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Mercoledì 08 GENNAIO 2025
L’accusa alla sanità italiana di Lancet contiene qualche forzatura e una grossolana sciocchezza



Gentile direttore,
un editoriale del numero di gennaio di The Lancet Regional Health dal titolo “Il sistema dei dati sanitari italiani è a pezzi” (The Italian health data system is broken) ha trovato amplissima eco nella stampa italiana con la Repubblica che titola il suo pezzo “Feudale e discriminatoria”. L’accusa di Lancet alla sanità italiana. Ovviamente se si cercano nel testo dell’editoriale i due aggettivi feudale e discriminatorio non si troveranno né l’uno né l’altro, come ci si sarebbe atteso dall’uso del virgolettato nel titolo.

L’editoriale affronta in modo specifico alcune questioni legate alla frammentazione (e arretratezza) dei sistemi informativi del Ssn attribuiti, ritengo correttamente, alla eccessiva autonomia regionale cui andrebbe aggiunta (cosa che l’editoriale non fa) la incapacità di indirizzo, coordinamento e controllo del livello centrale (Ministero della Salute e Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) . Come conseguenza di questo “sistema frammentato” nella gestione dei dati si descrivono e sottolineano alcune ricadute sulla assistenza e sulla ricerca. Io qui mi occuperò solo delle prime.

Sulla assistenza la frammentazione avrebbe in primo luogo ritardato la identificazione delle connessioni tra le comorbidità e la gravità delle infezioni, accentuando le differenze tra Regioni nella capacità di risposta alla pandemia e nei relativi risultati. Un sistema più integrato avrebbe consentito analisi più ampie, interpretazioni più generalizzabili e favorito una più efficace e coordinata risposta nazionale. Sempre sul piano della assistenza si collega la frammentazione dei sistemi informativi al fenomeno della mobilità sanitaria dal Sud al Nord e si afferma che siccome gli ospedali del Nord non hanno accesso ai dati dei pazienti provenienti dalle altre Regioni ne deriverebbero “la ripetizione degli esami e un ritardo nella assistenza”. L’editoriale scrive poi che “questa duplicazione aumenta i costi – la mobilità sanitaria interregionale da sola vale circa 3,3 miliardi l’anno – e mina l’efficacia degli interventi.”

Saltando la parte sull’impatto della frammentazione dei sistemi informativi sulla ricerca, arriviamo alla parte dell’editoriale sul possibile ulteriore peggioramento di questa frammentazione in caso di approvazione della Legge sulla autonomia differenziata. Le conclusioni invitano al superamento della frammentazione nella gestione dei dati sanitari in modo da dare una migliore risposta alla domanda di salute e da erogare una assistenza giusta (fair) ed efficiente.

In sostanza l’editoriale è stato scritto come se la frammentazione dei sistemi informativi del Ssn fosse “in sé” una causa della disomogeneità nei livelli di assistenza tra le Regioni con la naturale ricaduta interpretativa da parte dei giornali (vedi la Repubblica) che una gestione centralizzata dei dati, e a quel punto di tutto il resto, sarebbe la strada da prendere. Qualcuno in rete ha addirittura preso quei 3,3 miliardi della mobilità sanitaria e li ha trasformati in un immediato tesoretto da rimettere a disposizione del Ssn. Così scrive infatti la Repubblica: “Ogni anno la necessità di ripetere gli stessi esami due volte — perché un paziente viene curato in strutture o Regioni diverse, incapaci di leggere l’una i referti dell’altra — costa all’Italia 3,3 miliardi, spiega Pooja Jha, direttrice di Lancet Regional Health—Europe.”

Vediamo di mettere un po’ d’ordine. Che ci siano ritardi e disomogeneità gravi nei processi di digitalizzazione del Ssn era noto e certamente chi se ne sta occupando risponderà a Lancet. Quanto alla frammentazione delle risposte Regionali alla pandemia, certamente è stato un problema e il Piano Pandemico Nazionale ne deve tenere conto, ma la frammentazione che ha influito di più non è stata tanto quella dei sistemi informativi, quanto la frammentazione e la disomogeneità di tutto il resto a partire dalla diversa robustezza dei Dipartimenti di Prevenzione, dei servizi territoriali e delle reti ospedaliere (si pensi ai posti letto di terapia intensiva). Quanto all’ impatto negativo della frammentazione dei sistemi informativi sui costi e sugli esiti della mobilità sanitaria qui siamo alla vera e propria stupidaggine. Quei 3,3 miliardi dipendono in misura ridottissima dalla duplicazione degli esami e quanto agli effetti sugli esiti clinici dei ritardi diagnostici collegati a questa duplicazione mi chiedo chi e come li abbia stimati. I ritardi diagnostici importanti in ogni caso riguardano la Regine di provenienza e non il trasferimento da una Regione all’altra. Il vero problema alla base della mobilità sanitaria è la struttura dell’offerta molto diversa tra le varie Regioni, che non è un problema che si risolve né con la gestione centralizzata dei sistemi informativi (che immagino comunque opportuna), né soprattutto con un ritorno a una sanità centralizzata fuori dal tempo. Il che non vuol dire essere a favore della autonomia differenziata che qualcuno vorrebbe in futuro (che come tutti o quasi aborrisco), ma solo spingere ad una gestione migliore della autonomia regionale che già c’è oggi.

Quindi grazie a Lancet, ma si spieghi meglio.

Claudio Maria Maffei

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