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Mercoledì 15 GENNAIO 2025
Farmaceutica. “Dopo una manovra con luci e ombre, prioritario risanare effetti payback. I nostri farmaci sono ‘made in Italy’, difenderne valore”. Intervista a da Silva (Gilead)

Secondo il numero uno dell'azienda americana in Italia, “in tutto questo è importante verificare che la recente riforma Aifa e i principi che l’hanno guidata vengano veramente applicati, soprattutto che sia possibile davvero ridurre i tempi di arrivo effettivo del farmaco ai pazienti: nella nostra recente esperienza, ad ora, non è successo così…”

“Accogliamo con favore gli elementi positivi contenuti nella manovra economica, come le misure in materia di farmaci innovativi e di farmaci a innovatività condizionata che avranno accesso al Fondo. Purtroppo ce ne sono altre difficilmente condivisibili in chiave di competitività del settore farmaceutico italiano. Mi riferisco al mancato aumento del tetto della spesa farmaceutica e all’assenza di misure per superare il payback, con effetti su tutto il comparto e un onere per le aziende che è stimato in oltre 2 miliardi di euro nel 2025 e che ci auguriamo possa essere risanato in futuro. Si tratta infatti di un meccanismo che va a detrimento degli investimenti in Italia e dell’innovazione del settore farmaceutico, elementi invece cruciali così come evidenziato anche dal recente report di Mario Draghi sul futuro della competitività europea”. Ne è convinto Frederico da Silva, Vice President & General Manager Gilead Sciences Italia, che ne parla in un'intervista a Quotidiano Sanità dove affronta a 360 gradi i temi legati al sistema politico, scientifico e regolatorio del nostro Paese, e anticipa le priorità della sua azienda in Italia, con una panoramica sugli studi in corso e i nuovi farmaci in dirittura d'arrivo.


Dr. da Silva, è in Italia già da oltre due anni, come valuta il Sistema Italia?
“Da persona che ha vissuto molta parte della vita all’estero - evidenzia - vedo molte eccellenze in Italia, a partire dal Sistema sanitario nazionale. È un modello guardato con ammirazione, chiamato però già da diverso tempo ad affrontare la sfida di garantire il diritto alla salute a tutta la popolazione nonostante, da un lato, la scarsità delle risorse a disposizione e, dall’altro, problematiche sempre più critiche, non ultima quella del crescente invecchiamento della popolazione con una conseguente crescente domanda di salute. Sarà necessario pensare a diversi modelli organizzativi di assistenza dove possa essere collocata anche una virtuosa collaborazione con il privato. Nel nostro caso - azienda che ha come missione quella dell’innovazione – abbiamo collaborato con le autorità regolatorie per rendere economicamente sostenibile questa innovazione attraverso meccanismi di prezzo e rimborso secondo la logica value-based pricing. Un esempio è il “payment at results” utilizzato per le Car-T. In tutto questo, comunque, è importante verificare che la recente riforma Aifa e i principi che l’hanno guidata vengano veramente applicati, soprattutto che sia possibile davvero ridurre i tempi di arrivo effettivo del farmaco ai pazienti: nella nostra recente esperienza, ad ora, non è successo così…”

“Il comparto produttivo - prosegue - rappresenta un’eccellenza, nel nostro Paese. L’Italia può contare su una serie di aziende manifatturiere specializzate nella produzione di principi attivi con grandi competenze e flessibilità. Sono queste caratteristiche che hanno consentito di rendere 8 CDMO italiane parte integrante del “Sistema Gilead” di ricerca, sviluppo e produzione dei farmaci dell’azienda con un valore della produzione che negli ultimi anni è stato mediamente di oltre 250 milioni di euro e che sarà in crescita nel 2025. L’Italia è protagonista nella produzione di molti farmaci Gilead, sia per l’oncologia che per la virologia, che a giusto titolo possono essere considerati anche “made in Italy”. L’Italia è un hub strategico per l’azienda anche per quanto riguarda la ricerca, altra eccellenza tutta italiana. Il Paese può contare su elevate competenze in campo medico-scientifico e questo rende il Paese uno dei più importanti per quanto riguarda la realizzazione dei nostri studi clinici. In circa 10 anni sono stati oltre 112 i centri clinici coinvolti nella realizzazione di oltre 180 studi clinici internazionali di Gilead coinvolgendo complessivamente più di 85.700 pazienti. E non è un caso che in un’area strategica come la virologia circa 1/3 degli studi svolti in Italia sia svolto da Gilead. Del Sistema Italia fa parte anche il comparto farmaceutico che rappresenta un’altra eccellenza per il Paese, uno dei principali motori dell’economia nazionale e uno dei protagonisti dell’industria del farmaco a livello europeo. Va però tutelato per mantenerne la competitività e la capacità di attrarre investimenti dall’estero“.

