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Giovedì 27 DICEMBRE 2012
Gotta. Su Nature Genetics la mappa dei 18 geni che la causano
Una malattia infiammatoria molto dolorosa che colpisce più del 7% degli over 65 anni italiani. Uno studio internazionale apre ora la via allo sviluppo di nuovi farmaci. Gli scienziati dell’Università Cattolica e del Policlinico Gemelli di Roma hanno collaborato al risultato insieme ad altri 9 centri italiani.
C’è un po’ d’Italia nell’ultimo numero di Nature Genetics: sulla prestigiosa rivista è stato infatti pubblicato uno studio che traccia la “mappa” dei geni della gotta, una ricerca a 360 gradi sul genoma di un notevole campione di individui che ha permesso di individuare ben 18 nuovi geni coinvolti nell’origine della malattia, dovuta a eccesso di acido urico nel sangue. La scoperta, fatta da un consorzio internazionale di ricercatori che vede coinvolti specialisti della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica e del Policlinico A. Gemelli di Roma apre la strada allo sviluppo di nuovi farmaci che abbiano bersagli d’azione nuovi e diversi da quelli oggi in uso, farmaci peraltro non sempre efficaci e risolutivi.
Attacchi ricorrenti di artrite infiammatoria acuta con dolore, arrossamento delle articolazioni, gonfiore causato da depositi di cristalli di acido urico. Questi i sintomi tipici della gotta, malattia articolare infiammatoria molto dolorosa di cui è affetto il 7% degli italiani con più di 65 anni, causata da livelli elevati di acido urico nel sangue (valori superiori a 4-7 mg/dl nel maschio; 4-6.5 mg/dl nella femmina sono detti iperuricemia).
Un problema che può non essere circoscritto alla sola infiammazione ma che può portare a comorbidità: l’iperuricemia può essere causa del 15% dei casi di calcolosi renale, patologia che si manifesta circa nel 10% degli italiani, e che – come l’iperuricemia stessa – è frequentemente ereditaria. E vi sono anche evidenze che i livelli ematici di acido urico sono responsabili di una maggior rischio di patologie cardiovascolari e renali. Inoltre la gotta cronica può causare erosioni, mutilazioni articolari, accumuli di acido urico (tofi) nei tendini e nel rene, dando una nefropatia gottosa; i cristalli possono precipitare anche nelle urine portando alla formazione dei calcoli.
Si stima che la gotta sia per il 70% riconducibile alla genetica e solo per il restante 30% a fattori ambientali come l’alimentazione. Controllare la propria alimentazione evitando alimenti ricchi di “purine” (pesce azzurro, frattaglie, selvaggina, crostacei, birra) può essere d’aiuto, ma per curare la gotta serve un vero e proprio trattamento medico. “Attualmente il trattamento della gotta si basa su farmaci quali l’allopurinolo che inibiscono la produzione di acido urico nell’organismo”, ha spiegato Giovanni Gambaro, Direttore della UOC di Nefrologia e Dialisi del Policlinico A. Gemelli presso il Complesso Integrato Columbus. “Tuttavia solo il 20% delle persone trattate con allopurinolo raggiunge livelli ottimali di uricemia, e inoltre alcuni importanti effetti collaterali possono impedire l’uso di questi farmaci. Ma i risultati di questo importante studio aprono nuove prospettive di ricerca per sviluppare terapie innovative di questa insidiosa ma importante patologia”.
La ricerca pubblicata su Nature Genetics ha coinvolto 144 Centri di ricerca mondiali, di cui ben 11 Italiani, che si sono consorziati nel Global Urate Genetics Consortium (GUGC), per eseguire la più vasta analisi per chiarire le basi genetiche che regolano i livelli di acido urico, la sua produzione nel nostro organismo e la sua eliminazione renale. L’Università Cattolica e il Policlinico A. Gemelli hanno contribuito allo studio con quasi 1000 soggetti, un campione studiato nelle sue caratteristiche genetiche e cliniche dal professor Gambaro, in collaborazione con l’Università di Verona e il Sanger Institute di Cambridge. Complessivamente sono state arruolate nella ricerca oltre 140 mila persone di origine europea, il cui DNA è stato analizzato con una tecnica che si chiama GWAS (acronimo di genome-wide association study, tecnica che consiste nel mappare integralmente il DNA del campione alla ricerca di differenze genetiche tra individui, anche dette variazioni genetiche o mutazioni).
I ricercatori hanno scansionato un totale di 2,5 milioni di variazioni genetiche uniformemente distribuite lungo tutto il DNA. Ciò ha consentito l’individuazione di 27 geni associati alla gotta e ai livelli di acido urico nel sangue. Ben 18 di questi geni non erano noti. Essi hanno a che fare con il sistema “inibina-activina” (coinvolto nella regolazione della fertilità, con effetti sul bilancio energetico, sul rilascio di insulina, sulla morte cellulare, su processi infiammatori e sulla regolazione degli ormoni sessuali, effetti che potrebbero in qualche modo influire sulla sintesi di acido urico) e soprattutto con il metabolismo del glucosio. “Emerge così prorompente l’importanza del controllo metabolico della produzione e della escrezione renale dell’acido urico”, ha concluso Gambaro. “Ciò può avere notevoli ricadute nel trattamento dell’iperuricemia e della gotta, perché permetterà di individuare nuovi bersagli d’azione e quindi di mettere a punto nuove terapie con meccanismi d’azione differenti rispetto a quelle oggi in uso”.
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