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Lunedì 21 GENNAIO 2013
Sclerosi multipla. Dall’Italia un metodo di riabilitazione cognitiva computerizzato

Il nuovo protocollo, pubblicato su Neurorehabilitation and neural repair da un team dell’Isn-Cnr di Catanzaro, serve a recuperare il deficit di attenzione e di memoria che colpisce i pazienti. Con il metodo i malati ritardano il declino cognitivo, aumentando l’attività cerebrale in alcune regioni del cervello.

Si tratta di un nuovo metodo che cerca di contrastare i sintomi più comuni tra i pazienti affetti da sclerosi multipla – come disturbi motori e deficit dell’attenzione e della memoria che colpiscono tra il 40 e il 60 per cento dei malati – quello sviluppato dagli scienziati del laboratorio di Neuroimmagini dell’Istituto di scienze neurologiche del Consiglio nazionale delle ricerche (Isn-Cnr) di Catanzaro: per ritardare il declino, i ricercatori hanno pubblicato su Neurorehabilitation and neural repair un metodo di riabilitazione cognitiva computerizzato.
 
I giovani adulti affetti da sclerosi multipla, malattia infiammatorio-degenerativa del sistema nervoso centrale a decorso cronico, sono circa 3 milioni nel mondo, di cui 58.500 solo in Italia, 1 ogni 1026 abitanti. “Uno degli obiettivi principali nella gestione clinica dei pazienti con sclerosi multipla è il ritardo clinico cognitivo”, ha spiegato Antonio Cerasa, ricercatore dell’Isn-Cnr di Catanzaro. “Per ottenerlo esistono due vie: la riabilitazione cognitiva e il trattamento farmacologico a cui però spesso i pazienti non possono essere sottoposti in quanto sufficiente solo a ridurre l’infiammazione a livello cerebrale”.

Il nuovo protocollo di riabilitazione stabilito con la ricerca “intende recuperare le funzioni neuropsicologiche alterate dalla patologia cerebrale e quindi a migliorare l’attenzione”, ha continuato Cerasa, “una specifica funzione cognitiva che regola l’attività dei processi mentali, filtrando e organizzando le informazioni provenienti dall’ambiente allo scopo di emettere una risposta adeguata”. La letteratura scientifica ha evidenziato come il cervello umano, grazie alla sua innata plasticità, sia in grado di modificare la propria microstruttura e funzionalità, qualora venga sottoposto a un nuovo apprendimento. 

“Grazie alla risonanza magnetica funzionale, che permette di ‘fotografare’ l’attività del cervello in tempo reale abbiamo messo a confronto un gruppo sperimentale di pazienti sottoposti a riabilitazione cognitiva con un gruppo di controllo sottoposto al trattamento placebo”, ha concluso il ricercatore. “Dopo due mesi il gruppo sperimentale mostrava un miglioramento nelle funzioni attentive e, in risonanza magnetica, un aumento di attività cerebrale in specifiche regioni. La speranza è che i risultati di questa ricerca possano rivoluzionare i paradigmi classici di riabilitazione presso i centri sanitari pubblici”.

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