Toscana. Un modello da seguire?

La Toscana ha tradotto in azioni dei principi teorici in cui si riconoscono la gran parte degli attori istituzionali: il regolatore istituzionale, i professionisti della salute e i cittadini. Un modello "guida" soprattutto per le regioni le cui performances sono al di sotto degli standards di riferimento

Una riorganizzazione complessiva del servizio sanitario con un potenziamento della medicina di iniziativa (copertura del 100% della popolazione entro il 2015); implementazione delle Aggregazioni funzionali territoriali (AFT) e Unità complesse di cure primarie ( UCCP) e attribuzione del budget a livello aziendale; mantenimento della tradizionale continuità assistenziale fino alle ore 24 (da H24 a H16); utilizzazione delle ore liberate per impegnare i medici di ex guardia medica nella prevenzione, nella domiciliarità e nel chronic care model e loro passaggio a 38 ore.
 
Sono queste, a grandi linee le assi mportanti della riforma delle cure primarie della Toscana. Un riforma coerente con la logica istituzionale di ri-orientamento complessivo delle offerta sanitaria portata avanti dalla Regione in tutti questi anni per quanto riguarda le attribuzioni del sistema ospedaliero, delle cure primarie e del loro interfacciarsi in un sistema a rete.
 
La regione infatti, prendendo spunto dalle misure di razionalizzazione della spesa contenute nella cosiddetta spending review (Legge 7 agosto 2012, n. 135), ha provveduto a una riorganizzazione complessiva del servizio regionale e ha proceduto a stipulare l’accordo integrativo regionale per la Medicina generale, embricando strettamente tra loro i due provvedimenti. Con l’accordo le misure di riordino delle cure primarie sono diventate un obbiettivo condiviso dai MMG il cui ruolo ha subito una ulteriore valorizzazione sul versante della espansione del Chronic care model e della gestione delle patologie croniche. Infine con la delibera 1235 (deliberata insieme all’accordo integrativo) sono state definite nel concreto le azioni di riordino e sono stati redatte le linee guida per ASL e aree vaste con i relativi piani operativi.
 
Quello che fa la differenza in termini di qualità dei servizi e risultati di salute ottenuti è tuttavia la specifica logica istituzionale adottata (che varia a seconda dei diversi contesti regionali). Nel caso della Toscana parte del successo ottenuto, anche in termini di equilibrio finanziario, è derivato dalla adozione dell’expanded chronic model. Un modello di implementazione delle cure primarie che discende dalla consapevolezza che l’avvenuta transizione epidemiologica impone un diverso paradigma assistenziale.
 
Tale consapevolezza è assente nelle regioni in disavanzo strutturale (Lazio, Campania e Sicilia) dove il modello assistenziale è rimasto fondamentalmente immutato negli ultimi decenni e dove i temi della centralità della assistenza ai pazienti con patologie croniche e delle cure primarie vengono trattati come “miti razionali” a cui le regioni si adeguano solo ed esclusivamente per “isomorfismo mimetico”.
La lezione della Toscana è invece quella di avere tradotto in azioni dei principi teorici in cui si riconoscono la gran parte degli attori istituzionali: il regolatore istituzionale, i professionisti della salute e gli organi di rappresentanza dei cittadini. Da questa azione di concertazione alla cui base c’è uno specifico assunto teorico, fortemente implementato sulle best practices a livello internazionale, ne è derivata una ingegnerizzazione del sistema coerente modulabile ed adattabile nel tempo.
 
Un modello sensibile alle nuove necessità assistenziali, di ottimo livello seppur perfettibile, che dovrebbe essere tenuto in grande considerazione dalle regioni le cui performances sono al di sotto degli standards di riferimento.
 
Roberto Polillo
 
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