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Gentile direttore, Per quanto riguarda le obiezioni sollevate, dunque, mi pare che il dott. Cavicchi non abbia ben inteso il senso del mio intervento, forse per distrazione o, forse, distorcendone il significato, per altri suoi obiettivi. Trovo peraltro surreale che, nella situazione attuale, mi trovi costretta a fare un salto indietro nel tempo di ben 30 anni, quando io - a differenza del dott. Cavicchi che va sostenendo che i problemi del SSN siano legati unicamente alle presunte e non dimostrate riforme dell’allora Ministra Rosy Bindi - ero poco più che una studentessa. Come è noto a tutti Rosy Bindi nel Governo Prodi 1 riformò non la legge 833, ma il dlgs 229 del Ministro De Lorenzo che aveva introdotto l’aziendalizzazione e avviato una controriforma carsica. Era l’epoca in cui le forze conservatrici teorizzavano la possibilità che la tutela pubblica sanitaria potesse essere garantita solo alle fasce economicamente disagiate, affidando la protezione degli altri alla sanità privata. Con il dlgs 502 Rosy Bindi, invece, ha reintrodotto i concetti portanti della legge 833/78 che rimane la più profonda riforma mai realizzata, inserendo le integrazioni necessarie; penso -per esempio- al rilancio e al potenziamento del ruolo dei servizi e presidi sanitari e sociosanitari territoriali (se tutte le Regioni e non solo la mia l’avessero realizzato quanti morti si sarebbero potuto evitare nella tragedia del Covid?), all’istituzione delle prestazioni sociosanitarie e alla conseguente area delle professioni sociosanitarie, alla regolamentazione rigorosa delle incompatibilità e della valorizzazione del medico che sceglie l’esclusività del rapporto di lavoro (riforma depotenziata da un governo di centrodestra). Il dottor Cavicchi concentra parte della sua pregevole riflessione sulla cosiddetta sanità integrativa di bindiana memoria che avrebbe tradito la sanità sostitutiva della legge 833. Vista la sua lunga, articolata e complessa attività lavorativa e culturale, immaginavo sapesse che la sanità integrativa come la conosciamo è nata in gran parte dalla contrattazione sindacale ad iniziare dal contratto sottoscritto dai chimici. Come si sarebbe detto una volta è una conquista del movimento operaio e degli altri lavoratori, così come è parte integrante di tanti contratti di lavoro, nonché di molte rappresentanze professionali. La ministra Bindi ha solo avviato un'opera di razionalizzazione del sistema senza che si attaccasse quello pubblico. Il depotenziamento della sanità pubblica avviene solo sottofinanziando il SSN: i cittadini preferiscono rivolgersi alla sanità pubblica quando è in grado di offrire prestazioni in tempi certi e in modalità appropriate piuttosto che ricorrere al privato. Non nego, anzi lo ha già affermato la nostra responsabile nazionale Marina Sereni, che il PD e le altre forze del centrosinistra abbiano commesso degli errori, ma non sono certo paragonabili a quelli prodotti dai governi di centrodestra. Il PD ha messo al centro della sua proposta il progressivo aumento del finanziamento pubblico del SSN con l’obiettivo di retribuire meglio i medici e gli altri professionisti della salute e invertire la loro migrazione nel privato o all’estero, dove sono quanto mai ricercati e apprezzati. Peraltro, un corretto finanziamento permetterebbe il potenziamento delle strutture sanitarie e sociosanitarie e l’ammodernamento della diagnostica. Certamente l’implementazione del finanziamento del SSN andrà accompagnata da profonde riforme radicali e discontinue rispetto allo stato attuale. In parte abbiamo già presentato proposte di legge, elaborate con la massima partecipazione e condivisione delle rappresentanze interessate, come anticipazione di questa nuova stagione di riforme in sanità, ed altre le stiamo delineando in un processo condiviso non solo con gli operatori e i professionisti “produttori di salute”, ma anche con i fruitori del SSN. L’obiettivo è chiaro: il potenziamento del ruolo e della funzione della sanità pubblica, perché la tutela della salute non è un costo, ma l’investimento per il progresso economico e sociale e la tenuta democratica dell’Italia. Ultima postilla. Questa è la prima e ultima volta che rispondo a queste provocazioni, perché non trovo niente di costruttivo e utile in questo modo di argomentare su come tutelare il diritto alla salute, che invece merita la mia attenzione e il mio impegno. Ilenia Malavasi
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Lunedì 13 GENNAIO 2025
Basta guardare al passato, la sinistra ha sbagliato ma i suoi errori non sono paragonabili a quella che sta facendo la destra
ho letto con attenzione la lettera di Ivan Cavicchi, pubblicata sul vostro quotidiano. Prima di entrare nel merito, mi soffermo sulla forma con cui il dott. Cavicchi si esprime, in particolare sull’attenzione posta sulle mie origini, sul mio curriculum e persino sulla mia faccia, con commenti sul mio essere donna ed essere emiliana francamente inaccettabili nel 2025. E questo non perché me ne vergogni, anzi: le “rezdore”, infatti, in quanto donne, sono state - e sono ancora - l’elemento portante di tante famiglie, non solo emiliane, e al loro lavoro, al loro coraggio e al loro sacrificio si deve una gran parte del benessere e delle conquiste politiche e sociali di una Regione che è un modello europeo per molteplici indicatori. Dunque, rivendico con orgoglio queste mie origini, così come i miei studi e la mia esperienza amministrativa, che mi hanno portato a confrontarmi lungamente sia con attività professionali legate a storia e cultura che con i bisogni, le necessità e le aspettative dei cittadini, in quello che, a mio giudizio, è uno dei mestieri più belli: la sindaca. Detto questo, sono tuttavia certa che il dott. Cavicchi non si sarebbe minimamente azzardato a esprimere tali considerazioni se al mio posto ci fosse stato un uomo e questo la dice lunga, fin dall’inizio, sullo spessore complessivo delle sue considerazioni.
Deputata Partito Democratico
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