La vostra azienda è nata dedicandosi alla terapia dell’Hiv, poi avete focalizzato la vostra ricerca anche su altre malattie infettive. Oggi quale ritiene sia stato il contributo di Gilead alla lotta di queste patologie?
“Un contributo senz’altro importante - rimarca - riconosciuto da più parti. La conferma più recente arriva dalla prestigiosa rivista Science che ha definito la nostra terapia per la prevenzione dell’Hiv farmaco “Breakthrough of the Year” 2024 grazie agli straordinari risultati ottenuti negli studi di fase III, praticamente il 100% di efficacia. Si tratta di un farmaco da assumere con iniezione sottocute ogni sei mesi e non giornalmente come le attuali terapie. Oggi è già indicato per il trattamento dell’infezione per pazienti in cui non sono efficaci altre opzioni terapeutiche, ma ci auguriamo che le autorità regolatorie, come la Fda a cui abbiamo già sottoposto il dossier, lo approvino anche a scopi preventivi. Parliamo di un vero e proprio cambio di paradigma nel trattamento e nella prevenzione dell’infezione da Hiv. Non a caso la comunità scientifica – ancora prima di Science - lo ha definito un “quasi vaccino” per la sua somministrazione semestrale abbinata alla sua efficacia. Una terapia che potrebbe generare un’inversione di tendenza nella diffusione del virus e una concreta possibilità di porre fine all’epidemia di Hiv a cui Gilead è legata a doppio filo”.

“La nostra fondazione, nel 1987 a Foster City in California, avviene infatti in un momento di massima diffusione dell’epidemia da HIV, quando essere colpiti dal virus significava con un’altissima probabilità andare incontro a un esito mortale. A quella epidemia – ancora diffusa, molto più di quanto si pensi – Gilead ha risposto con terapie sempre più efficaci e meglio tollerate che dapprima hanno contribuito in modo determinate a trasformare l’Hiv da infezione mortale a patologia cronica e oggi permettono alle persone che vivono con HIV un’aspettativa e una qualità di vita sovrapponibili a quelle delle persone senza Hiv. Ma il nostro obiettivo è la cura definitiva a cui stiamo lavorando con diversi approcci di ricerca. Abbiamo in corso diversi studi clinici dai quali ci attendiamo lo sviluppo di nuove opzioni terapeutiche per il trattamento o la prevenzione dell’Hiv entro il 2030. Grazie a questo programma di studi e a una solida pipeline in altre aree terapeutiche puntiamo a introdurre entro quella data 10 nuove terapie “trasformative”, capaci di cambiare il corso naturale di malattie gravi così come è avvenuto con l’Hiv ma anche per altre patologie infettive. Sono orgoglioso di dire che siamo già a metà di questo cammino. L’esperienza nell’Hiv ci ha messo in grado di affrontare e vincere altre “sfide” di natura infettiva. È nato dalla ricerca Gilead il primo trattamento per l’infezione di Covid-19 che abbiamo messo a disposizione della comunità mondiale in piena pandemia in tempi estremamente rapidi. La sua efficacia lo sta rendendo un’arma potente contro altri virus emergenti. Lo scorso ottobre ne abbiamo donato 5.000 dosi al Rwanda per trattare l’epidemia di Virus Marburg, patologia simile all’Ebola. Un altro cambio di paradigma sono state le 4 terapie per l’epatite C. Farmaci in grado di curare definitivamente dall’infezione in quasi il 100% dei casi. Una svolta epocale grazie alla quale si può pensare di raggiungere l’obiettivo OMS di eliminare l’epatite C entro il 2030 in tutto il mondo. Un obiettivo a cui l’Italia sta contribuendo in modo significativo anche grazie allo screening portato avanti negli scorsi anni e che è stato riconfermato nell’ultima finanziaria, ma che auspichiamo venga esteso a popolazioni più anziane rispetto alla fascia attuale (nati tra il 1969 e il 1989). Altrettanti risultati positivi li abbiamo ottenuti in altre forme di epatiti virali dove abbiamo messo a punto terapie in grado di trattare efficacemente l’epatite B e la D, quest’ultima la forma più grave tra tutte le forme di epatiti virali. Il prossimo passo è portare anche in aree diverse quanto fatto finora nell’ambito delle malattie infettive. Lo abbiamo già fatto nelle malattie del fegato: alla fine del 2024 abbiamo avuto l’ok dal Chmp per un nostro nuovo farmaco in grado di cambiare l’approccio terapeutico della colangite biliare primitiva (Pbc), rara malattia a carico del fegato”.

Da qualche anno l’azienda ha orientato la sua ricerca anche verso l’oncologia. Quali sono i risultati ad oggi e quali sono gli ambiti più promettenti?
“Dopo la nostra leadership storica in virologia - racconta da Silva - puntiamo ad essere una delle prime dieci aziende al mondo in oncologia. Ed è per questo che abbiamo concentrato gli sforzi di ricerca e innovazione degli ultimi anni anche in ambito oncologico. Il nostro percorso inizia nell’area di alcuni tumori rari del sangue dove - tra i primi al mondo - abbiamo portato le terapie Car-T, un nuovo approccio terapeutico che ha dato speranze di vita prima impensabili. Siamo l’unica azienda con 2 Car-T a disposizione dei pazienti in 5 indicazioni e i dati ci raccontano che a 5 anni dalla somministrazione circa il 50% dei pazienti è ancora in vita. Alla luce di questi risultati sui tumori del sangue guardiamo al prossimo traguardo che è quello di estendere le Car-T ad altre forme tumorali e a patologie autoimmuni, dando nuove speranze di vita a chi ne è colpito. La nostra storia in oncologia è proseguita nei tumori solidi, in particolare nel tumore al seno triplo negativo, una delle forme più aggressive di tumore alla mammella che prima della nostra terapia non aveva alternative terapeutiche realmente efficaci. Ci auguriamo che diventi realtà presto l’allargamento dell’indicazione per questo farmaco in Italia. Ora ne stiamo studiando il potenziale per altre patologie tumorali, ad esempio il cancro al polmone, dove ha recentemente ricevuto da Fda la designazione di Breakthrough Therapy. L’obiettivo è di poter offrire questo farmaco - entro il 2030 - a 200 mila persone colpite da diverse forme di tumore oltre a quello del seno, del polmone e dell’apparato urogenitale.

I criteri Esg – environmental, social governance - stanno guidando la strategia e l’azione del mondo industriale. Qual è l'importanza di queste direttive nel mondo farmaceutico?
“Si tratta di un tema importante sotto il profilo della responsabilità che le aziende del comparto hanno nei confronti delle comunità in cui operano dal punto di vista dell’impatto ambientale, sociale e di condotta aziendale. È una responsabilità che le aziende del settore farmaceutico hanno scelto di assumere da tempo adeguando le proprie attività strategiche ed operative rispetto a queste tre dimensioni. Un adeguamento che ha risposto peraltro alle crescenti esigenze poste dalla società e accolte anche dal legislatore europeo che con un'apposita direttiva del 2022, recepita in Italia lo scorso settembre, ha imposto una sempre più stringente “rendicontazione di responsabilità” a carico delle aziende. Come Gilead, all’impegno nella ricerca di terapie trasformative uniamo un profondo senso di responsabilità nei confronti della società in cui viviamo e delle generazioni future. Questa responsabilità si traduce in una rigorosa attenzione e rispetto dei temi Esg. Oggi possiamo definire la nostra innovazione non solo trasformativa ma sostenibile per l’ambiente, equa socialmente ed etica per ciò che riguarda la governance aziendale. Il risultato è un approccio unico ai temi Esg come ci è stato ampiamente riconosciuto da organizzazioni come il Dow Jones Sustainability Index e Just Capital della Cnbc”.

“Per noi gli Esg rappresentano una griglia di valori e impegni integrati nella catena del valore e nelle attività che ci impegnano ogni giorno. Ne sono prova evidente i programmi per facilitare l’accesso alle nostre terapie, nel mondo e in Italia. L’innovazione non serve infatti se non arriva a chi ne ha bisogno. Ricordo il recente accordo che ha consentito la produzione e distribuzione in versione generica della nostra molecola per la prevenzione dell’HIV in 120 Paesi a basso e medio reddito dove è più elevata l’incidenza dell’Hiv. Senza royalties per Gilead. È solo l’ultimo dei tanti accordi nell’ambito dei nostri programmi di accesso che caratterizzano il nostro impegno verso la società a livello globale, soprattutto nei confronti delle popolazioni che hanno meno possibilità di poter accedere alle cure. Un impegno che è anche verso l’ambiente: procediamo infatti spediti nella riduzione del nostro impatto sul cambiamento climatico. Un impegno reso possibile da un “governo dell’impresa” guidato da principi di etica e rispetto delle comunità di cui facciamo parte”.

Barbara Di Chiara

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